Daniele Luchetti torna oggi al cinema con l’atteso Chiamatemi Francesco, il racconto del percorso che ha portato Jorge Bergoglio, figlio di una famiglia di immigrati italiani a Buenos Aires, alla guida della Chiesa Cattolica. Il cast è tutto straniero: Rodrigo De La Serna, Sergio Hernández, Muriel Santa Ana, José Ángel Egido, Alex Brendmühl e con la partecipazione di Mercedes Moran.
Quello di Luchetti è un viaggio umano e spirituale durato più di mezzo secolo, sullo sfondo di un paese – l’Argentina – che ha vissuto momenti storici controversi, fino all’elezione al soglio pontificio nel 2013. Negli anni della giovinezza Jorge è un ragazzo come tanti, peronista, con una fidanzata, gli amici, e una professoressa di Chimica, Esther Ballestrino, cui rimarrà legato per tutta la vita. Tutto cambia quando la vocazione lo porterà a entrare, poco più che ventenne, nel rigoroso ordine dei Gesuiti.
Durante la terribile dittatura militare di Videla, Bergoglio viene nominato, seppur ancora molto giovane, Padre Provinciale dei Gesuiti per l’Argentina. Questa responsabilità in un momento così tetro metterà alla prova, nel modo più drammatico, la fede e il coraggio del futuro Papa. Jorge nonostante i rischi si impegnerà in prima persona nella difesa dei perseguitati dal regime – ma pagherà un prezzo umanamente altissimo vedendo morire o “scomparire” alcuni tra i suoi più amati compagni di strada.
Da questa esperienza Bergoglio uscirà cambiato e pronto a vivere il suo impegno futuro nella costante difesa degli ultimi e degli emarginati. Divenuto Arcivescovo di Buenos Aires continuerà la sua opera di aiuto agli abitanti delle periferie, difendendoli dalle sopraffazioni del potere e promuovendone la crescita individuale e collettiva. Il racconto si conclude con l’indimenticabile serata in cui, in una piazza San Pietro stracolma di folla, Jorge Bergoglio vestito di bianco e con una croce di ferro, saluterà il mondo con il nome di Francesco, con la schietta semplicità e l’umanità profonda con cui tutti siamo abituati a conoscerlo.
“Chiamatemi Francesco è un film inchiesta” spiega Daniele Luchetti. Un’inchiesta iniziata quasi due anni fa a Buenos Aires, dove con Pietro Valsecchi prima, e con Martin Salinas poi, il regista si è messo sulle tracce di Bergoglio. Obiettivo era conoscerlo a fondo attraverso i racconti e i ricordi di chi lo ha conosciuto, senza realizzare “un santino edulcorato” che descrivesse quel personaggio che smuove i cuori di cattolici e laici, incasellato in un reticolo di luoghi comuni. Nel film invece si scopre la figura di un uomo che, come spiega il produttore Pietro Valsecchi, “ha saputo mettersi al servizio degli ultimi, degli emarginati, dei poveri, sempre rimanendo umile e nello stesso tempo combattendo con estrema energia contro le ingiustizie e le prevaricazioni”.
Nel suo viaggio in Argentina – dove “le ferite sono ancora fresche ma dove circola una incredibile energia, dove i problemi economici ogni giorno liberano energie per noi totalmente nuove” – Luchetti ha capito che tutti gli indizi andavano in un’unica direzione: Bergoglio è così oggi perché è stato in altro modo nel passato. “Ha avuto la fortuna di vivere una vita lunga che gli ha permesso di imparare, crescere, evolvere – racconta il regista – una fortuna per lui, ma anche per un narratore che si era messo sulle sue tracce per cercare di capire come mai quest’uomo oggi trasmette queste emozioni e perché sembra non aver paura di nulla”.
Perché non ha paura? “Perché è passato attraverso molti inferni e qualche purgatorio” risponde Luchetti che aggiunge: “questo non è un film religioso, è un film che racconta un personaggio che crede”. E nel raccontarlo, il regista mi è messo dalla sua parte, “ammirando e invidiando ogni sua scelta, cercando di mettere assieme gli indizi, scrutando il suo volto durante omelie e interviste prima della sua elezione, e infine cercando di rispettare una verità – sia pure ipotetica – ma soprattutto le leggi del raccontare, che impone il tentare di essere comunicativi senza barare”.
Per raccontare le radici e il percorso di questa personalità che tanto sta facendo per riportare la Chiesa vicino alla gente, Valsecchi e Luchetti hanno scelto il realismo e l’emozione: “per me è stato un onore scavare nelle radici di una persona che catalizza su di se l’energia di un intero continente e dei suoi movimenti politici, religiosi, culturali – conclude Daniele Luchetti – ha avuto la fortuna di vivere una vita che somiglia ad una narrazione e non tutti abbiamo questo onore nelle nostre vite”.
“E rivedendo ora tutta la sua vita, le sofferenze, le amicizie, i momenti bui, si comprende meglio da dove arrivano la forza e l’energia di quest’uomo che sta già facendo la storia”.
Pietro Valsecchi