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Il Dottor Stranamore di Stanley Kubrick torna al cinema restaurato

Il 3 e il 4 febbraio la Cineteca di Bologna, nell’ambito del progetto Il Cinema Ritrovato, porterà in sala la versione restaurata in 4k de Il Dottor Stranamore – Ovvero: Come Ho Imparato A Non Preoccuparmi E Ad Amare La Bomba, la pellicola prodotta, diretta e sceneggiata dal geniale Stanley Kubrick che si è liberamente ispirato al romanzo Red Alert (1958) di Peter George. Il film, interpretato in ben tre ruoli diversi da un grande Peter Sellers, è il secondo esempio del cinema antibellico di Kubrick, dopo Orizzonti di Gloria (1957) e prima di Full Metal Jacket (1987).

Il film

In preda a crisi paranoiche, il Generale Ripper (Sterling Hayden), comandante di una base aerea nucleare americana, è intimamente convinto che i Russi stiano portando avanti una sottile e progressiva offensiva contro gli Stati Uniti, mediante l’avvelenamento dell’acqua potabile. In un eccesso di follia e tentando di liberarsi dal suo aiutante, il capitano inglese Mandrake (Peter Sellers), Ripper lancia contro Mosca una squadriglia di bombardieri nucleari. Venuto a sapere del pericolo al Consiglio di Stato Maggiore, il Presidente (Peter Sellers) dà l’ordine di impadronirsi della base aerea e di impiegare tutte le forze per tentare di far tornare indietro i bombardieri che velocemente si stanno dirigendo verso Mosca. Tutte le iniziative dei militari si dimostrano vane perchè i piloti dei bombardieri, una volta ricevuto l’ordine di attaccare, possono fermarsi solo se ricevono determinate istruzioni in codice, un segreto che è conosciuto solo dal Generale Ripper, che però è mancato durante la fenomenale azione di attacco dei paracadutisti inviati dallo Stato Maggiore per impadronirsi della base.

L’intervento di un saggio esperto nucleare di origini tedesche, il Dottor Stranamore (Peter Sellers), fa comprendere a tutti l’imminente pericolo che sta correndo il mondo intero nel caso che si attivi una rappresaglia russa. Nel frattempo, il Presidente americano si mette in contatto con il capo sovietico, e i due, tra scuse e complimenti, decidono di collaborare per il bene di tutti. Vengono forniti ai russi tutti i dati delle rotte dei bombardieri in modo che possano localizzare tutta la squadriglia e abbatterla. Uno degli aerei, però, pilotato da un focoso texano, ha perso il contatto con gli altri velivoli a causa di un guasto tecnico e il suo rombo sopra le pianure russe resta sconosciuto a tutti. Ma non per molto.

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“L’atto di nascita del cinema demenziale”

La fine del mondo in epoca atomica: nella sala da guerra del Pentagono, o a cavalcioni d’una bomba. Doveva essere un film serio: follie individuali, errori nel sistema di comunicazione e dispositivi segreti di reazione ‘preventiva’ rendono possibile l’annientamento termonucleare dell’umanità. Ma nella strada che porta alla morte, troppa vodka, troppa Coca-Cola, troppi missili fallici, troppi fluidi vitali repressi. E troppi, troppi Peter Sellers. Kubrick ce la mette tutta per ritardare l’esplosione, ma alla fine scoppia a ridere (e pare che nel film lo si possa sentire). L’atto di nascita del cinema demenziale. “Con il suo senso del grottesco – scrisse Michel CimentKubrick mette in evidenza la pulsione di morte che governa la società, così come l’uomo. E l’abisso che separa lo sviluppo tecnologico dalla natura umana. Realizzato due anni dopo la crisi dei missili di Cuba, che stava per fare scoppiare una guerra atomica, il film ha la precisione implacabile di un meccanismo a orologeria e l’originale libertà che gli conferiscono i suoi interpreti. In particolare Peter Sellers, nel triplice ruolo di presidente americano, di ufficiale britannico e di scienziato tedesco“.

Red Alert di Peter George

Sin dal 1958 Kubrick aveva mostrato di interessarsi al tema della guerra nucleare e con il passare del tempo aveva raggiunto quello stato ossessivo che lo avrebbe lentamente sommerso e che sarebbe culminato nel progetto di un film. Vincent LoBrutto scrisse (in Stanley Kubrick. L’Uomo Dietro La Leggenda, Il Castoro 1999):

L’idea di un incombente olocausto nucleare si insinuò sempre più spesso nella sua già nera e pessimistica visione del mondo; Kubrick aveva letto molto sull’argomento. Diventato maggiorenne nel dopoguerra e durante l’avvento della Guerra fredda, Stanley Kubrick era stato costantemente in contatto con la minaccia nucleare. Vivendo nella città di New York si sentiva in costante pericolo, certo di trovarsi nel cuore del principale bersaglio. Quando ancora viveva sulla Decima strada Est aveva detto a David Vaughan che stava considerando l’idea di trasferirsi in Australia, un paese che non sarebbe stato tra i primi obiettivi. Mentre si trovava a Londra, Kubrick domandò ad Alastair Buchan, il direttore dell’Institute for Strategic Studies, un ente di ricerca non governativo, un consiglio su dei testi seri che gli consentissero di studiare le armi nucleari. Nella lista di libri che suggerì a Kubrick di leggere era compreso anche il romanzo Red Alert di Peter George, che era stato un ufficiale di rotta della Royal Air Force e un agente della British Intelligence. Kubrick lesse il libro e vi scorse il potenziale per realizzare un film su un conflitto atomico mondiale“.

