In occasione delle iniziative per la Giornata della Memoria, al Teatro Argentina di Roma sabato 28 gennaio va in scena Tante Facce Nella Memoria, voci e storie di donne che vissero l’eccidio delle Fosse Ardeatine nello spettacolo diretto da Francesca Comencini, su testi di Alessandro Portelli, un oratorio sulla memoria della terribile tragedia che segnò ferocemente Roma nel corso del secondo conflitto mondiale. A raccontare le sei storie di donne partigiane e non che nel ‘44 vissero l’eccidio delle Fosse Ardeatine, feroce rappresaglia dopo il tragico attentato di via Rasella del 23 marzo 1944, sono Mia Benedetta, Bianca Nappi, Carlotta Natoli, Lunetta Savino, Simonetta Solder e Chiara Tomarelli.
Il Teatro è anche il luogo delle presenze che furono, della memoria del passato. Anche quando è un passato tragico e carico di orrore. La memoria di chi resta è più forte di ogni lapide, resoconto storico, ricostruzione a posteriori. Da questa riflessione nasce l’urgenza di portare in scena, e consegnare all’ascolto, le testimonianze dirette di sei donne che hanno attraversato il cruento eccidio delle Fosse Ardeatine: parenti delle vittime, partigiane, testimoni, come eroine riconosciute della Resistenza o anonime cittadine romane capitate quasi loro malgrado nella grande macchina della Storia.
Grazie alle interviste fatte da Alessandro Portelli con il suo lavoro di ricostruzione, lo spettacolo dà voce alle storie di queste donne in un flusso dove le diverse voci si alterano, costruendo un’unica grande memoria storica. Una memoria al femminile narrata attraverso un percorso emotivo fatto di ricordi, intimità, piccoli gesti che hanno determinato la loro resistenza e perseveranza per raccontare una Roma diversa, che oggi non può che apparirci silenziosamente eroica. Le voci di queste donne, le loro testimonianze, la loro storia che si ricongiunge e si intreccia con la parte di una storia d’Italia e di Roma, diventano profondamente significative per la costruzione di ciò che siamo adesso.
Mia Benedetta e Francesca Comencini hanno costruito una drammaturgia che ci restituisce la testimonianza di queste donne che hanno attraversato come protagoniste femminili il terribile eccidio: la lucidità di Marisa Musu, il coraggio di Carla Capponi, la veridicità popolare di una Ada Pignotti, così come l’intelligenza popolare di Gabriella Polli la passione della Simoni e della Ottobrini, ricostruiscono nei dettagli e attraverso il proprio personale intimo sguardo, un periodo storico tragico e un eccidio tra i più degenerati della storia moderna.
L’urgenza artistica del progetto è quindi la memoria. Il non dimenticare quanto le donne hanno fatto per Roma e per l’Italia in tempi così difficili e non così remoti. Una memoria orale, non solo letteraria, ma carnale, emotiva, sensitiva, che possa continuare a vivere e possa essere conosciuta e divulgata. Come spiega Francesca Comencini: “le voci, raccolte da Portelli, spesso inedite, di donne protagoniste a vario titolo, da eroine riconosciute della Resistenza a anonime cittadine romane capitate quasi loro malgrado nella grande macchina della Storia, meritavano un ampio e nuovo ascolto. Sono, doppiamente, l’altra faccia della storia: perché storia orale, e perché storia orale al femminile”.
La regista ha costruito lo spettacolo come un film: “ho stabilito nessi logici ma anche emotivi, un racconto a sei voci che si susseguono e rintracciano, ognuna a modo suo, le tragiche ore che hanno preceduto l’eccidio delle Fosse Ardeatine, i giorni angosciosi che lo seguirono, giorni di ricerca dei quei trecentotrentacinque uomini che sembravano scomparsi nel nulla, i silenziosi anni dopo la notizia dell’eccidio. Anni in cui, con un macigno sul cuore, queste donne si sono risollevate, hanno ricominciato a vivere, a raccogliere i cocci”. Francesca Comencini si chiede infine se il suo si possa chiamare teatro: “il teatro è per me un luogo troppo sacro per avventurarmici davvero. Lo prendo in prestito, per una volta, per dare gambe a parole che secondo me devono continuare a camminare, anzi, correre, dentro la memoria e la vita di tutte e tutti noi”.