Arriva oggi al cinema un originale e commovente film francese che farà parlare di sé: La Famiglia Belier. Il regista Eric Lartigau ha portato sul grande schermo questa famiglia interpretata da Louane Emera, François Damiens e Karin Viard.
Nella famiglia Bélier, sono tutti sordi tranne Paula (Louane Emera), che ha 16 anni. Nella vita di tutti i giorni, Paula svolge il ruolo indispensabile di interprete dei suoi genitori, in particolare nella gestione della fattoria di famiglia. Un giorno, incoraggiata da professore di musica che ha scoperto che possiede un dono per il canto, decide di prepararsi per partecipare al concorso canoro di Radio France. Una scelta di vita che per lei comporterebbe l’allontanamento dalla sua famiglia e l’inevitabile passaggio verso l’età adulta.
Ecco qui sotto un estratto dell’intervista rilasciata dal regista, Eric Lartigau.
Che cosa l’ha spinta ad accettare la regia di questo film?
In realtà non è stata una decisione che ho preso a seguito di una riflessione o di una negoziazione. Sono rimasto profondamente toccato dalla storia. A posteriori potrei ragionare sui motivi per cui certi temi mi sono piaciuti e sulle ragioni che mi hanno portato a scegliere di fare questo film piuttosto che l’altro, ma la verità è che la mia scelta è stata del tutto impulsiva. Non c’è dubbio che la famiglia sia un soggetto universale che, peraltro, è stato trattato migliaia di volte nel cinema. Ma è un tema che mi piace e mi interessa, poiché è il luogo dell’epidermide, è il luogo dove nascono tutte le emozioni primarie, le sensazioni animali. Adoro esplorarlo. Le risate e le lacrime, l’ingiustizia provata da qualcuno confrontata con la verità sentita da qualcun altro. In quanto regista, mi piace non essere costretto a scegliere tra tutti questi modi di sentire. Amo la commedia tanto quanto la tragedia e adoro soprattutto mescolare i due estremi, come accade nella vita reale, quando da una situazione drammatica scaturisce una situazione divertente o assurda…
Che cosa l’ha interessata a titolo personale in questo racconto?
Innanzitutto il tema della partenza, della separazione vissuta come una lacerazione. È possibile lasciarsi con dolcezza? È possibile amarsi profondamente senza vivere in simbiosi? Come lasciare a ciascuno il suo spazio di libertà? Che ne è del nostro sguardo sull’altro quando cresce ed evolve? E il fatto di amarsi molto non vuol dire necessariamente che ci si ama bene. In una famiglia, che cosa aiuta a costruire, che cosa serve per andare avanti, che cosa ci fa soffocare? Dove posizionare il cursore in queste scelte? Anche il tema della paura, quella che ti impedisce di agire, quella che ti blocca… La fine dell’adolescenza è un momento cardine della vita. Guardare da lontano il mondo degli adulti nel quale si sta per essere catapultati senza rete può generare terrore. Persino il corpo non è ancora completamente formato. È un’età vibrante e vacillante che mi tocca molto. Raccontare i primi passi incerti di questa giovane ragazza il cui orizzonte si spalanca bruscamente mi ha appassionato. Il percorso di Paula, prima che trovi la sua strada e si assuma la responsabilità del destino che le si profila davanti, appartiene a ciascuno di noi. E sarà anche quello dei miei figli e dei miei nipoti. E poi trovare il proprio posto. Divenire se stessi. Bisogna per forza tradire un po’ i propri genitori, uccidere il padre, come si suole dire? Del resto, è bello uccidere un padre quando questi, all’improvviso, si rende conto che quest’atto di violenza di fatto altro non è che una rinascita. In quanto genitori, cerchiamo di accompagnare al meglio queste creature così «fragili».
Come ogni adolescente, Paula vuole condurre una vita diversa da quella dei suoi genitori e questo suscita tensioni e incomprensioni…
Non sappiamo se ha davvero voglia di condurre una vita diversa, non sappiamo neppure se si pone questa domanda. Segue un ritmo di vita già molto sostenuto fino al momento della rivelazione della sua voce… e della prospettiva che questo dono le offre. Il suo professore di musica le apre una porta, ma lei da sola, l’avrebbe scoperta e per giunta avrebbe scelto di varcarla? Subisce più che altro il desiderio dei genitori che vogliono che prosegua lungo la strada che loro le hanno tracciato. Questo è un aspetto interessante della storia: è come se la vita scegliesse per lei. Sarà all’altezza del suo «destino»? Sarà capace di cogliere la sua opportunità e di compiere la svolta che le si palesa nelle parole di Thomasson? Amo la vita quando ti scuote, ti sorprende e ti trascina lungo sentieri imprevisti e amo vedere Paula dibattersi e poi lasciarsi andare ed entrare dolcemente in quello che sarà il suo avvenire, molto diverso da quello che era scritto. Un incontro può essere decisivo nell’esistenza di ciascuno di noi. Louane è magnifica nel suo non-scegliere.
