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Disuguaglianze e scorrettezze, Le Ultime Cose di Irene Dionisio

Presentato in concorso alla 31. Settimana Internazionale della Critica, uscirà nelle sale giovedì 29 settembre Le Ultime Cose, il film scritto e diretto da Irene Dionisio con Fabrizio Falco, Roberto De Francesco, Christina Rosamilia, Alfonso Santagata, Salvatore Cantalupo, Anna Ferruzzo.


Torino, Banco dei pegni. Una moltitudine dolceamara impegna i propri averi, in attesa del riscatto o dell’asta finale. Tra i mille volti che raccontano l’inventario umano del nostro tempo, tre storie s’intrecciano sulla sottile linea del debito morale. Sandra (Christina Rosamilla), giovane trans, è appena tornata in città nel tentativo di sfuggire al passato e ad un amore finito.

Stefano (Fabrizio Falco), assunto da poco, si scontra con la dura realtà lavorativa e assiste ai miseri maneggi nel retroscena del Banco. Michele (Alfonso Santagata), pensionato, per ripagare un debito si ritrova invischiato nel traffico dei pegni. Un racconto corale sullo stare nel mondo al tempo della grande diseguaglianza.

Le Ultime Cose 2

Riportiamo ora le note di regia di Irene Dionisio, suddivise in tre temi.

La crisi – “Le Ultime Cose nasce dall’esigenza di raccontare in maniera “laterale” la crisi: dal punto di vista non soltanto di chi la subisce, ma di chi la infligge attraverso un sistema legalizzato. Il banco dei pegni racconta in un solo luogo, attraverso il percorso degli oggetti e una moltitudine di storie, le dinamiche del capitalismo di oggi, di una società fondata sullo scontro nuovo ed epocale tra debitore e creditore. Il banco dei pegni è il luogo in cui questo scontro si “materializza”. Un luogo che brulica di vite vissute, volti, storie, all’interno del quale l’essere umano sembra spogliato delle sue sembianze naturali: fragile, piccolo, impotente di fronte ad una rete organizzata e possente, senza nome né possibilità di essere interpellata”.

Il debito – “Mi sono sempre domandata quanto e come ci modifichino i problemi economici che viviamo quotidianamente, cosa ci spinga a lavorare 14 ore al giorno per non possedere nulla, se non il semplice diritto di esistere, e cosa spinga chi potrebbe cambiare le cose a non porsi mai domande. Quanto un debito è soprattutto un debito morale, una colpa? “Sentirsi in debito” è diventata ormai un’espressione morale, non soltanto materiale: è su questa osservazione – anche al centro di un famoso saggio di David Graeber, “Debito” – che ho voluto costruire il film”.

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L’esperienza nel documentario – “Questo film nasce da un’esigenza documentaristica. Dalla grande tradizione di Frederick Wiseman di osservazione dell’istituzione totale (scuole, ospedali, etc.) è nata l’idea di approdare al banco dei pegni. Per otto mesi, due giorni a settimana, ho osservato e raccolto le testimonianze di ricettatori, utenti e impiegati, per poi rielaborare drammaturgicamente tutto questo materiale di osservazione, arrivando alla versione definitiva della sceneggiatura. Con lo stesso spirito ho cercato gli attori, dai protagonisti ai ruoli minori alle comparse: ho cercato persone, più che personaggi. Ad ognuno di loro ho chiesto elementi di realtà da aggiungere nella storia. Ognuno di loro ha apportato qualcosa al racconto. Per me il documentario resta il vero punto di partenza, un metodo, un serbatoio di strumenti fondamentale“.

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