Pronunciare il nome di Sean Connery equivale a evocare istantaneamente tre immagini: 007, belle donne e la Scozia. Ruoli leggendari che hanno impresso il suo fascino nell’immaginario cinematografico collettivo, non solo nei panni del più celebre agente segreto. Questa è la forza dei più grandi di sempre: quello di lasciare la vita terrena (oggi, a poco più di due mesi dal suo 90° compleanno) per diventare un mito eterno.
Una carriera dai mille ruoli
Thomas Sean Connery nasce nel 1930, figlio di un camionista e di una domestica, in una Edimburgo nel pieno di disoccupazione, povertà e fuga dalle campagne per una vita migliore in città. Da piccolo si rimbocca le maniche consegnando il latte, facendo il macellaio e lavorando nelle miniere di carbone, disposto a tutto per aiutare economicamente la sua famiglia. A 16 anni si arruola nella Royal Navy e al rientro scopre i mondo dell teatro. Attraverso la moda di allora del body building, si reca a Londra per partecipare al concorso di Mister Universo. Qui ha l’occasione di entrare in contatto con le prime produzioni cinematografiche, ma arriva anche ad un passo da entrare in una squadra di calcio professionistica. Vi rinuncerà poiché capisce che la carriera di un calciatore finisce sui trent’anni, e lui ne ha già ventitré, per cui sceglie di diventare attore a tutti gli effetti. “La mia decisione più intelligente“, dirà in seguito.
Dopo il successo globale delle pellicole di Bond, avrà occasione di lavorare con i migliori registi, da Sydey Lumet a Steven Spielberg, da John Huston ad Alfred Hitchcock, in una moltitudine di ruoli. Militare ne Il Giorno Più Lungo (1962), Quell’Ultimo Ponte (1997) e Caccia a Ottobre Rosso (1990), sovrano ne Il Vento E Il Leone (1975) e Il Primo Cavaliere (1996), ancora poliziotto o agente segreto ne Il Presidio (1988), La Casa Russia (1990) e The Rock (1996), ma anche criminale in Rapina Record a New York (1977), La Prima Grande Rapina Al Treno (1979) e nella commedia Sono Affari Di Famiglia (1988). Decine di film, ma sorprendentemente vari nello stile e nella caratterizzazione, talvolta molto eccentrici e in ogni caso decisamente unici. Personaggi del calibro della divinità in perizoma di Zardoz (1974), il monaco Guglielmo da Baskerville ne Il Nome Della Rosa (1986), un maestro di spada spagnolo immortale in Higlander (1988) e addirittura il padre di Indiana Jones ne L’Ultima Crociata (1989). Ma il rincoscimento definitivo arriva nel 1988, premio Oscar per il suo poliziotto Jimmy Malone ne Gli Intoccabili di Brian DePalma.
La bondmania
Negli anni ’60 i romanzi di Ian Fleming sono pronti a sbarcare sul grande schermo. I produttori Broccoli e Saltzman hanno in mente interpreti raffinati del calibro di Cary Grant o David Niven, ma la performance di Connery nel film Disney Darby O’Gill e Il Re Dei Folletti li convince a optare per lui, con il regista Terence Young che si occupa di aggiungere quel tocco di eleganza e stile che a Connery sembrava mancare, trasformandolo nell’archetipo del James Bond che ormai conosciamo. Con Licenza Di Uccidere nasce la Bond-mania, una serie di pellicole che sbancano ai botteghini, gettano le basi delle storie di spionaggio che mixano azione e umorismo, location spettacolari e gadget tecnologici avveniristici, ma soprattutto fanno presa sul pubblico e lanciano questo personaggio tra le icone del cinema moderno.
Ma a un certo punto Connery abbandona la maschera di 007 perché capisce che il franchise si sta legando maggiormente alla spettacolarità, ai gadget e ad un tono eccessivamente fumettoso. Perché il suo Bond non è solo questo, è un personaggio forte, ricco di stile, deciso e anche umoristico, ma soprattutto umano, cosa che ribadirà anche nel suo Mai Dire Mai, dove lo ritroviamo più vecchio ma ugualmente magnetico. Da una parte ha saputo smarcarsi da questo immaginario, potendo così indossare altre vesti lontane dall’agente britannico, alternando generi, ruoli e interpretazioni diventate altrettanto iconiche. Dall’altra, l’immagine di 007 resterà per sempre legata a lui e ancora oggi, ad esempio in un sondaggio realizzato pochi giorni fa dal Guardian, hanno decretato che Connery è ancora il miglior Bond, nonostante interpreti altrettanto validi come Roger Moore, affascinanti come Pierce Brosnan o contemporanei come Daniel Craig. Niente da fare, Bond è Connery, e Connery è Bond. Ma anche altro.
