Guy Ritchie imprime il suo stile dinamico all’epico fantasy d’azione King Arthur: Il Potere Della Spada, dal 10 maggio al cinema. Con Charlie Hunnam nel ruolo del protagonista, il film è una versione irriverente del classico mito di Excalibur, e segue il tumultuoso percorso di Artù dalla strada al trono. Nel cast ci sono anche: Jude Law, Astrid Bergès-Frisbey, Djimon Hounsou, Aidan Gillen e Eric Bana.
Quando il padre del piccolo Artù viene assassinato, suo zio Vortigern (Jude Law) si impadronisce del trono. Privato dei diritti che gli spetterebbero per nascita e senza sapere chi sia realmente, Artù (Charlie Hunnam) riesce a sopravvivere nei vicoli oscuri della città e solo quando estrae la mitica spada dalla roccia la sua vita cambia radicalmente ed è costretto ad accettare l’eredità che gli spetta di diritto.
La leggenda di re Artù nelle mani del regista Guy Ritchie assume un taglio decisamente nuovo e scabroso. Lo stesso Artù, non ancora re, è piuttosto una canaglia, un eroe riluttante spinto a scoprire il suo vero fato, anche se combatte contro quella monarchia che è destinato a governare: “credo che il racconto più bello sia quello che accompagna un uomo in un percorso che trascende i suoi limiti e gli permette di evolversi, di diventare qualcuno che desidera qualcosa di più grande – spiega Guy Ritchie – nella nostra versione della storia, la vita di Artù ha inizi molto umili: è un ragazzo di strada vissuto in un bordello, che ha imparato a scontrarsi e a sottrarsi alla legge insieme ai suoi compagni. Poi le azioni degli altri – alcune con buone intenzioni, altre meno – lo costringono ad ampliare la sua visione di chi potrebbe diventare”.
Charlie Hunnam, che interpreta il ruolo del protagonista, dice: “Guy ha preso il percorso dell’eroe classico e ha creato una storia originale, con un Artù che può affascinare una nuova generazione. Il nostro Artù è cresciuto imparando a cavarsela da solo, si è ricavato un piccolo mondo in cui è il principe dei ladri. Non è certo un animo nobile alla ricerca di una causa per cui combattere”. Tuttavia è la causa che cerca lui e appena Artù entra in contatto con Excalibur, una straordinaria spada di ferro conficcata nel granito, la sua vita cambierà per sempre.
È stato il produttore/coautore Lionel Wigram a suggerire che si ambientasse la maggior parte dell’azione lontano dal castello, in un ambiente più urbano e si è scelta una versione antica della capitale inglese: la Londra romana, che allora era chiamata Londinium. “Ci sono state molte versioni diverse della storia di re Artù – afferma Wigram – in cui poteva essere un guerriero celtico o un centurione romano. Il mito ha attraversato i secoli ed è stato di volta in volta adattato ai diversi periodi storici in cui veniva raccontato. Vista questa ricca tradizione di interpretazioni, abbiamo pensato che, pur conservando gli elementi tematici essenziali, potevamo sentirci liberi di sviluppare una nostra rivisitazione della storia e divertirci con dettagli che speriamo sappiano parlare al pubblico di oggi”.
Un altro aspetto di discontinuità è che il mago più famoso dell’epoca, Merlino, appare solo brevemente. Il produttore Tory Tunnell spiega come il personaggio influenzi la storia malgrado la sua assenza: “Merlino ha sempre rappresentato il lato magico della leggenda arturiana, ma noi abbiamo voluto tracciare un quadro più ampio del concetto di magia, come non si è mai visto prima. Abbiamo immaginato una storia parallela del mondo di Merlino, di come i maghi possono interagire con le vite dei mortali, e anche il lato minaccioso e inquietante dei loro sforzi”.
Uno dei più appassionati cultori delle arti oscure è Vortigern, zio di Artù e attuale re, che tenta di conservare il proprio trono a ogni costo. Affinché il cattivo avesse il massimo della solennità e dell’austerità, Ritchie ha voluto Jude Law: “mi ha descritto il film come un modo di guardare al folklore inglese con un occhio diverso da come lo racconta la storia e il mio personaggio come un uomo che combatte contro le circostanze, contro il suo ego, il suo vero demone”.
Ma Vortigern non si sarebbe mai trovato in questa situazione se il suo ego e la sua insaziabile ambizione non lo avessero spinto a cercare “colui che era nato re”. Se avesse semplicemente lasciato le cose come stavano, suo nipote avrebbe mai scoperto chi era veramente? Lo stesso Artù afferma di non aver mai desiderato il potere, e quando dice allo zio “Sono qui, ora, a causa tua, perché tu mi hai creato”, non sa cosa farà, né Vortigern si fida del nipote, non sa se lascerà le cose come stanno. “Il nostro Artù non aspira alla grandezza: è il destino che gliela offre” conclude Guy Ritchie.