Dopo essere stato presentato nel 2016 al 41° Toronto International Film Festival ed alla 73ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, arriva finalmente al cinema – il prossimo 12 aprile – Il Prigioniero Coreano, il film scritto e diretto Kim Ki-duk. Un potentissimo thriller dell’anima che racconta, senza filtri, il presente: quello della Corea del Nord e del Sud. Nel cast ci sono Ryoo Seung-bum, Lee Won-gun, Kim Young-min, Choi Guy-hwa.
«Fai attenzione: oggi la corrente va verso Sud», lo avvisa una sentinella, ma a fare attenzione, a farne sempre molta, il pescatore Nam Chul-woo ci è abituato. Del resto, non puoi permetterti distrazioni quando abiti in un villaggio della Corea del Nord e ti muovi ogni giorno sulla linea di confine. Confine d’acqua, nel caso di Nam, ed è proprio l’acqua a tradirlo: una delle reti, infatti, si aggroviglia attorno all’elica della sua piccola barca, il motore si blocca e la corrente che «va verso Sud» trascina lentamente il povero Nam in zona nemica.
Si apre così Il Prigioniero Coreano, attesissimo ritorno di Kim Ki-duk alla narrazione politica. Un dramma che sviluppa e moltiplica il tema del doppio, così com’è doppia la Corea, raccontando intensamente una grande storia collettiva attraverso la storia (l’innocenza) di un singolo individuo.
Una pellicola che apre diverse domande. Riuscirà il prigioniero, dopo pressanti interrogatori, a convincere le forze di sicurezza sudcoreane di non essere una spia? Ma soprattutto: riuscirà Nam, dopo il proprio faticoso rilascio, a convincere il potere nordcoreano della propria integrità? È rimasto ancora quello che era, cioè un bravo cittadino devoto, o l’infezione del capitalismo («Più forte è la luce, più grande è l’ombra») lo ha contaminato per sempre?
Lontano dalle tinte forti dell’Isola o di Moebius, Il Prigioniero Coreano (The Net) vede Kim Ki-duk raccontare – senza filtri – il presente. Un presente che non riesce a liberarsi del passato: quello della Corea del Nord e della Corea del Sud. Un potentissimo thriller dell’anima che trova nell’interpretazione di Ryoo Seung-bum tutta la potenza espressiva di cui ha bisogno.
«Con Il Prigioniero Coreano – spiega Kim Ki-duk – ho voluto mostrare un paradosso: guardate come sono simili Nord e Sud. “Là” c’è la dittatura, “qui” la violenza ideologica. E non si tollera che un povero pescatore del Nord, finito per caso fuor d’acqua, voglia semplicemente ritornarsene a casa. Non si può demonizzare un intero popolo. Il Nord non è solo la Dinastia dei Kim: la gente viene prima!».