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George e Kubrick, una visione condivisa

In Stanley Kubrick. La Biografia (Lindau 2006), John Baxter spiegò:

L’autore, ex tenente dell’aviazione della RAF e membro attivo della Campagna per il Disarmo Nucleare, aveva tratto ispirazione dalla propria profonda conoscenza dei retroscena del nucleare per descrivere uno scenario incredibilmente verosimile. […] Kubrick condivideva con George l’orrore per la guerra nucleare, ma qualcosa nell’idea dell’olocausto atomico lo affascinava, qualcosa che divertiva il suo io appassionato di guerra. Era allo stesso tempo troppo innamorato della tecnologia avanzata e troppo politicamente neutrale per essere interessato a una semplice polemica. Sebbene Orizzonti di Gloria fosse stato adottato da molti come un film pacifista, l’interesse che il libro di Cobb aveva suscitato in Kubrick era basato più sull’illustrazione delle dinamiche attraverso cui vengono prese le decisioni politiche che su un attacco alla mentalità militare“.

L’interesse di Stanley Kubrick

L’anno precedente all’uscita del film, nel giugno 1963, in Films And Filming, così parlò Stanley Kubrick:

Mi interessavo molto a ciò che stava accadendo e leggevo su questo argomento tutto ciò che mi capitava sotto mano, già da quattro anni. Possedevo circa ottanta libri sul pericolo di una guerra nucleare e mi sono anche abbonato a tutte le riviste militari, le riviste dell’Aeronautica, e seguivo anche tutti gli avvenimenti in relazione con la Marina Militare. Sono stato colpito dal paradosso insito nei diversi modi di trattare il problema, da un estremo all’altro, dal paradosso del disarmo unilaterale fino a quello del primo utilizzo dell’arma nucleare… Sono stato colpito dal fatto che, al di là dell’estremo interesse che io stesso avevo sulla questione, era importante trattare questo problema sul piano drammatico, dal momento che è il solo problema dove non è possibile imparare qualcosa per esperienza. Se un giorno accadesse qualcosa del genere, resterebbe così poco del mondo che conosciamo da rendere l’esperienza di nessuna utilità“.

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Stanley Kubrick racconta la nascita del film

Sei anni dopo l’uscita del film, Stanley Kubrick disse queste parole (pubblicate in John Gelmis, The Film Director as Superstar, Doubleday, New York 1970):

Iniziai a lavorare alla sceneggiatura con tutta l’intenzione di fare un trattamento serio del problema di una incidentale guerra atomica. Mentre cercavo di immaginare il modo in cui le cose sarebbero avvenute nella realtà, continuavano a venirmi in mente delle idee che scartavo perché ridicole. Ripetevo a me stesso: ‘Non posso farlo. La gente riderà’. Ma dopo circa un mese iniziai a rendermi conto che le cose che stavo eliminando erano quelle più veritiere. Dopotutto che cosa c’è di più assurdo dell’idea di due megapotenze disposte a spazzare via ogni forma di vita umana a causa di un incidente, reso più piccante da differenze politiche che alle persone che vivranno tra cento anni sembreranno tanto insensate quanto appaiono a noi oggi i conflitti teologici del Medioevo?“.

Così cominciai a pensare che mi stavo accostando al problema nel modo sbagliato: l’unico modo per raccontare la storia era una commedia nera o, meglio ancora, una commedia da incubo, dove le cose delle quali si ride di più sono proprio gli atteggiamenti paradossali che rendono possibile una guerra nucleare. La maggior parte dell’umorismo di Stranamore scaturisce dalla descrizione del comportamento umano quotidiano, calato in una situazione da incubo, come quando il presidente russo sulla linea rossa dimentica il numero di telefono del quartier generale della difesa aerea del popolo e suggerisce al presidente americano di provare a rivolgersi all’ufficio informazioni di Omsk; oppure come l’ufficiale statunitense che, in virtù dell’assoluto rispetto della proprietà privata, indugia prima di consentire a un ufficiale britannico di sparare a un distributore automatico di coca-cola per poter avere le monete necessarie per telefonare al presidente degli Stati Uniti e comunicargli il prefisso d’emergenza che consente l’accesso alle trasmissioni con gli aerei del Sac“.

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La War Room di Ken Adam

Per la scenografia Kubrick ingaggiò Ken Adam, originario di Berlino ma che aveva studiato in Inghilterra dove lavorava come architetto. Durante la seconda guerra mondiale Adam era stato un pilota della RAF e dopo la guerra aveva iniziato una fortunata carriera di scenografo. Intervistato da Boris Hars-Tschachotin (in Stanley Kubrick, a cura di Hans Peter Reichmann, Giunti 2007), Ken Adam disse:

Se penso in retrospettiva alle mie scenografie, il set della War Room è sicuramente il miglior allestimento scenico che abbia mai realizzato, perché, malgrado la semplicità, funzionava perfettamente. Dal punto di vista drammatico era straordinariamente efficace, dal punto di vista pratico era totalmente irrealistico. Creava però per gli attori l’esatta atmosfera necessaria per calarsi in questo orribile scenario di minaccia atomica. La War Room trasmetteva una sorta di claustrofobia che sorprendeva anche me: questa immensa sala tetra con il suo enorme soffitto spiovente e il pavimento nero lucido come uno specchio. Naturalmente questa esagerazione e follia dette un tono speciale all’intero film e ha contribuito al suo carattere di black comedy. A Kubrick era chiaro il fatto che un film sulla fine del mondo a seguito di una guerra atomica fosse possibile solo sotto forma di crudele satira. Questo spiega il successo del Dottor Stranamore“.

 

 

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