Presentato alla 14. Festa del Cinema di Roma, solo dal 28 al 30 ottobre al cinema arriva Pavarotti – Genio Per Sempre, il documentario diretto da Ron Howard che racconta la vita dell’indimenticabile Luciano Pavarotti, uomo eccezionale e gigante della musica. Il film contiene rare interviste a familiari e colleghi, materiale video inedito e un avanzatissimo audio Dolby Atmos.
ll documentario
Pavarotti è un racconto approfondito che non tralascia nulla della vita, della carriera e del lascito ininterrotto di questa icona musicale. Soprannominato “il tenore del popolo“, Pavarotti rappresentava una rara combinazione di personalità, genio e celebrità e utilizzava le sue doti prodigiose per diffondere l’opera come spettacolo capace di essere apprezzato da tutti gli amanti della musica. Grazie alla forza del suo talento, Pavarotti ha dominato i più importanti palchi del mondo, conquistando il cuore del pubblico. Come di lui disse Bono, frontman degli U2, “alcuni sanno cantare l’opera. Luciano Pavarotti era un’opera”.
Luciano Pavarotti aveva una delle voci più spettacolari e uno dei cuori più espressivi della storia umana. La sua filantropia e solidarietà nei confronti dei più deboli e in difficoltà (chi si dimentica concerti mondiali di Pavarotti & Friends?) viene ricordata con sincera gratitudine. Nel documentario, Ron Howard ce lo mostra come mai prima d’ora: in un primo piano di incantevole intimità, scavando in profondità, al di là della gloria della sua musica e della forza del suo carisma, per metterne in luce le battaglie nella vita privata, il suo senso dell’umorismo e le sue speranze. Rimandando ai temi universali che hanno mantenuto viva l’opera per tutto il XXI secolo – amore, passione, gioia, famiglia, perdita, rischio, bellezza – il film tesse il racconto di un uomo che scopre, si confronta e finisce per imparare a domare l’enormità monumentale delle proprie doti. La voce dalle tonalità preziose di Pavarotti parla da sé. Ma in questo lavoro Ron Howard ha voluto rivelare l’uomo, imbattendosi incessantemente in un affascinante essere umano fatto di contrasti — che combina una leggerezza infantile a un’anima profonda, una forte lealtà nei confronti dell’educazione contadina e quell’enigmatico non so che grazie a cui solo alcuni raggiungono i confini di quanto umanamente possibile.
Accorciare le distanze
Pavarotti – Genio Per Sempre è il terzo di una serie di documentari che Howard ha diretto, esplorando grandi stelle della musica — sulla scia del pluripremiato The Beatles: Eight Days a Week – The Touring Years e Made In America, che ha percorso, unico nel suo genere, il backstage del festival musicale di Jay-Z. La più grande stella dell’opera del mondo moderno potrebbe sembrare un soggetto meno consono per il regista vincitore di Oscar. Certo, Howard aveva brevemente incontrato Pavarotti molto tempo prima e ne era rimasto affascinato. Chi non sarebbe attratto da un vulcano creativo che si è ritagliato un posto unico nella storia come la “rock star” dei cantanti lirici, un gigante che ha ridotto le distanze tra cultura artistica “alta” e cultura popolare, come se i confini tra le due fossero pura illusione? Su questo aspetto, il regista ha spiegato che Pavarotti “voleva riportare l’opera a quelle radici, ma nel mondo moderno. Luciano era estremamente orgoglioso dei suoi successi e capiva di avere un potere incredibile, ma questo si accompagnava alla sua umiltà nei confronti della musica e della possibilità che gli offriva di raggiungere persone di ogni estrazione sociale”.
