Per festeggiare l’80° compleanno di Bob Dylan (24 maggio), ricordiamo un film – presentato in Concorso nel 2007 alla 64esima Mostra del Cinema di Venezia – Io Non Sono Qui (I’m Not There), con la regia di Todd Haynes e la partecipazione di un grandissimo cast composto da Richard Gere, Cate Blanchett, Heath Ledger, Christian Bale, Charlotte Gainsbourg e Julianne Moore. Le storie di 6 personaggi, liberamente ispirate alla vita e al lavoro di Bob Dylan, si sviluppano separatamente, intrecciandosi in vario modo. Tutte, riflettono i vari cambiamenti e le molte facce della vita del più grande cantautore del ‘900.
Il film parla della vita di Bob Dylan, degli inizi della sua carriera come cantante folk, della conquista dell’apice del successo nei primi anni ’60, della controversa svolta verso il rock, dell’incidente di moto e del conseguente ritiro dalle scene fino all’ultima parte della sua carriera. Haynes è riuscito a scoprire nuove informazioni sulla vita, già analizzata a fondo, della leggenda del rock, soprattutto sulla sua infanzia e sulla sua vita privata, custodita molto gelosamente. Ogni storia esprime un aspetto della versatile personalità di Bob Dylan e ogni storia è stata girata in maniera diversa, in uno stile adatto al tema: Woody (Marcus Carl Franklin), un ragazzo di colore di undici anni sempre in fuga; Robbie (Heath Ledger) un seducente attore, sempre in viaggio; Jude (Cate Blanchett) la giovane rockstar androgina; John/Jack (Christian Bale) un idolo del folk che si reinventa come evangelista; Billy (Richard Gere), il famoso fuorilegge, che ormai ha una certa età, che è vivo solo per miracolo.
I’m Not There è un lavoro geniale e impressionistico “ispirato alla vita e alla musica di Bob Dylan”. Più che un biopic convenzionale, il film consiste in una serie di storie intrecciate fra loro, ognuna delle quali esprime un aspetto della personalità volubile di Dylan. I produttori hanno definito così, i protagonisti di queste storie: “il menestrello delle pianure del sud, il profeta del folk, il poeta visionario, il Giuda elettrico, il divo inossidabile, il predicatore evangelico, il cowboy solitario” – e questo è solo l’inizio.
Cinque diversi attori interpretano sei diversi personaggi “dylaniani”. Gli attori sono donne e uomini, bianchi e neri, e vanno dagli 11 anni di un bambino, ai 50 di un uomo maturo. I “Dylan” si chiamano Woody (un bambino nero di 11 anni, sempre in fuga), Robbie (un attore donnaiolo, sempre on the road), Jude (un giovane artista tormentato), John/Jack (l’idolo folk che diventa predicatore), e Billy (il famoso fuorilegge, miracolosamente ancora vivo, ma sta invecchiando). Arthur il poeta punteggia le scene parlando rivolto direttamente in camera.
Le storie sono dense e ingegnose incursioni in alcune fasi della vita di Dylan, che si intrecciano pur restando separate fra loro – ognuna filmata in un modo diverso e in uno stile adeguato al suo tema. Si svolgono in mondi sia reali che immaginari, e sono illustrate e inframmezzate da immagini vere e false di notiziari, filmati di repertorio, voci fuori campo, narrazioni rivolte alla macchina da presa, allucinazioni, sequenze oniriche e, in una scena memorabile, un montaggio subacqueo. Gran parte dell’azione si svolge in America negli anni ’60 e ’70, quando notizie drammatiche e personalità della politica inernazionale irrompevano nelle case per la primissima volta. Quelle immagini familiari – il movimento per i diritti civili, la guerra del Vietnam, le figure incombenti di Lyndon Johnson e Richard Nixon – fanno da sfondo alle storie che via via prendono forma.
Gli autori danno continuità a storie e stili diversi con una colonna sonora corposa e coerente. Il film si apre con l’inno dylaniano all’irrequietezza, Stuck Inside of Mobile with the Memphis Blues Again, prosegue con le altre canzoni di Dylan (originali o cover) in ordine più o meno cronologico, e si chiude opportunamente col suo successo più rappresentativo e internazionale, Like a Rolling Stone. Il regista e sceneggiatore Todd Haynes ha cercato di rendere tutta la complessità e i salti logici che hanno reso famosi in tutto il mondo i testi di Dylan. Data l’immensa copertura mediatica di ogni aspetto della “storia di Bob Dylan”, una biografia tradizionale sarebbe stata superflua, e probabilmente non sarebbe stata accolta con favore dal diretto interessato. Finora è proprio l’unico film sulla sua biografia ad aver ottenuto l’approvazione dell’icona della cultura pop.