La battaglia per fronteggiare il Coronavirus sarà ancora lunga. Questa seconda ondata, nei numeri ufficiali ancor più spaventosa della prima, ci ha riportato indietro di mesi, riportandoci dentro ad un incubo già vissuto. Il nuovo Dpcm, che sarà attivo dal 26 ottobre al 24 novembre, ha imposto la chiusura di Cinema e Teatri, i luoghi dello Spettacolo e dell’Intrattenimento e, soprattutto, della cosiddetta “Cultura”. Un bene ed un valore della nostra società che tutti abbiamo il dovere di difendere e sostenere.
Dopo il primo lockdown totale dei mesi scorsi, Cinema e Teatri, a partire dalle riaperture dello scorso giugno (era la Fase 3), si erano messi in regola. La grande quantità di persone che lavorano nel dietro le quinte di questo settore, hanno messo cuore e anima per poter ripartire accogliendo il pubblico, noi. Così, seppur in modo diverso, “nuovo”, siamo tornati in quelle sale buie, per riprovare la magia del cinema. Ci siamo tornati anche indossando le mascherine, anche stando seduti alla giusta distanza dagli altri. Ci siamo comportati seguendo le regole perchè i film e gli spettacoli dal vivo sono in grado – soprattutto in questo anno maledetto – di emozionarci ancora, di arricchirci umanamente e sentimentalmente.
Non è bastato. Evidentemente. E anche se non si sono verificati contagi o casi di focalai (non nascondiamoci: gli spettatori erano comunque in calo), la scelta, che diventa simbolica, del governo è stata quella di sospendere nuovamente l’apertura di questi luoghi. Considerati, probabilmente, “inferiori” ad altri. Meno importanti, meno necessari. Pericolosi.
Diventa impossibile non provare un grande senso di amarezza dinnanzi a questa decisione. La Cultura – che ora non può che illuminarci, nutrirci e quindi salvarci – viene ancora una volta danneggiata, silenziata, sospesa. Buio in sala, ancora. Sempre più buio.