Oggi la 75. Mostra del cinema di Venezia presenterà, nella sezione Venezia Classici, la versione integrale restaurata de Il Portiere di Notte di Liliana Cavani (1974) con protagonisti Charlotte Rampling e Dirk Bogarde e con Philippe Leroy e Gabriele Ferzetti.
Considerato un film scandalo, la sesta opera di Liliana Cavani è ambientata nel 1957, in una Vienna decadente e “post-nazista”. Dopo oltre un decennio dalla fine della Seconda Grande Guerra, si incontrano per puro caso Lucia (Charlotte Rampling), un’ebrea sopravvissuta al campo di concentramento, e il suo aguzzino Maximilian (Dirk Bogarde) che, sotto falso nome, lavora come portiere di notte in un albergo. Il loro nuovo incontro li fa precipitare in una relazione sadomasochista: tra la vittima e il suo carnefice nasce una complicità totale, morbosa, senza limiti, autodistruttiva.
La Cavani realizzò Il Portiere di Notte dopo aver girato per la Rai diversi documentari sulle vittime dei lager. Sceneggiato da Italo Moscati e con le musiche dal Flauto Magico di W.A. Mozart, la pellicola è un melodramma tutto giocato sull’ambiguità sessuale e storica. Protagonista è la coppia Rampling-Bogarde, talmente affiatata da identificarsi con dedizione assoluta ai personaggi. Censurato, tagliato e bistrattato, il film è un inno alla libertà espressiva e un duro attacco al revisionismo storico che insabbia gli orrori dei lager nazisti.
Per ripercorrere questo film, abbiamo intervistato Francesca Brignoli, studiosa del cinema di Liliana Cavani, e autrice del volume Liliana Cavani. Ogni Possibile Viaggio (2011, lo trovi QUI).
Perché Il Portiere di Notte di Liliana Cavani è un film importante da rivedere, ricordare e da far conoscere a chi ancora non l’ha visto?
Perché è un classico: formalmente sofisticato, scritto con sensibilità e coraggio. Perché è una grande storia romantica. Perché c’è la colonna sonora bellissima, struggente di Daniele Paris. Ma mi piace usare le parole di Luchino Visconti, che raramente rilasciava dichiarazioni su opere di colleghi ma che per questo film si spinse a scrivere che «è una prova definitiva di grande maturità e sapienza del suo autore … Il Portiere di Notte è un film straziante, crudele e terribile che ti lascia senza fiato. Costruito con rara sapienza ed equilibrio, rimarrà come un’altra atroce testimonianza del nazismo».
Cosa si può dire dell’interpretazione di Dirk Bogarde e Charlotte Rampling, coppia affiatatissima sul set?
Attori di immenso talento, hanno corpi parlanti, “taglienti”, nevrotici ed estremamente ambigui: due presenze indimenticabili, che non a caso restano nella storia del cinema grazie, anche, al loro incarnare in questo film due demòni di disperata sensualità. Chi non ha presente Rampling nuda dalla cintola in su, in pantaloni, bretelle e cappello da SS? L’immagine possiede una potenza iconica impressionante, arrivata intatta ai nostri giorni, stracitata, spesso senza conoscerne la fonte… Ma il film vede al lavoro anche grandi attori come Philipe Leroy, Gabriele Ferzetti, Nora Ricci, e una meravigliosa Isa Miranda.
Come si può descrivere la Vienna post-nazista che fa da sfondo alla storia?
Direi che la Vienna del film (ambientato nel 1957, quando sono da poco andate via le truppe sovietiche d’occupazione), sontuosa e spettrale, non è invero post-nazista. È il luogo in cui il nazismo si è solo apparentemente esaurito, ma continua a vivere nell’oscurità, come se il tempo si fosse fermato. È la città della notte della coscienza europea, insomma. Un sottosuolo senza luce dove il passato si confonde senza soluzione di continuità nel presente.
Considerato un film scandalo, censurato, tagliato, bistrattato. Perché allora fu accolto così e divise il pubblico?
È curioso che ancora oggi Il Portiere di Notte sia in Italia considerato un film erotico! Quando uscì, nel resto del mondo, specialmente in Francia e negli Stati Uniti, fu al centro di raffinati dibattiti intellettuali: l’argomento dibattuto era appunto il nazismo sommerso e i meccanismi del potere in senso più diffuso. In Italia invece il film fu aggredito per questioni decisamente provinciali, cioè di sesso: si chiese alla Cavani, ad esempio, di tagliare la sequenza in cui in un amplesso la posizione di Lucia è sopra Max («Succede» si limitò a rispondere la regista al giudice…). Non dimentichiamo che erano anni incandescenti per le dinamiche sociali e politiche che attraversavano il Paese: nel 1973 a Bologna si era tenuto il grande convegno su “Erotismo, eversione, merce”, dedicato all’eros nella società contemporanea; nello stesso anno si consumava il penoso processo a Ultimo Tango a Parigi. Forse però la ragione più autentica dello scandalo suscitato da Il Portiere di Notte stava nell’essere una storia di eros che illuminava le ambiguità del passato e del presente nel rapporto tra Europa e nazismo. E illuminare questo “territorio” era insostenibile per l’Italia di allora. A ciò si aggiunga che a farlo era una donna: imperdonabile!
Quanto è ancora “scandaloso” rivederlo oggi, nel 2018?
Il film possiede anche oggi questa sua carica provocatoria: perché interroga ognuno nel profondo, chiamandolo a inoltrarsi nella zona grigia, ambigua, in cui bene e male si confondono (sotto ogni punto di vista). È un’operazione pericolosa quella della Cavani, perché non consola lo spettatore, anzi lo provoca, ieri come oggi.
Secondo lei questo si può considerare Il Capolavoro della Cavani?
La filmografia di Liliana Cavani comprende opere importanti, appassionate e anticonformiste. Tra queste senz’altro Il Portiere di Notte è il suo capolavoro.
Intervista di Giacomo Aricò