In questa settimana fortemente fantascientifica, tra l’inizio del Fantafilm Festival a Roma e l’uscita odierna nei cinema di Transformers 4, abbiamo deciso di intervistare Oscar Cosulich, giornalista freelance per Il Mattino e L’Espresso. Esperto e critico di cinema, dal 2003 dirige il Future Film Festival, la principale manifestazione incentrata sul cinema d’animazione e degli effetti speciali che si svolge a Bologna. Insieme a lui abbiamo riflettuto su alcuni recenti film di fantascienza e sull’Interazione Uomo-Macchina.
Partiamo da Transcendence di Wally Pfister: la Singularity University ha parlato di un futuro nemmeno così remoto. Quanto è futuribile il tema del film? Potranno essere i computer la nostra chiave per l’immortalità dell’anima?
Non ho le competenze scientifiche per valutare l’effettiva vicinanza del futuro prospettato in Transcendence. Da vecchio appassionato di fantascienza l’idea di “uploadare” il mio cervello in un megacomputer per superare i limiti fisici del corpo quando questo non fosse più in grado di sorreggermi mi pare affascinante. Il concetto di “immortalità dell’anima”, invece, mi pare troppo intrinseco alla religione (quale che essa sia): se davvero potessimo fare come in Transcendence avremmo semplicemente backuppato il nostro cervello su un altro hardware e ho perso fin troppi dati e file nel corso di questi anni per pensare che possa davvero esistere una macchina eterna.
La comunicazione virtuale di Spike Jonze (in Her) ha mostrato come i sistemi operativi possano sviluppare una coscienza ed esperienza. Lei cosa ne pensa?
Ho amato molto quel film, dove il sistema operativo è una sorta di versione seducente di HAL 9000 di 2001 Odisssea nello Spazio. Questo per dire che il sogno/incubo di macchine senzienti appartiene al cinema come alla narrativa (basti pensare ai romanzi di Philip K. Dick) da decenni, implicando anche dilemmi morali (se una macchina è senziente come possiamo spegnerla?). Il vero problema è che l’uomo riesce a farsi schiavizzare anche dalle macchine non senzienti. All’uscita della proiezione di Her al Festival di Roma un collega mi ha mostrato il suo telefonino che già si esibisce in buffi dialoghi (non senzienti, semplicemente ben programmati) di fronte alle sue provocazioni vocali. Un gioco? Forse semplicemente un bisogno di combattere la solitudine cui il nostro lavoro spesso ci costringe.
Pensieri, ricordi e conoscenze stanno diventando come i file da trasferire su una chiavetta USB (ad esempio anche nel recente Elysium di Neill Blomkamp). Quanto sta prendendo piede questa Economia dell’Informazione in campo tecnologico?
Ogni supporto dove raccogliere dati è benemerito (visto il costante rischio di perderli), ma il vero problema è proteggere i propri dati sensibili da lobby finanziarie e politiche. La digitalizzazione fa sì che i nostri comportamenti siano tracciati continuamente e questo perché siamo considerati solo come potenziali acquirenti di prodotti che vogliono essere sempre più “mirati” sui nostri interessi, il che può essere comodo (ci servono già pronta la pappa che ci piace), o alienante (ci portano ad amare solo quello che vogliono loro).
Arrivo a citarle Fino alla Fine del Mondo di Wim Wenders (1991): secondo lei sarà possibile un giorno filmare i propri sogni?
Al momento sembra un’utopia, ma solo qualche secolo fa l’idea di premere un interruttore e vedere una stanza buia illuminarsi a giorno sarebbe sembrata una magia, quindi perché no?
Cervello Umano e Macchina: che direzione sta prendendo questa Interazione nella vita di tutti i giorni? Secondo lei il web e i dispositivi portatili ci stanno alienando in modo irreversibile?
Dipende solo da noi: conosco persone che non possono evitare di controllare la mail ogni momento del giorno e della notte e altre che possono far passare una settimana prima di risponderti. Basterebbe sapersi regolare con un po’ di raziocinio. Bisogna sempre ricordarsi che si tratta di strumenti al nostro servizio e non il contrario: non è che se uno ha comprato un’automobile allora deve usarla anche per andare al gabinetto e smettere per forza di camminare, quindi non vedo perché il web e i dispositivi portatili debbano diventare dominatori del nostro tempo e quindi del nostro spazio mentale.
Qual è il suo film preferito, su queste tematiche, che consiglia e perché.
Uno solo? La vedo dura! 2001 Odissea nello Spazio è un capolavoro assoluto da cui non si può prescindere, anche se non è solo su questi temi, mentre Blade Runner, Terminator e il primo Matrix mostrano scenari “alternativi” in cui le macchine non sono più soltanto tali e sono film che stimolano utili riflessioni.
Intervista di Giacomo Aricò