Dopo Piazza Garibaldi e La Zuppa Del Demonio, il 4 dicembre arriva al cinema l’ultima puntata della trilogia sulla storia italiana di Davide Ferrario con Cento Anni, un documentario che ripercorre i Cent’anni da Caporetto.
Prologo
Mario Brunello suona Havun Havun, un’antica melodia armena, all’Ara Pacis di Medea (GO), mentre scorre un montaggio di immagini di cimiteri e sacrari della Prima Guerra Mondiale.
1917
Cinque attori ci raccontano l’altra faccia della disfatta di Caporetto: cosa è successo ai civili, ai profughi, agli orfani, ai prigionieri di guerra. I loro racconti sono ambientati in luoghi che segnano altre Caporetto italiane del ‘900, dalla Risiera di San Sabba al Vajont. Poi, naturalmente, c’è il Piave; e poi, Vittorio Veneto. Ma noi italiani impariamo più cose su noi stessi dalle sconfitte che non dalle vittorie.
1922
Una storia tratta dal libro L’Eco di Uno Sparo di Massimo Zamboni. La vita del nonno fascista dello scrittore, fino alla sua morte per mano di due gappisti, nel 1944. Diciassette anni dopo, uno dei due partigiani uccide l’altro. Le speranze della Resistenza non si sono realizzate allo stesso modo per tutti.
1974
La strage di piazza della Loggia a Brescia, narrata attraverso interviste a chi c’era e a chi ha perso qualcuno. Ma, passando da una generazione all’altra, anche ai giovani che da quei caduti discendono e a chi oggi, pur arrivando da un altro paese, si sente italiano. A cosa servono i morti? A capire le ragioni per cui sono morti – come dice Manlio Milani, presidente dell’Associazione Familiari Vittime della Strage.
Oggi
A cosa servono i vivi? Cent’anni dopo la Caporetto militare oggi siamo di fronte a una Caporetto demografica. L’Italia si spopola, il Sud in particolare, e ancora di più le sue aree interne. Accompagniamo Franco Arminio, poeta e attivista, in giro per l’Irpinia d’Oriente e la Basilicata chiedendoci se ancora un’utopia è possibile.
Caporetto, ovvero “il paradigma tutto italiano della catastrofe che porta al riscatto – spiega Davide Ferrario – quante ne abbiamo viste, da allora, in tutti i campi: militare, civile, economico, sportivo, politico… Come popolo, abbiamo bisogno della sconfitta”. Ecco allora che il film presenta quattro Caporetto della nostra storia: quella originale; il fascismo e la guerra civile che ne consegue; la strage di Piazza della Loggia; e la Caporetto contemporanea – quella demografica. “Ciascuna narrata con uno stile radicalmente diverso – conclude il regista – perché il “documentario” non può essere solo il suo contenuto, ma deve essere anche una riflessione sul cinema e sui modi della messa in scena”.