L’impatto del successo
Howard non era esattamente un esperto di opera lirica. Ad averlo colpito è stata soprattutto la storia di un uomo di provincia che, balzato fulmineamente al culmine della celebrità, ha cercato di trovare il modo per portare con sé anche tutte le sue emozioni, le ansie, i sogni e l’amore verso gli altri. Forse l’origine della sua magica voce resterà per sempre un mistero, ma ciò che attira l’attenzione di Howard è il modo in cui Pavarotti ha imparato a farne uso: “più ne sapevo, più arrivavo a vedere Pavarotti come qualcuno che ha saputo dimostrare di poter vivere la vita con passione e con totale dedizione verso ciò che si ama – spiega Ron Howard – inizialmente ero completamente assorbito dalla portata del suo viaggio, questa carriera straordinaria, sempre ai massimi livelli, il successo su tutti fronti. Ma osservando la sua vita più da vicino, ho visto anche che ha dovuto sostenere l’impatto causato dai tanti rischi artistici presi. Non mi aspettavo quel risvolto drammatico, che me l’ha fatto sentire estremamente umano”.
In 3 Atti
Mentre si destreggiava tra materiale video raro, gli spettacoli più prestigiosi, le interviste di archivio e decine di nuove interviste, Ron Howard ha individuato una tensione nell’uomo-Pavarotti. Da un lato c’era questo personaggio spontaneo e spensierato che apprezzava il bello della vita con vivace umiltà. Dall’altro, però, c’era un uomo che lottava contro le complessità causate dalla sua enorme notorietà, da aspettative alle stelle e relazioni turbolente – il tutto accentuato dal suo crescente senso di responsabilità, che lo spingeva a trovare una maniera per utilizzare la sua voce e il suo potere per scopi più gratificanti e duraturi della semplice fama. Il tutto aveva un carattere così tipico dell’opera lirica, che Howard ha escogitato l’idea di strutturare l’intero film come un’opera in 3 atti. Dopo tutto, cos’altro poteva essere la vita di Pavarotti? Questo concetto ha dato forma all’intero progetto.
Raggiungere più persone possibili
Howard ha così considerato il film come un’opera drammatica punteggiata da arie appassionate, sottolineando il contrasto tra uno spettacolo straordinario e i puri elementi umani del quotidiano: “ho visto il film come un’opportunità per esplorare la vita di Pavarotti attraverso del materiale video inedito e interviste confidenziali sia con lui, che con gli amici e i familiari più vicini – racconta il regista – ma ho anche capito che uno degli obiettivi più ambiziosi di Pavarotti era di ampliare la portata della sua arte, per fare innamorare dell’opera il maggior numero di persone possibile. A ogni occasione si faceva in quattro, che fosse insegnando o viaggiando nel cuore dell’America o della Cina, per mostrare alla gente il potere dell’opera. Perciò personalmente spero che il nostro documentario possa contribuire a portare avanti quel lavoro. Pavarotti voleva portare la bellezza della musica a quante più persone possibili nel mondo”.
Cuore e profondità emotiva
Ma dove ha avuto origine questa incredibile abilità artistica? Ron Howard ha provato a rispondere: “non ha solo a che fare con la sua voce straordinaria. Deve per forza venire dal cuore – è il solo modo in cui è possibile dar forma a delle interpretazioni così vere da riecheggiare in eterno. Perciò volevo sapere tutto quanto possibile in merito a come Pavarotti coltivasse tutto questo e come gestisse il prezzo personale di essere diventato un artista celebre”. Man mano che guardava ore e ore dei concerti più elettrizzanti di Pavarotti, Howard era sorpreso dalla profondità emotiva che il cantante riusciva a raggiungere — profondità che aveva visto prima solo nei grandi attori: “ero semplicemente impressionato da ciò che gli occhi di Pavarotti comunicavano durante le sue interpretazioni – conclude il regista- come una sorta di attore del metodo Acting che tira fuori emozione profonde a partire da un dolore personale con cui entra in connessione. Non importa chi tu sia, la purezza che trasmette ti emoziona per forza”.
“Luciano amava così tanto la musica. E amava così tanto la gente”.
Ron Howard