23 febbraio 2001, esattamente 20 anni fa nelle nostre sale usciva Chocolat, il celebre film diretto da Lasse Hallström con protagonisti due stelle del cinema come Juliette Binoche e Johnny Depp. Il film, una vera e propria favola che mescola cibo ed emozioni, fu tratto dall’omonimo romanzo della scrittrice britannica Joanne Harris (uscito nel 1999) e si conquistò ben cinque nomination agli Oscar 2001 come Miglior Film, Migliore Attrice Protagonista (Juliette Binoche), Migliore Attrice Non Protagonista (Judi Dench), Migliore Sceneggiatura Non Originale (Robert Nelson Jacobs) e Miglior Colonna Sonora Originale (Rachel Portman). Anche se non fu premiato, si rivelò un enorme successo di pubblico (costò 25 milioni di dollari e ne incassò 150) entrando per sempre nei nostri cuori.
Il film
Ci troviamo nel 1959, in Francia, più precisamente nel piccolo paese di Lansquenet-sur-Tannes, un luogo idilliaco dove gli abitanti vivono all’insegna della tranquillité. Ognuno conduce la propria vita in modo monotono, senza variazioni. Ogni abitante riveste un preciso posto nella società e qualsiasi devianza dalla norma viene recepita dalla comunità con sospetto, diffidenza e ostracismo. I sacri valori della tranquillitè vengono ribaditi alla messa domenicale: i sermoni del giovane padre Henri (Hugh O’Conor) rispecchiano la volontà e la visione della vita del sindaco del paese, l’inscalfibile conte Paul de Reynaud (Alfred Molina). Un giorno però una raffica di vento proveniente da Nord porta nel villaggio la pasticcera Vianne Rocher (Juliette Binoche) e la sua figlioletta Anouk (Victoire Thivisol). Le due, dopo essere stata in Andalusia, a Vienna e nella città italiana di Pavia, sono arrivate in Francia per rilevare la pasticceria e l’appartamento ad essa soprastante, chiedendone il permesso alla padrona di casa, la (solo apparentemente) burbera Armande Voizin (Judi Dench).
In poco tempo, Vianne avvia il locale, riuscendo ad attirare – in pieno periodo di Quaresima – con i suoi profumi e sapori, i primi clienti, tra cui Josephine Muscat (Lena Olin), moglie del violento barista Serge (Peter Stormare). I paesani, tutti repressi e vittime di un immobilismo devastante, iniziano ad amare la pasticceria e tutte le sue numerose e rigeneranti dolcezze: dai Capezzoli di Venere alla Torta di Cioccolato (ribattezzata, “Torta di Vianne”), dai Tartufi al Rhum alla Cioccolata Calda con Peperoncino, dalla Torta Cioccolato e Mandorle alle (ormai mitiche) Barchette di Cacao del Guatemala (che riaccendono la passione!). In quei dolci (sono molti di più, ne abbiamo solo citati alcuni…) uomini e donne di Lansquenet sembrano iniziare ad assaggiare veramente la vita. Reynaud, furibondo per gli stravolgimenti provocati da Vianne, decide di ingaggiare una vera e propria crociata contro la donna.
Il conte inizia così ad aizzare la comunità contro Vianne mettendo in giro maldicenze (quelle che oggi chiamiamo Fake News) sulla donna, utilizzando i sermoni della messa per fare rientrare tutti gli avventori del locale sulla retta via. I suoi tentativi, però, falliscono: gli abitanti del paese sono ormai troppo insofferenti verso la tranquillité. Una nuova ondata di novità a Lansquenet approda un gruppo di zingari che vive a bordo di chiatte. I paesani reagiscono a questo arrivo con ostilità e Reynaud, cavalcando la paura per lo straniero e il diverso, si riprende il controllo dei suoi abitanti proponendo il cosiddetto “Boicottaggio dell’Immoralità”, un’iniziativa per cui tutti i negozianti ed esercenti di Lansquenet rifiutano di servire gli stranieri. L’unica a ribellarsi è soltanto Vianne che, avvicinandosi ai gitani, conosce l’affascinante zingaro Roux (Johnny Depp): tra i due nasce un’appassionante intesa.
Una notte, l’onda d’odio porta un paesano ad incendiare le chiatte. Vianne, che, ormai scoraggiata, aveva pensato di lasciare il paese (anche a seguito della morte di Armande, sua fedele sostenitrice che soffriva di diabete: la pasticcera si sente in colpa), decide di restare, anche perchè tutta la comunità, compresi i più diffidenti, sono ora dalla sua parte. Sentendosi abbandonato, nella notte prima di Pasqua Reynaud irrompe nella cioccolateria per distruggere tutte le creazioni di Vianne. Durante l’azione, ingerisce per sbaglio un pezzetto di cioccolata finendo per cedere alla tentazione: divorerà tutti i dolci della vetrina. Vianne e padre Henri lo trovano la mattina dopo: tra il conte e la pasticcera si stabilisce finalmente un mutuo rispetto. Alla messa di Pasqua il sermone di Padre Henri lascia spazio alla passione e alla vere emozioni. La tranquillité è solo un ricordo: i paesani, compreso il sindaco, sono finalmente liberi, allegri e felici. In una parola: vivi (finalmente, davvero).
Un film che scalda il cuore
La favola di Chocolat – che viene narrata allo spettatore da una ormai anziana Anouk – è, come scrisse Morando Morandini, “un invito alla disobbedienza in nome della felicità“. Non è difficile trovare in questa storia larghe corrispondenza con la realtà che viviamo e le sue ombre: dalla disparità di genere (rappresentata dallo scontro tra Reynaud e Vianne), al tema del razzismo (gli zingari, come gli immigrati, non meritano alcuna accoglienza). Ma la battaglia di Vianne non è politica, è umana. La rivoluzione – o la rinascita – deve partire sempre dentro di noi. Il cioccolato diventa il simbolo di questa libertà, che mette al primo posto le nostre passioni ed emozioni, il nostro sentire, i nostri desideri. Chocolat, anche se a tratti diventa mieloso (e ipercalorico al limite glicemico: e non potrebbe essere altrimenti!), ha saputo raccontare con tocco leggero e ironico il risveglio del piacere, la riscoperta della libertà, la vittoria sull’intolleranza. Vent’anni dopo, e soprattutto in questo momento storico, funziona ancora: ci seduce e ci scalda ancora il cuore. Come una cioccolata calda.
Giacomo Aricò