L’uomo più sexy del mondo
Alec Baldwin lo ha definito “l’uomo più bello inquadrato da una macchina da presa“, e non importa a quale momento storico si riferisse. Sin dagli anni ’50 Connery è sempre stato considerato un oggetto del desiderio da parte del pubblico femminile, un fascino “macho” che è durato in ogni decennio, a partire dal suo sguardo ammaliatore. Un giovane modello dalle caratteristiche sopracciglia, e più avanti una curata barba quasi bianca: nulla ha mai fermato il suo magnetismo e si parla di più di trenta conquiste tra le donne più belle di allora, da Lana Turner a Shelley Winters. Poi il primo matrimonio con l’attrice Diane Cilento, e in seguito quello con l’attuale compagna la pittrice Micheline Roquebrune. In un libro di memorie della Cilento e in alcune sue interviste, si racconta però l’estrema avarizia di Connery – pare si facesse pagare gli autografi – e la sua inclinazione alla violenza sulle donne. Tendenza dimostrata da un’intervista di parecchi anni fa dove Connery stesso sosteneva che “picchiare le donne non sia la cosa più crudele, rispetto ad una violenza psicologica, anche se talvolta, le donne tirano le corda e se le cercano“.
Nonostante una privacy notevole, ecco insomma qualche ombra sulla sua persona, chiaramente lontana dalle figure comparse su schermo, dai modi sempre impeccabili e incantevoli. In Entrapment (1996) la sua partner è Catherine Zeta Jones, più giovane di lui di 39 anni, ma la cosa passa tranquillamente nel flusso della sospensione dell’incredulità, mentre in The Rock il suo personaggio riemerge dal carcere irriconoscibile e trasandato, ma una doccia e una sbarbata ci restituisce un uomo ancora indiscutibilmente attraente. Non è un caso se negli ultimi tempi è stato definito il “pensionato più sexy del mondo“.
L’ardore per la patria
Il successo lo ha portato molto lontano dalla Scozia, ma Connery è sempre stato legato alla sua terra natia, anche la punto di vista sociale e politico. La sua casa di produzione, Fountainbridge Films, deve il nome alla via di Edimburgo dove è nato. Ha donato gli incassi di Una Cascata Di Diamanti alla Scottish International Education Trust – associazione di supporto ai bambini poveri scozzesi – e, come regista, ha girato il documentario sul proletariato nelle fabbriche scozzesi The Bowler And The Bunnet, il cui titolo rimanda al cappello dei bussinessman, il Bowler, e a quello degli operai, il Bunnet appunto. Nel 2000 ha ricevuto il titolo di Baronetto dalla regina Elisabetta, presentandosi alla cerimonia nel tradizionale Kilt, ma al contempo si è sempre esposto per la causa scozzese, scendendo in campo per sostenere il referendum indipendentista del 2014 e supportando finanziariamente l’SNP, il partito nazionale scozzese. Nel periodo in Marina si era tatuato uno “Scotland Forever“, davvero il simbolo del suo impegno.
La leggenda di un uomo straordinario
Sono oltre dieci anni che Connery ha smesso di recitare. Dopo il flop de La Leggenda Degli Uomini Straordinari (2003) c’è stata qualche attività di doppiaggio, un’autobiografia (Being a Scot) e, qui in Italia, la retrospettiva alla prima edizione del festival del cinema di Roma, con una splendida monografia curata da Mario Sesti che ne ripercorre stile e carriera.
Da allora solo qualche apparizione ad importanti match di tennis o qualche scatto rubato durante le sue passeggiate, accompagnato da un assistente per gli anziani. Ma l’affascinante sguardo dell’ex-007 sarà sempre lì, scolpito nella nostra mente, inalterato e inalterabile. Un cocktail in una mano e la storica pistola Walter PPK nell’altra. Che esclama con il suo tono deciso Il mio nome è Connery, Sean Connery.
Enrico Banfo