Much Loved di Nabil Ayouch è il film scandalo, vietato dalle autorità marocchine, presentato a Cannes alla Quinzaine e al Toronto International Film Festival e da oggi in sala in Italia. Le autorità marocchine che lo hanno vietato, ritengono che il film offenda gravemente i valori morali e la donna marocchina oltre che l’immagine del paese. L’autore oggi vive sotto scorta e gli attori hanno subito minacce.
Protagoniste sono quattro donne, Noha (Loubna Abidar), Randa (Asmaa Lazrak), Soukaina (Halima Karaouane), e Hlima (Sara Elmhamdi Elalaoui), che nella Marrakech dei giorni nostri vivono di amori mercenari, fanno le prostitute, sono oggetti del desiderio. Allegre, vivaci e complici, piene di dignità ed emancipate nel loro regno al femminile, queste donne superano la violenza della società marocchina che, pur condannandole, le sfrutta. Le quattro donne ci conducono nel loro regno notturno fatto di violenza, umiliazioni ma anche risate e tenerezza.
Much Loved svela la malinconia e la solitudine di queste quattro lavoratrici del sesso che insieme si sostengono l’un l’altra, mentre lottano per sopravvivere nei mercati della carne corrotti e pericolosi di Marrakech. Al suo sesto lungometraggio, Nabil Ayouch scava con onestà e compassione in un mondo sotterraneo dove l’amore è in vendita.
Il regista ha tratto la storia da testimonianze che ha raccolto da circa 200 lavoratrici del sesso, nel giro di un anno: “quando ho conosciuto tutte queste giovani donne, la cosa che mi ha colpito di più è stata la loro mancanza di amore: provvedono al sostentamento di intere famiglie eppure hanno sempre la sensazione di non fare mai abbastanza per poter meritare di essere amate, poiché tutto quello che ricevono in cambio, è un giudizio, una condanna”.
Le quattro donne sono così “troppo amate da alcuni, non abbastanza amate da altri, in ogni caso mai amate come si deve”. Come una maledizione, il denaro che guadagnano è per forza di cose «haram», denaro del peccato, quello che le brucia, le divora dall’interno e dal quale devono separarsi al più presto: “per non soccombere, scelgono la vita, con coraggio da combattenti, ridono, ballano, si prendono gioco degli uomini e di se stesse”.
Noha, Randa, Soukaina, Halima sono così “le stigmate di una società alla ricerca di se stessa. Tra un’economia di sussistenza che viene tollerata e un conservatorismo ostentato, l’ipocrisia regna sovrana. Per alcuni, sono protette da Dio, per altri fanno della loro innocenza o della loro forza il loro baluardo. Ma sussistono sempre le stesse paure, le stesse ferite”.
“Avevo voglia di raccontare questa realtà, lontano dai miti. Raccontare equivale a mostrare. Tutto. Senza ritegno, senza concessioni né falsi pudori. Alzare il velo».
Nabil Ayouch