“Registro la realtà come una drammaturgia mobile“. Pensiero e parole del regista Cosimo Terlizzi che lo scorso 29 novembre 2019 ha presentato al 37° Festival del Cinema di Torino Dentro di Te C’è la Terra, un documentario, in forma di diario, che vuole riscoprire la profonda radice del rapporto Uomo-Natura proponendo al tempo stesso riflessioni sulla nostra società (liquida, sempre più virtuale/digitalizzata e globale) e i suoi conflitti (di estrema attualità).
Il film
Dopo Folder (2010) e L’Uomo Doppio (2012), per Cosimo Terlizzi questo Dentro di Te C’è la Terra rappresenta il terzo capitolo di una ricerca decennale, realizzata con mezzi di registrazione leggeri. La vita, semplicemente, in presa diretta. Con un montaggio minimale, arricchito di note musicali, delicate e incisive, al punto giusto. Regista e artista visivo, Terlizzi in Dentro di Te C’è la Terra continua ad esplorare i temi dell’autobiografia (si tratta di un vero e proprio diario personale) e della relazione – affettiva – con l’altro (sia esso un essere umano, un animale, una pianta). Da un’isola, selvaggia e a tratti ostile, ad un viaggio al centro dell’Europa alla scoperta di un rito arboreo, passando dalle macerie delle metropoli asiatiche fino al Sud Italia, dove un giardino può trasformarsi in natura: Dentro di Te è, secondo le parole dell’autore, “un road movie intimo, scandito da paesaggi, rituali, desideri ancestrali, attese“.
Terlizzi ha quindi cercato di riscoprire la vera anima dell’uomo contemporaneo, che oggi si rappresenta nei social media (“in una sorta di messa in scena globale“), soprattutto in relazione alla Natura. Lo specchio dell’Uomo qui non è uno schermo di uno smartphone, ma “il corpo della Terra, vero, complesso e senza tabù“. Un rapporto, quello tra Uomo e la Terra che lo ospita e culla da sempre, che viene inquadrato e osservato attraverso diverse situazioni e momenti: si tratta della bellezza e unicità del quotidiano, dei gesti semplici, della ricerca (illusoria) della purezza e dell’autenticità in un’epoca, la nostra, dominata dal culto dell’immagine costruita a tavolino. Senza un soggetto scritto e senza un copione, in Dentro di Te C’è la Terra, al contrario, tutto viene ripreso mentre scorre, libero, come un’eterna rinascita (come spiega Terlizzi, è “un magma libero e istintivo di immagini“).
Intervista a Cosimo Terlizzi
Per approfondire il messaggio del documentario, abbiamo intervistato il suo autore e regista Cosimo Terlizzi.
Cosimo, dopo Folder e L’Uomo Doppio, Dentro Di Te C’è La Terra è un nuovo collage di frammenti, istanti, momenti. Sia l’idea di questo progetto che la sua realizzazione è totalmente naturale, spontanea, come la vita. Che viaggio è stato per te?
Una necessità di raccontare la complessità del nostro tempo e cercare di osservarla e forse di frenarla o rallentarla per capire se c’è qualcosa di sensato in tutto questo movimento spasmodico di noi nei social media che si contrappone alla vita fisica reale dove le parole e i gesti hanno un peso. Un viaggio che è servito a raccogliere i pezzi. Pezzi tirati fuori da quella “memoria esterna”. Un hard disk pieno di noi, dei nostri ricordi che scorderemo perché sono centinaia di scatti fotografici, di video, di musiche, di viaggi, vissuti come in uno stato di bulimia egoica. Spesso ricordi messi in una bacheca pubblica virtuale. Posti lì e non nella nostra memoria. I fatti eccezionali li conserviamo davvero? In questi ultimi mesi ho quasi pensato che ci siamo dimenticati chi siamo.
Il titolo sembra ricordarci che siamo tutti figli della stessa terra (Madre Natura). Un’idea universale di fratellanza dove le diversità ci arricchiscono soltanto. Era questa la tua idea/messaggio del titolo?
Abitare in campagna e curare l’orto e il giardino ti mette davanti alla realtà, una realtà che è tutta dentro la terra: ha una memoria. L’afferri in una mano la osservi e rifletti sul fatto che tutto nasca e ritorni lì. Che il terreno non sia forse un nostro organo esterno condiviso con le altre creature? Una pelle o una protesi con la quale siamo collegati naturalmente, ma che per quel vezzo di emancipazione pensiamo di potercene staccare. Probabile che questo distacco sia la nostra fine.
Attraverso la vita che scorre e che hai filmato e sfogliato come un diario si affrontano diversi temi di attualità. Uno riguarda senza dubbio quello legato all’immigrazione e all’accoglienza dei rifugiati….
