Un continente così vicino da chiederci di essere letto, soprattutto nell’urgenza dell’oggi, e che al tempo stesso resta sconosciuto, per mancanza di adeguati mezzi di trasporto culturali. Nasce con l’intento di avvicinarsi e accedere all’Africa e alle sue culture CineSahel. Luci d’Africa a Ballarò, la rassegna di cinema africano che animerà Palermo per due weekend,dal 28 al 30 settembre e dal 5 al 7 ottobre prossimi.
La rassegna, tra le 8 finanziate all’interno della prima edizione del bando “Cineperiferie” del MiBAC, è a cura di Nomadica, associazione per la diffusione del cinema autonomo e di ricerca, attiva sul territorio nazionale, in collaborazione con il Circolo Arci Porco Rosso, operante da anni nel quartiere palermitano di Ballarò con progetti che mescolano cultura, cittadinanza attiva e integrazione dei migranti. La direzione artistica è affidata a Federico Epifanio e Naomi Morello, giovanissimi (26 anni) fotografi che vivono da circa un anno nel capoluogo siciliano.
Le sei serate della rassegna ospiteranno 17 film, realizzati da 9 fra i più illustri cineasti del continente africano tra il 1963 e il 1999: dallo scrittore senegalese Ousmane Sembène, primo regista africano ad emergere, che negli anni Sessanta adottò il cinema attratto dal suo rivoluzionario potenziale comunicativo, al conterraneo Djibril Diop Mambety, uno degli sguardi più vivaci e taglienti della cinematografia del Sahel. E ancora il maliano Souleymane Cissé, che racconta di lavoro in fabbrica e dinamiche tra le classi sociali, e Med Hondo, mauritano, che assieme a Abderrhamane Sissako e Idrissa Ouedraogo sposta l’occhio sul continente europeo affrontando il tema della migrazione e delle nuove generazioni con i piedi in due continenti. Ogni sera, inoltre, saranno proiettati alcuni corti con delle incursioni nel cinema d’animazione africano, che compare in Niger nel 1962 per mano di Moustapha Alassane, del quale sarà proposta una selezione di opere.
I film verranno proiettati presso il Circolo Arci Porco Rosso e in Piazza Santa Chiara, nel cuore del quartiere dell’Albergheria di Palermo, meglio conosciuto come Ballarò, dal nome del suo storico mercato. Un’areageograficamente centrale della città, ma socialmente e culturalmente periferica, conosciuta anche per la sua densa multiculturalità e per la presenza stabile ed integrata di folte comunità straniere, soprattutto africane. Luogo scelto non a caso dai promotori della rassegna, che intendono creare così un’occasione di incontro per tutti i cittadini del quartiere attraverso questo cinema, che a causa di un pessimo sistema distributivo (di solito europeo) è spesso sconosciuto tanto al pubblico italiano che allo stesso pubblico africano.
“Non ogni centro gode di lustro e centralità, non ogni periferia necessita di esser lontana per essere nascosta allo sguardo. A Palermo, il quartiere di Ballarò ne è una potente dimostrazione. Allo stesso modo, non tutte le periferie sono situate alle porte di una città, ma possono nascondersi dietro l’angolo di un continente” afferma Federico Epifanio, direttore artistico. “Il cinema africano nasce periferico di per sé, ai margini di un circuito occidentale di cui eredita echi e rudimenti, finendo con l’affermare un’arte povera ma estremamente creativa, dotata di un linguaggio autonomo, concepita nel laboratorio della strada, in cui il film on the road è eletto genere protagonista. Un cinema che, soprattutto in area francofona, ha saputo brillare per sperimentazione e ricerca”.
Per questo la selezione dei film proposti si è concentrata su opere di cineasti provenienti dall’area del Sahel, dal Senegal al Niger, luoghi rappresentativi di comunità ben radicate nel tessuto di Ballarò. “Con questa iniziativa – continua Epifanio – si vuole proporre la visione di opere fondamentali di una tradizione poco nota al pubblico italiano e al tempo stesso creare l’opportunità per i residenti africani, ormai parte integrante del quartiere, di confrontarsi con titoli già rari nei loro paesi d’origine, spesso non presenti nelle sale né nei palinsesti televisivi”.
«A un concetto di integrazione svilito preferiamo quello di incontro e mescolanza, che invece che imporre i propri usi e consumi vuole conoscere ciò che non sa” dicono Giuseppe Spina e Giulia Mazzone, fondatori di Nomadica. “CineSahel è il tentativo di operare un capovolgimento di sguardo e di intenti, si rivolge al viaggiatore che arriva da lontano, ne ascolta i racconti, si lascia trasportare da inediti suoni e colori”.
Dopo ogni proiezione la gestione del dibattito sarà affidata a Cheikh Gueye, senegalese, operatore sociale e profondo conoscitore sia di cinema che della stratificazione e complessità del tessuto sociale in cui opera: il fine sarà quello di instaurare dinamiche di dialogo e di confronto fra gli africani e i palermitani della paradossale periferia di Ballarò.