Il film si diverte a capovolgere il concetto di diversità: per la famiglia Belier la normalità è essere sordi…
Quello che mi divertiva in questa storia era spingere gli spettatori a chiedersi dove si possa situare la normalità. Sappiamo bene che è lo sguardo degli altri a determinare quello che è normale e quello che non lo è: abbiamo una grande capacità di imprigionarsi in un castello di idee preconcette e una certa propensione ad avventurarci su strade sbagliate. Lavorando a questo progetto, mi sono reso conto che i sordi non hanno lo stesso concetto del rapporto con gli altri degli udenti: sono estremamente diretti e se una cosa non gli sta bene non si fanno scrupoli girandoci attorno, ma al contratto vanno dritti al punto e, a volte, questo loro cogliere l’essenza può apparire volgare. Coloro che escludono al pari di coloro che sono esclusi hanno bisogno di affermare la loro appartenenza. L’istinto gregario riguarda ciascuno di noi, è un difetto che condividiamo tutti.
Abbiamo la sensazione che Paula sia incastrata in un ruolo a metà tra infanzia e età adulta. Giusto?
Sì, si comporta da adulta quando deve fare da tramite tra i suoi genitori e la società. E, grazie al cielo, è completamente adolescente nel suo rapporto con i ragazzi, con Gabriel che ammira, con le sue compagne di scuola, con la sua migliore amica Mathilde. Ma, oltre alle responsabilità e agli obblighi nei confronti dei genitori che gravano su di lei, sente anche il peso della diversità e della vergogna e, di conseguenza, ha bisogno di venire a patti e nasconde a molte persone che i suoi genitori non sono come gli altri. È paradossale, ma ho l’impressione che lo faccia perché nel fondo lei non vuole renderli diversi.
Possiamo dire che la scelta di Paula di dedicarsi alla musica viene vissuta come un tradimento da parte della sua famiglia?
Sì e anche come un’aggressione! Ma bisogna sottolineare l’ironia della vita: Paula avrebbe potuto avere un’inclinazione naturale per la danza, il calcolo o l’ebanisteria e invece la vita le offre il dono della voce. Che frustrazione per lei e per i suoi genitori il non poter condividere questa sua dote o che possa donare ad altri quello che non può dare ai suoi! È un’interdizione terribile. Ma non è colpa di nessuno…
Il contesto agricolo era importante in questa storia?
I sordi sono persone risolutamente tenaci, dotate di un’autentica determinazione: cercano sempre di cogliere gli aspetti essenziali delle cose. Per questo mi è piaciuta l’idea di collocare la famiglia Bélier nell’asprezza del contesto agricolo e mostrare la sua grande capacità di affrontare ogni situazione. Gli agricoltori operano nella catena alimentare che ci fornisce il nutrimento. Devono compiere scelte determinanti per i loro nuclei famigliari. Mi piaceva questo rapporto con la concretezza.
Cosa ci dice su Louane Emera, attrice esordiente con la lingua dei segni?
La lingua dei segni è ultra rapida, molto complessa e di una grande ricchezza. Il volto deve essere in accordo con il segno che si intende esprimere: a seconda dell’espressione facciale, il segno viene compreso in modo diverso. Ma poiché ogni persona è unica, ciascuno ha una propria gestualità che gli si confà. È un’avventura per un attore a cui vengono forniti strumenti diversi da quelli che ha a disposizione normalmente e attraverso i quali il corpo deve sostituire la voce. Per Louane Emera, si è trattato di un esercizio particolarmente complesso poiché il suo personaggio deve tradurre verbalmente quello che dicono i suoi genitori e al tempo stesso usare i segni, E parlare e «segnare» simultaneamente è molto complicato poiché la sintassi delle due lingue è molto diversa. Quindi Louane ha accettato di fare una scommessa straordinaria.