Vent’anni fa se ne andava Il Poeta della musica italiana, Fabrizio De André. Oltre a citare doverosamente il recente Il Principe Libero, il film che racconta la vita di Faber (interpretato da Luca Marinelli) uscito un anno fa, oggi lo vogliamo ricordare attraverso un doppio documentario, Faber in Sardegna & L’Ultimo Concerto di Fabrizio De André (2015). Film dalla doppia anima, che unisce armoniosamente il racconto del complesso rapporto tra Fabrizio De André e un luogo speciale come l’Agnata e la Sardegna, con l’ultimo indimenticabile concerto del cantautore genovese, ripreso dal vivo al Teatro Brancaccio di Roma.
La prima delle due anime, Faber in Sardegna, scritto e diretto da Gianfranco Cabiddu, alterna passato e presente. Il passato evocato dalle rare immagini d’archivio, che lo ritraggono all’Agnata, fotografie e spezzoni di filmati familiari, testimonianze che raccontano un De André privato e intimo, mettendo in luce la vita di un uomo che, smessi i panni dell’artista conosciuto da tutti, indossa quelli dell’allevatore e del contadino.
Un’ansa di racconto, che toccherà un aspetto della storia della Sardegna negli anni ‘70, quando grandi cambiamenti socio-economici coinvolgono l’intera popolazione sarda. Tra le interviste, varie personalità della cultura – tra cui Renzo Piano – e della musica e molti amici sardi del cantautore.
Il presente che va oltre il tempo concentrandosi sulla sua musica, suonata oggi dai tanti musicisti che ogni anno all’Agnata danno vita a concerti unplugged. Nel film, molti sono i musicisti ripresi dal vivo, durante i vari concerti all’Agnata organizzati dal Festival Time in Jazz in collaborazione con la Fondazione De André (dal 2005 al 2011), e che rendono omaggio al cantautore.
Tra questi, insieme a Cristiano De André, ci sono Morgan (autore di una commovente versione di Canzone dell’Amore Perduto al pianoforte), così come Paolo Fresu, Danilo Rea, Gianmaria Testa, Lella Costa, Maria Pia De Vito, e Rita Marcotulli.
L’autore del documentario, Gianfranco Cabiddu, spiega che la storia che ha voluto raccontare parla di De André “ma se ne discosta continuamente per parlare di “quello che rimane vivo” di De André, in un posto poetico come l’Agnata, nella musica, nelle parole della gente che lo ha incontrato, per poco o molto, per l’arte della musica, o che semplicemente l’ha accompagnato nel quotidiano lavoro dell’azienda agricola, della vita trascorsa in questo angolo di mondo”.
Un documentario “dall’interno” che per il regista nasce dall’esigenza di raccontare “il complesso rapporto, ad oggi solo sfiorato o talvolta trasfigurato in folklore, tra De André e un luogo speciale come l’Agnata e la Gallura. La Sardegna, con i suoi suoni, le musiche, la sua lingua, tutti temi contenuti nella “ricerca del mediterraneo”, che fanno da anima allo straordinario percorso artistico del cantautore genovese. Sarà come srotolare un filo rosso sottile, pieno d’amore, di gratitudine e di rimandi, che lega così indissolubilmente la figura di Fabrizio De André a questa terra”.
Il film sfocia, attraverso la vita di Faber, ne L’Ultimo Concerto di Fabrizio De André, ultima performance dal vivo interamente ripresa dalle telecamere al Teatro Brancaccio di Roma, nel febbraio 1998, meno di un anno prima della sua scomparsa. Il concerto rievoca quell’atmosfera senza tempo e così speciale a cui solo Faber sapeva dar vita.
Brani celebri come Crêusa de mä, Dolcenera, Khorakhané, A Cumba, Anime Salve, Il testamento di Tito, Tre Madri, Via del Campo e Il Pescatore vengono introdotti da un De André emozionato di fronte al pubblico entusiasta e, allo stesso tempo, estasiato nell’ascoltare i suoi pensieri tradotti in parole e musica. Sul palco, accompagnano il cantautore alcuni straordinari musicisti, fra i quali i suoi figli: Cristiano, alla sua destra, incanta il pubblico con il violino, e Luvi, tra le voci femminili, interpreta soavemente la poesia in lingua Rom al termine di Khorakhané.
Un concerto indimenticabile, rimasto nel cuore di appassionati e fan. Un ricordo meraviglioso per chi era presente e vuole rivivere quelle emozioni, così come una straordinaria eredità per tutte le nuove generazioni, desiderose di conoscere meglio, come l’ha definito Fernanda Pivano, “il più grande poeta che l’Italia ha avuto negli ultimi 50 anni“.
“Mi sento più contadino che musicista. Questo è il mio porto, il mio punto d’arrivo. Qui voglio vivere, diventare vecchio”.
Fabrizio De André