Vlad Ivanov e Catrinel Marlon sono i protagonisti de La Gomera – L’Isola Dei Fischi, la pellicola, tra noir e drammatico, diretta da Corneliu Porumboiu che arriverà nelle nostre sale da giovedì 27 febbraio.
Il film
Cristi (Vlad Ivanov) è un ispettore della polizia di Bucarest che ama giocare da entrambe le parti della legge. Un’irresistibile femme fatale, Gilda (Catrinel Marlon), lo coinvolge in un colpo multimilionario, ma presto i due si troveranno a dover risolvere un puzzle di imprevedibili inganni e tradimenti. L’unica speranza per portare a termine il colpo è immergersi nella bellezza mozzafiato dell’isola de La Gomera, dove impareranno a comunicare con una lingua segreta basata sui fischi.
Corneliu Porumboiu
Riportiamo di seguito un estratto dell’intervista rilasciata dal regista Corneliu Porumboiu.
Da dov’è nata l’idea per il film?
10 anni fa vidi un servizio sulla lingua dei fischi, El Silbo, “parlata” sull’isola de La Gomera. Avevo appena terminato il mio film Police, Adjective, anch’esso sul linguaggio, utilizzato a fini politici, e rimasi colpito dall’idea di usare i fischi come elemento per una ricerca simile.
Questo è un film più visionario, immaginifico, sembra meno strettamente ancorato alla realtà rispetto ai suoi film precedenti. Da dove nasce questo nuovo indirizzo del suo cinema?
Questo film è molto diverso dagli altri, ma non era una cosa che avevo premeditato. Lo stile narrativo ed estetico è una conseguenza della storia di una lingua segreta utilizzata per scopi criminali.
Cosa voleva trasmettere attraverso la storia di un poliziotto corrotto dalla doppia identità?
All’interno del contesto di un’investigazione molto ambigua, racconto la storia di un poliziotto disilluso, Cristi, che si reca sull’isola de La Gomera per incontrare una donna, una femme fatale, e imparare la lingua dei fischi. Ma tutto si complica e niente va secondo i piani. Il poliziotto intraprende un viaggio iniziatico, un’avventura a scatole cinesi ricchissima di colpi di scena.
Cristi, il poliziotto di La Gomera è più cinico, disilluso. Come definirebbe questo personaggio enigmatico?
Cristi non crede più nella propria vocazione. Inizia a lavorare per la mafia e a guadagnare con il traffico di droga. Non crede più in niente, nella sua vita professionale, nella sua vita privata, e cerca di fuggire da tutto questo recandosi sull’isola de La Gomera. In quanto poliziotto, è parte di una struttura di potere e crede di avere il controllo sulla propria vita, ma molto presto viene travolto da una tempesta di eventi che sfuggono al suo controllo.
È un film molto dark. È anche una riflessione sulle relazioni umane nella società di oggi?
Sì. Nel mio primo film 12:08 a Est di Bucartest, i personaggi parlavano molto, si fermavano a ponderare le cose, cercando di delineare la rivoluzione che potesse scuotere il potere fino ad allora inattaccabile. In questo nuovo film, i personaggi sono immersi in un mondo dalle scelte violente, dove ognuno vuole imporre agli altri il proprio modo di vedere: è un gioco di potere perpetuo. In un mondo dove tutto deve essere negoziato, una comunicazione genuina funziona meglio (per coloro che lo sanno utilizzare) attraverso un linguaggio segreto che sfugge alla tensione dei rapporti umani, e che riesce a preservare la sincerità. Questa lingua diventa fondamentale per Cristi, tanto che finisce per utilizzarla non solo per la missione criminale, ma anche per la sua vita personale.
Qual è il suo rapporto con la realtà, visto che nel film l’artificio regna sovrano e tutti interpretano un ruolo?
Tutto è connesso: i personaggi giocano con i loro ruoli e io gioco con i codici del linguaggio e dei generi cinematografici. Le citazioni che ho inserito sono coerenti con questo concetto. Tutti i personaggi giocano con il ruolo a seconda di chi hanno davanti. Solo la madre di Cristi mantiene una forma di sincerità e realismo.
Come ha concepito lo stile così elaborato del film?
Il direttore della fotografia Tudor Mircea e io abbiamo fatto riferimento all’estetica di Edward Hopper, Alfred Hitchcock, e ai classici del noir. Con Arantxa – la direttrice artistica, che è anche mia moglie – abbiamo deciso di attribuire ai vari capitoli i colori dell’arcobaleno, con ogni capitolo nominato in base a un personaggio che svolge un ruolo importante nell’evoluzione di Cristi. Abbiamo cercato di perseguire un’estetica astratta, distaccata, per enfatizzare l’idea di artificio e di gioco delle parti che caratterizza ogni personaggio.
La scena di apertura, l’arrivo quasi trionfale sull’isola de La Gomera, getta le basi per il film: Cristi crede di essere giunto in Paradiso, ma presto scopre di essere spiato e sotto sorveglianza. È di fatto imprigionato sotto gli sguardi degli altri. Ha voluto mostrare come l’essere costantemente monitorati e controllati riduce la nostra libertà? Cosa dice il film sulle modalità di comunicazione del nostro tempo?
Volevo mostrare come in una società sempre più tenuta sotto controllo, in cui ognuno è costretto nel proprio ruolo, una forma di comunicazione ancestrale può rappresentare una via di fuga; fuga dal controllo e dalle relazioni di potere che determinano le azioni di ciascun personaggio.