Abito nelle vicinanze di un paese da dove i giovani vanno via (come succede in altri piccoli posti). L’arrivo di questa nuova gioventù è una risorsa sotto tutti i punti di vista: umano, culturale, lavorativo. Sono uomini e donne che non hanno nulla da perdere e sono disposti a partire da niente. Possiamo dare tanto a loro e loro dare tanto a noi. Bisogna poi considerare un fatto allarmante: l’Africa è una meta per le grandi industrie, se non lo è già nei progetti distruttivi delle multinazionali, lo sarà presto e sarà una catastrofe aggiunta a quelle in corso sulle emissioni nocive nell’atmosfera e nei mari. Cosa voglio dire? Possiamo dare esempio se siamo, come amiamo sventolare ai quattro venti, una società civile ed emancipata (?). Nei centri d’accoglienza, quelli che funzionano, si danno, o dovrebbero dare, lezioni sul senso civico (rispetto delle diversità, della donna, e dell’ambiente, rispetto delle leggi) e lezioni di lingua italiana. Sarebbe interessante anche ricevere da loro lezioni sulla loro cultura e le loro lingue. Penso che sia questo il senso dell’inclusione. Crescere insieme.
La ciclicità delle stagioni è sempre più vittima del climate change, un fenomeno disastroso da non sottovalutare. Tu cosa pensi di questo aspetto? Quale messaggio hai voluto lanciare con questo film?
Ero bambino quando un mio compagno più grande mi raccontò, seduti su un cumulo di terra misto a rifiuti, cosa l’uomo era capace di distruggere. Le vicine Ilva di Taranto e l’ex base missilistica a testate nucleari della Nato sulla Murgia. Per la prima volta i conflitti infantili e adolescenziali si fecero piccoli. Appoggiavo i miei piedi su una vita a rischio e questa consapevolezza vissuta da un bambino è molto triste, non dovrebbe succedere. La voce dei giovani d’oggi (in questo periodo è Greta Thunberg a metterci la faccia) è indicativa. Nascono senza colpe, come il resto delle creature della terra. Nascono con dei sogni, spesso delle favole raccontate proprio dagli adulti. E poi? Il clima cambia, la natura però ci assorbirà.
Dentro Di Te C’è La Terra inizia con una frase di A Tavola Con Gli Dei, un libro di ricette delle Isole Eolie. In tv i programmi di cucina impazzano. Secondo te l’arte culinaria, legata alla terra, alla storia, alla fatica, deve essere maggiormente rispettata?
Comprammo questo libro a Lipari. È importante per noi conoscere come ci si ciba nelle isole, soprattutto quelle apparentemente ostili come Alicudi, Stromboli e la lontana Linosa. Luoghi in cui i piccoli porti non sono sempre sicuri all’attracco quando il mare è agitato. Si rimane per giorni senza rifornimenti. Nei secoli passati seppur con immensi sacrifici, gli isolani riuscivano a vivere con poco e ad ingegnarsi su quello. Raccogliere l’acqua piovana, i frutti selvatici come capperi, i semi di finocchietto. C’era sempre una pecora o un coniglio o una mucca o una gallina. Il sale depositato sulle rocce. I frutti del mare se non era mosso. Ci sono ricette fatte con niente, acqua, sale, pezzi di pane raffermo, lenticchie e se c’era una cipolla. Bastava poi un’erba selvatica per dare quel tocco delizioso. Mi meraviglia molto l’ingegno rurale. Questo mi è d’insegnamento e mi porta naturalmente a fare scelte più ponderate.
A Tavola Con Gli Dei mi ha fatto subito venire in mente il tuo precedente film, Dei. Oltre a Martina Catalfamo (presente in diversi momenti), c’è un legame tra i due film?
È la deità che ci circonda. In Dei un’idea del divino seminata nello sguardo adolescenziale del protagonista, in un’opera di finzione. Qui è nello scorrere della vita senza troppi filtri. Cercare un contatto vero con il mondo e registrarlo. Con Martina, come con gli altri attori, è rimasto un legame ed è toccato a lei far parte per caso di questo diario. Forse non è stato un caso, ma una spinta naturale che avevamo entrambi verso la scoperta dell’isola dove eravamo ospiti.
In Dentro Di Te C’è La Terra vediamo animali e uomini dormire rilassati. È una situazione che ritorna frequentemente. Che significato hanno per te questi sonni/sogni beati?
Penso sia uno stato di grazia che accomuna tutti gli animali. Si dorme tutti allo stesso modo. Abbracciati, rannicchiati, avvolti, rintanati, sotto qualcosa, e si respira allo stesso modo. Un respiro lento. Il corpo è caldo, rilassato. Un momento di vulnerabilità identico all’animale più feroce. Dormire accanto a un altro animale è qualcosa di tenero. Senti che in fondo siamo uniti da qualcosa. Chiudere gli occhi e fidarsi del luogo che si è scelto per sprofondare nel sonno e arrivare alla fase Rem. Può succedere di tutto fuori, ma tu sei lì dentro.
La Terra ha dato tanto (forse troppo) all’Uomo. L’Uomo ha fatto altrettanto?
È giunto il momento di dare qualcosa alla Terra, qualcosa di buono. In questi ultimi due secoli abbiamo imparato a prendere e a gettare lo scarto in modo mostruosamente dannoso. Nella ruota dell’ecosistema, una realtà collaudata, noi siamo riusciti a diventare quel batterio alieno perverso.
Intervista di Giacomo Aricò