Da donna disperata, senza lavoro e con tre figli a carico, a eroina. Da donna mal giudicata per il modo di vestirsi (troppe scollature, troppe gonne troppo corte) a simbolo di giustizia per un’intera comunità. Lunedì 22 giugno è il 60° compleanno di Erin Brockovich, un nome e un cognome che sono diventati, vent’anni fa, il titolo del film diretto da Steven Soderbergh che racconta la sua storia. A vestire i suoi panni fu una straordinaria Julia Roberts che per quell’interpretazione venne premiata con il Premio Oscar come Miglior Attrice Protagonista.
Erin Brockovich – Forte Come La Verità
Tre figli, due ex mariti e niente soldi. Corre l’anno 1993 e la vita di Erin Brockovich (Julia Roberts) non va certo a gonfie vele. La donna si trova in un momento di difficoltà a causa di un incidente stradale di cui è rimasta vittima e per il quale il suo avvocato Ed Masry (Albert Finney) non riesce a farle avere un risarcimento. Senza denaro, lavoro, né prospettive, la donna implora il legale di darle un lavoro nel suo studio. Durante le ricerche per una pratica immobiliare, Erin scopre che la Pacific Gas and Electric Company ha contaminato con il cromo esavalente le falde acquifere di Hinkley, una cittadina californiana, provocando tumori ai residenti. È l’inizio di una coraggiosa battaglia che porterà a risarcimenti danni da record (333 milioni di dollari ai più di 600 residenti di Hinkley).
Erin, più forte dei pregiudizi
Appassionata attivista, oggi Erin Brockovich è presidente della Brockovich Research & Consulting, ed è attualmente coinvolta in numerosi progetti ambientali in tutto il mondo. Quando però ri-vediamo il film di Soderbergh, all’inizio della storia ci troviamo di fronte ad una donna bellissima (vittima di molti pregiudizi, uno su tutti, quello di essere poco intelligente e preparata) che viene travolta da un’auto (e dalla vita stessa che conduce). Durante il dibattimento per risarcimento danni, il giudice, di fatto, “la giudica”, superficialmente, nel senso più brutto del termine. La negazione della sua richiesta si accompagna infatti ad un giudizio morale sulla persona molto negativo (sostanzialmente, tutti pensano che sia alla ricerca di soldi, visto che non ha un reddito, ha già divorziato due volte e pertanto non sembra una madre esemplare per i suoi figli). Qualche capitolo dopo, una volta assunta nello studio legale, si scontrerà fortemente anche con le colleghe. Nessuno credeva in Erin, erano tutti concordi nel giudicarla secondo le apparenze.
Essere Erin
Quando un personaggio è reale, e quindi se ne racconta la storia vera, l’interpretazione dell’attore diviene ancora più difficile. Non era facile cogliere tutte le sfumature di Erin Brockovich. La sua perseveranza, il suo naturale fascino, la sua insicurezza, la sua forza, la sua intelligenza, la sua grinta, la sua caparbietà, la sua umanità. Oscar (meritato) a parte, Julia Roberts è stata davvero convincente perché, anche recitando, la luce dei suoi occhi era davvero la stessa di Erin. “È un ruolo fantastico da interpretare – raccontò all’epoca Julia Roberts – è un ruolo così completo, ci sono così tanti livelli diversi nel personaggio, il suo carattere, la sua fisicità. E tutte le situazioni in cui mi sono trovata comportandomi come lei. C’è molto lavoro in tutto questo, ero davvero appassionata alla sfida. Non volevo imitarla, volevo davvero vestire i suoi panni”.
Le parole di Erin Brockovich racconta…
Parlando della vicenda raccontata nel film, Erin Brockovich nel 2000 raccontava:
“Uno dei primi documenti che trovai fu della società incaricata dalla PG&E di scoprire cosa stesse succedendo in quella zona, e loro avevano concluso che il 90% del cromo era già stato rimosso attraverso l’uso agricolo e domestico. Ma i documenti dall’ufficio dell’acqua ancora mostravano un’eccessiva quantità di cromo nei loro monitoraggi. Non aveva nessun senso: cos’era successo a queste persone? Così ogni giorno portavo questi dati in ufficio a Ed Masry. L’ufficio mi lasciava semplicemente fare e credeva che avessi qualcosa. Stavo lavorando sodo, gli portavo continuamente informazioni. E stavo facendo infuriare tutti in ufficio. Ma andavo avanti per la mia strada. Molti degli interessati mi hanno detto: ‘sei diventata la nostra leader’. Ma io non potevo dirgli cosa fare. Potevo solo mostrargli i fatti e dirgli cosa provavo. Erano stati ingannati, come si può lasciar perdere? Non c’è verso, non puoi perdonarli. E dissi a quelle persone: non posso costringervi a far parte di questa causa. Quello che posso fare è informarvi”.
“Parlavo con alcuni di loro fino all’una di notte. E alle sette di sera ero di nuovo al telefono. Ascoltavo le loro pene, le loro sofferenze. E li aiutavo, in un certo senso, ero lì per loro, ho creduto in loro, ho creduto in ciò che ho trovato. Ho creduto in ciò che ho visto e credo che non puoi semplicemente voltare le spalle. E tutti loro, piano piano, iniziarono ad avvicinarsi e ad unirsi. Dissi loro che era impossibile stare fermi senza far niente. Non importa se si vinca o si perda, comunque vada a finire, dovevamo alzarci in piedi e farci sentire. Siamo noi che votiamo. Noi possiamo scegliere. Sia che vogliate esserne parte o non, non andatevene a mani vuote accettando che i vostri figli siano malati, che voi lo siate e che tutti pensano che siete pazzi. Ve lo sto dimostrando. Non lo siete. E non importa quale sia il risultato, l’importante è lottare”.
“Ero una madre disperata, appena in grado di nutrire i miei figli, che rubava le medicine per loro. Tutte cose molto dolorose. Dovevo sopravvivere ed ancora devo sopravvivere. Ma ho avuto la fortuna di trovare la gente di Hinkley, che adoro. Non volevano far del male a nessuno, volevano solo prendersi cura delle loro famiglie e vennero ingannati. Vedere le loro vite cambiare, vedere il Sig. Masry credere in me. Avere di nuovo stima di me stessa, di essere utile ancora, e vedere lo studio legale coinvolto ed i soldi messi in anticipo e gli esperti fatti intervenire, vedere tutto ciò…mi vengono i brividi. Vedere i loro volti dopo quello che avevano passato è stata una meravigliosa esperienza per noi e ha cambiato le loro vite. Credo che per tutti noi, la cosa più importante, e sono ancora molto vicina con alcuni di loro, non erano necessariamente i soldi vinti. Era il fatto che si sono uniti, e come un’unica entità sono riusciti a cambiare le cose per loro e i loro figli”.
“Questa vicenda per me si poteva sintetizzare così: più sporco di così non si può. E non c’è nessuna spiegazione né scusa per una società con così tanti soldi e potere e tecnologia nel voltare le spalle alla gente. Non ci sono scuse. E spero che questo sia un messaggio che venga veramente recepito, perché la gente sembra non pensarci fino a quando non accade a loro. Ma sta succedendo a tutti noi”.
Grazie ancora Erin, e tanti auguri.