Il 21, 22 (ore 20.30) e 23 febbraio (ore 16.30), al Teatro Fraschini di Pavia andrà in scena Don Chisciotte, lo spettacolo diretto da Alessio Boni, Roberto Aldorasi e Marcello Prayer basato sull’adattamento di Francesco Niccolini che si è a sua volta liberamente ispirato al celeberrimo romanzo di Miguel de Cervantes Saavedra. Protagonisti in scena sono gli stessi Alessio Boni e Marcello Prayer con Serra Yilmaz, Francesco Meoni, Pietro Faiella, Liliana Massari, Elena Nico, e, ovviamente, Ronzinante (il cavallo di Don Chisciotte), “animato” da Nicolò Diana.
Lo spettacolo
Chi è pazzo? Chi è normale? Forse chi vive nella sua lucida follia riesce ancora a compiere atti eroici. Di più: forse ci vuole una qualche forma di follia, ancor più che il coraggio, per compiere atti eroici. La lucida follia è quella che ti permette di sospendere, per un eterno istante, il senso del limite: quel “so che dobbiamo morire” che spoglia di senso il quotidiano umano, ma che solo ci rende umani. Rimanere sospesi, non travolti dalla voracità del mondo. Don Chisciotte nel suo girovagare combatte contro un sistema che non lascia spazio all’immaginazione e annichilisce le aspirazioni, e lo fa nella leggerezza del sogno, della poesia e della grande letteratura. Al galoppo di un indimenticabile, strepitoso Ronzinante, Alessio Boni è un Don Chisciotte gigante e Serra Yilmaz, ipnotica e comicissima, dà voce e corpo al fedele Sancho Panza.
Alessio Boni racconta…
“L’animale non sa che dovrà morire: in ogni istante è o vita o morte. L’uomo lo sa ed è, in ogni istante, vita e morte insieme. Emblematico in questo è Amleto, coevo di Don Chisciotte, che si chiede: chi vorrebbe faticare, soffrire, lavorare indegnamente, assistere all’insolenza dei potenti, alle premiazioni degli indegni sui meritevoli, se tanto la fine è morire? Don Chisciotte va oltre: trascende questa consapevolezza e combatte per un ideale etico, eroico. Un ideale che arricchisce di valore ogni gesto quotidiano. E che, involontariamente, l’ha reso immortale“.
“È forse folle tutto ciò? È meglio vivere a testa bassa, inseriti in un contesto che ci precede e ci forma, in una rete di regole pre-determinate che, a loro volta, ci determinano? Gli uomini che, nel corso dei secoli, hanno osato svincolarsi da questa rete – avvalendosi del sogno, della fantasia, dell’immaginazione – sono stati spesso considerati “pazzi”. Salvo poi venir riabilitati dalla Storia stessa. Dopotutto, sono proprio coloro che sono folli abbastanza da credere nella loro visione del mondo, da andare controcorrente, da ribaltare il tavolo, che meritano di essere ricordati in eterno: tra gli altri, Galileo, Leonardo, Mozart, Che Guevara, Mandela, Madre Teresa, Steve Jobs e, perché no, Don Chisciotte“.
“E io dico che Don Chisciotte e Sancho vennero al mondo affinché Cervantes potesse narrare la loro storia e io spiegarla e commentarla, o meglio, affinché Cervantes la raccontasse e la spiegasse e io la commentassi. Può raccontare, spiegare e commentare la tua vita, mio caro Don Chisciotte, soltanto chi è stato contagiato dalla tua stessa follia di non morire. Allora, intercedi in mio favore, o mio signore e padrone, affinché la tua Dulcinea del Toboso, ormai disincantata dalle frustate di Sancho, mi conduca mano nella mano all’immortalità del nome e della fama. E se la vita è sogno, lasciami sognare per sempre!”.
Miguel de Unamuno, Vita di Don Chisciotte e Sancho
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