Uscirà oggi al cinema La Storia di Cino, il film diretto da Carlo Alberto Pinelli ambientata nel Piemonte di fine ‘800. Il soggetto affonda le radici in una storia realmente accaduta: nelle valli del Cuneese, molti vecchi montanari raccontano infatti che un bambino locale, dato in affitto ad un pastore francese, era fuggito ed aveva attraversato alla cieca, tutto solo, la catena delle Alpi Marittime, per ritornare a casa.
È questa la storia del piccolo Cino, nove anni, figlio di poveri montanari del cuneese viene affidato ad un losco carrettiere francese per essere condotto in Francia ed “affittato” per lavorare negli alpeggi estivi del Mercantour. Durante il viaggio, Cino stringe amicizia con Catlìn, una bambina della sua età che, lungo il percorso, si ammala di polmonite e viene abbandonata dal carrettiere.
Cino, una volta in Francia è vittima dei maltrattamenti del suo padrone e ben presto scappa in una fuga disperata che tuttavia lo porta a ritrovare inaspettatamente la piccola Catlìn, con la quale decidono di attraversare a piedi le Alpi per ridiscendere in Piemonte e tornare a casa. Il percorso verso l’Italia si rivela presto irto di sorprese e di pericoli su quella Montagna, popolata da forze misteriose ed ostili, che sembra avere una magica influenza sulla piccola Catlìn. Il film narra così le avventure e le disavventure dei due piccoli fuggiaschi, i loro incontri, sogni, speranze e paure, in un viaggio di formazione ma anche di libertà e di fantasia.
Ad ispirare la pellicola di Pinelli, anche le testimonianze dello scrittore Nuto Revelli che rivelò al regista l’esistenza di un carro che trasportava dal mercato di Saluzzo al mercato di Barcelonnette i bambini più miserabili, scartati dai ricchi agricoltori della pianura piemontese, e li rivendeva praticamente come schiavi ai montanari che trascorrevano i mesi estivi nelle malghe del Mercantour e dell’Ubaye. Una storia poco nota, specchio di una miseria difficile oggi da immaginare, che ha incuriosito e commosso Carlo Alberto Pinelli: “sappiamo bene che la montagna, per le popolazioni che vivevano stentatamente nelle sue valli, non era soltanto un accidente geografico contro cui quotidianamente lottare”.
È la montagna stessa ha giocare un ruolo da protagonista, come spiega il regista: “intorno alle sue gole selvagge, ai suoi canaloni ghiacciati, alle sue improvvise valanghe, alla sua inquietante solitudine, si erano coagulate, nei secoli, superstizioni, credenze, leggende. Alcune risalenti ad un oscuro passato pre-cristiano. Del resto chi ha pratica di alta montagna sa bene come la fatica, la paura, la radicale disumanità dei luoghi, la stessa rarefazione dell’aria, possono provocare nella psiche umana slittamenti della percezione del reale e suggerire, con insistenza, l’intervento di presenze immaginarie, positive o nemiche”.
La Storia di Cino, seppur ispirata ad un fatto reale, per Pinelli non è una fiaba d’evasione: “intanto perché si svolge entro un orizzonte di povertà, di fame, di brutalità molto lontano dal clima edulcorato (nella forma “borghese” assunta col tempo, anche se non nella sostanza originaria) che siamo abituati ad attribuire alle fiabe. Inoltre, come tutti i veri viaggi, il film racconta la storia di un’avventura dello spirito di cui è evidente il carattere emblematico e non soltanto fiabesco: vicende che stimolano la crescita sentimentale e caratteriale del protagonista proprio perché costantemente in bilico tra una realtà particolarmente dura, spigolosa, difficile da dominare e le doti di rielaborazione fantastica proprie di un età infantile inconsapevolmente già alle soglie dell’adolescenza”.
“La denuncia sociale, anche se non ricercata aprioristicamente (o forse proprio per questo?), travalica il particolare momento storico in cui si svolge la trama del film e allunga la sua ombra su un oggi che ci riguarda tutti”
Carlo Alberto Pinelli