Dall’11 dicembre la Cineteca di Bologna riporta in sala in versione restaurata in 4K e in 3D una perla del cinema: Il Mago di Oz. Tratto dalla serie di racconti del 1900 di L. Frank Baum, trasposto sul grande schermo nel 1939 da Victor Fleming – regista nello stesso anno anche di Via Col Vento – Il Mago di Oz rimane uno dei classici più amati e seguiti di sempre, giudicato dall’American Film Institute come il “miglior film per famiglie di tutti i tempi”.
Il Mago di Oz racconta il fantasmagorico viaggio di Dorothy (Judy Garland), piccola orfana del Kansas, nell’onirico e strampalato mondo di Oz. Il suo percorso attraverso questo universo multicolore e fiabesco viene accompagnato da tre singolari personaggi, tutti in cerca di qualcosa: uno spaventapasseri alla ricerca del cervello, un leone alla ricerca del coraggio e un uomo di latta, che vorrebbe avere un cuore, per provare sentimenti come tutti gli altri.
Il film inizia con alcune sequenze in bianco e nero (o per meglio dire color seppia) che introducono il personaggio di Dorothy nella realtà, appunto grigia e incolore, nella sua casa nel Kansas dove vive con gli zii. Questo paesaggio però viene ben presto trasformato grazie ad un inaspettato e del tutto particolare ciclone che trasporta Dorothy in un universo parallelo coloratissimo, luccicante ma anche pieno di insidie, il mondo di Oz, dal quale lei cercherà, attraverso avventure e peripezie, di ritrovare la strada di casa.
Il Mago di Oz è una favola musical, un film di fondazione dell’immaginario americano, come disse Peter von Bagh: “Non ebbe gran successo all’uscita. Ci vollero vent’anni per recuperare i costi. Ma poi finì per essere trasmesso così spesso in televisione che l’America si ritrovò ipnotizzata a fissare uno strano riflesso di sé”.
Il film ebbe cinque registi diversi. Richard Thorpe girò molte settimane di materiale, ma nulla del suo lavoro apparve nel film finale. Lo studio trovò il suo girato insoddisfacente e nominò temporaneamente George Cukor che in realtà non filmò nessuna scena ma modificò il trucco di Judy Garland e di Ray Bolger. Victor Fleming prese il suo posto e diresse la maggior parte del film, fino a quando non venne assegnato a Via Col Vento. King Vidor girò le sequenze rimanenti, soprattutto le parti in bianco e nero del film. Il produttore Mervyn LeRoy diresse solo alcune scene di transizione.
Indimenticabili le musiche e le canzoni del film, premiate con l’Oscar alla Migliore Colonna Sonora. Judy Garland, la cui voce s’impenna limpida sulla soglia estrema dell’infanzia, canta Over the Rainbow (di Harold Arlen e E.Y. Harburg), canzone immortale che vinse invece l’Oscar come Migliore Canzone Originale e fa ormai parte dell’immaginario collettivo, tanto da essere ripresa e interpretata in varie forme da innumerevoli artisti (tra cui Frank Sinatra, Aretha Franklin Ella Fitzgerald, Ray Charles, Chet Baker, Jerry Lee Lewis, fino ad arrivare a Kylie Minogue, Celine Dion, Tom Waits, Depp Purple e Ramones).
Protagonista indiscusso del film è il colore che, dalla famosa stradina dorata alla città di Smeraldo, contrassegna il mondo di Oz e viene utilizzato dal regista con maestria e innovazione. I colori splendenti e saturi caratteristici del Technicolor dell’epoca, tornano dunque a brillare grazie al complesso e monumentale restauro della Warner Bros, realizzato in 4K, attraverso il recupero dei negativi camera originali, e ampliato anche in una versione in 3D.
Judy Garland s’aggira inquieta nella terra di nessuno che precede l’adolescenza, finché un tornado la solleva in volo dal grigio Kansas e la trasporta oltre l’arcobaleno. Lo schermo s’accende di colori e forme ai bordi dell’allucinazione, le immagini si compongono in allegorie, le scarpette rosse schiacciano streghe cattive come Eva la testa del serpente. La morale che tanto dispiacque a Salman Rushdie, “nessun posto è bello come casa mia”, avrebbe dominato almeno due decenni successivi di cinema americano.
“Il Mago di Oz, con Over the Rainbow, diventa un capolavoro sfaccettato, capace di essere al tempo stesso malinconico e allegro”.
Kim Newman