Il 24 maggio del 1900, 120 anni fa, nasceva Eduardo De Filippo. Era l’anima di Napoli, una città che scaldava tutti con la sua arte ed il suo genio, con quello spirito che riempiva il cuore di chi lo stava a guardare. Lo ricordiamo con nostalgica malinconia. Sarebbe stato certamente una guida, un maestro, un punto di riferimento in questa nostra malandata società contemporanea. La sua maschera triste ma mai sconfitta avrebbe potuto ancora illuminare Napoli.
Ci chiediamo quale posizione avrebbe potuto avere oggi nel mondo della comunicazione, sempre più globale. Quali messaggi avrebbe potuto portare al popolo attraverso il cinema, in questo delicato momento storico. Non ci resta che ricordare i suoi spettacoli, l’amore per il teatro, i suoi film. Ma Eduardo, uno dei più grandi autore del Novecento, non era solo drammaturgo e attore. Era un poeta capace di raccontare il suo cuore parlando al cuore degli altri.
Lo stesso De Filippo così presentava se stesso nella quarta di copertina de Le Poesie di Eduardo (Einaudi, Torino 1975): “Dopo aver scritto poesie giovanili, come fanno più o meno tutti i ragazzi, questa attività divenne per me un aiuto durante la stesura delle mie opere teatrali. Mi succedeva, a volte, riscrivendo una commedia, d’impuntarmi su una situazione da sviluppare, in modo da poterla agganciare più avanti a un’altra, e allora, messo da parte il copione, per non alzarmi dal tavolino con un problema irrisolto, il che avrebbe significato non aver più voglia di riprendere il lavoro per chissà quanto tempo, mi mettevo davanti un foglio bianco e buttavo giù versi che avessero attinenza con l’argomento e i personaggi del lavoro interrotto”.
“Questo mi portava sempre più vicino all’essenza del mio pensiero e mi permetteva di superare gli ostacoli. Per esempio, La gatta d’ ‘o palazzo e Tre ppiccerillimi aiutarono ad andare avanti con Filumena Marturano. Come la gatta lascia il biglietto da mille lire e mangia il cibo, così Filumena non mira al danaro di Domenico Soriano ma alla pace e alla serenità dei suoi figli. I quali figli sono poi i tre bambini sotto un ombrello che vidi davvero una mattina in un vicolo di Napoli, uniti nella poesia, separati nella vicenda teatrale fino al momento della rivelazione di Filumena. A poco a poco ci ‘ho preso gusto’ e ora scrivo poesie anche indipendentemente dalle commedie”.
Per ricordare l’Eduardo poeta e celebrare la sua memoria a trent’anni dal suo addio, questa sera l’attore e regista napoletano Mariano Rigillo dirigerà ed interpreterà Il Colore delle Parole – Eduardo, parole e musica al Teatro Palladium di Roma. Uno spettacolo che raccoglie l’eredità delle poesie di Eduardo: dalle più celebri a quelle meno conosciute, dalle liriche scritte per la scomparsa di Anna Magnani e Pier Paolo Pasolini ad alcuni versi che De Filippo, accompagnato dalle note del grande E. A. Mario (Giovanni Ermete Gaeta), pronunciò al Festival di Piedigrotta nel 1946.
Non ci restano che queste eterne emozioni, da ricordare sempre, perché eternamente capaci di colorare il nostro animo.
“I fantasmi non esistono. I fantasmi siamo noi, ridotti così dalla società che ci vuole ambigui, ci vuole lacerati, insieme bugiardi e sinceri, generosi e vili”
Eduardo De Filippo
Giacomo Aricò