Presentato in anteprima al Festival di Locarno (dove ha vinto il Variety Piazza Grande Award) e basato sul romanzo Moka di Tatiana de Rosnay, esce domani al cinema Per Mio Figlio, il thriller di Frédéric Mermoud con protagoniste Emmanuelle Devos e Nathalie Baye.
Diane Kramer (Emmanuelle Devos) ha un’unica ossessione: trovare il conducente dell’auto che ha investito e ucciso suo figlio, devastandole la vita. Con l’aiuto di un investigatore privato, Diane raccoglie alcuni indizi che la portano verso il principale sospettato: una donna bionda proprietaria di una Mercedes color caffè. Con una valigia e poche cose, decide di trasferirsi nella cittadina dove è stata segnalata l’auto incriminata.
Dopo giorni di ricerca, Diane risale all’identità della proprietaria dell’auto: Marléne (Nathalie Baye), misteriosa ed elegante titolare di una profumeria del centro. Da quel momento Diane inizia ad insinuarsi silenziosamente nella vita di Marléne, stabilendo con lei un legame particolare. Ma la strada della vendetta si rivela ben presto più tortuosa di quello che pensava, tuttavia Diane è sempre più decisa a farsi giustizia da sola: per se stessa e per suo figlio.
Lasciamo ora spazio ad un estratto dell’intervista rilasciata al regista Frédéric Mermoud.
Come descriverebbe Diane, l’eroina di questa storia?
Diane è un spirito libero. All’inizio intuiamo che “prima” ha avuto una vita equilibrata e moderata, ma subito dopo cogliamo una parte di follia in lei. La sua vera natura è più complessa, è una donna indipendente dotata di un’energia che può andare oltre le convenzioni. E’ un vero personaggio di fiction nel senso che, a causa di questa ricerca, diventa attrice della propria vita.
Diane continua ad indagare nonostante le opposizioni, perché?
Mentre stavo raccontando la storia, mi sono reso conto che Diane era più trasgressiva di quanto avessi pensato. Quando un uomo arrabbiato o distrutto cerca vendetta, lo accettiamo – è quasi un luogo comune – ma quando lo fa una donna, una sorta di super-ego sociale giudica il suo impulso. Tendiamo a descriverla come manipolatrice o disturbata. Tra l’altro, non ci sono molti film o romanzi che si occupano di questo argomento. E’ quasi un tabù, probabilmente perché solitamente una madre non è ritenuta una persona capace di atti violenti; e quando decide di farsi giustizia da sola, come in questo caso, è vista come una cosa inusuale.
Diane è guidata solo dalla vendetta?
In un primo momento, Diane è convinta che farsi giustizia da sola sia l’unico modo per lei di accettare l’inaccettabile. Si trova però ad affrontare gradatamente l’umanità e la complessità della donna che si suppone abbia rovinato la sua vita, che a sua volta ha una vita, una figlia, dei sogni… finisce per essere toccata dalla figura di Marlène. La sua sete di vendetta diventa un ulteriore passo nel processo di dolore e comprensione, un istinto di sopravvivenza che permette a Diane di scoprire cose su se stessa e sul figlio perduto. Può trovare progressivamente un significato dove non c’è, iniziare il processo di accettazione del lutto e, infine, assumere una nuova prospettiva di vita. Per Mio Figlio ruota intorno all’evoluzione di Diane, dal suo desiderio di vendetta ad una sorta di riconciliazione con se stessa.
La ricerca della verità sembra essere di prioritaria importanza per Diane.
Cinematograficamente parlando, quando i personaggi sono alla ricerca della verità, finiscono per fronteggiare la propria vita, un lato gioioso o oscuro della propria personalità. Come regista mi affascina questo aspetto, perché è fonte di emozione e tensione. Oltre a questo, mi chiedo spesso cosa si possa arrivare a fare con la verità, una volta che l’abbiamo trovata: dobbiamo dirlo forte e chiaro? La menzogna, non è anch’essa parte della vita? Ho la sensazione che l’etica venga fuori proprio quando cominciamo a farci queste domande. E allo stesso modo la finzione…
Si ha la sensazione che Diane trovi la sua forza nella solitudine…
La ricerca di Diane è da intendere come un’ascesa. Lei ha bisogno di emanciparsi e liberarsi dai legami professionali o famigliari. E quando incontra qualcuno come Vincent, al quale lei non è indifferente, Diane tenta di smorzare un legame che potrebbe sviarla dalla propria missione. Confrontarsi con un’azione violenta porta ad una privazione e quindi ad una certa solitudine.