A sessantuno anni dall’uscita, Il Settimo Sigillo di Ingmar Bergman è stato restaurato in 4k dalla Svenska Filminstitutet che è partita da il negativo camera originale in 35mm. Capolavoro tra i capolavori di Bergman, questa grande allegoria dell’uomo in cerca di Dio e in balia della morte, torna a parlarci con la potenza grafica del suo paesaggio e la chiaroscurale profondità della sua inquietudine.
Il film
Il cavaliere Antonius Block e il suo scudiero Jöns, reduci disillusi delle crociate, fanno ritorno nella Svezia del Trecento e la trovano in balia della peste e della disperazione. Sulla spiaggia Block incontra la Morte, e in una delle più efficaci alternanze campo/controcampo mai realizzate la sfida a una partita a scacchi per prendere tempo e poter compiere un’azione che dia un senso alla sua vita. L’evocazione visionaria, tragica e farsesca del Medioevo scandinavo racchiusa nel Settimo sigillo ha origini remote che affondano nelle fantasie d’infanzia dell’autore.
L’origine teatrale: Pittura su Legno
All’inizio del 1954 Bergman scrisse un atto unico, Pittura su Legno, per un’esercitazione dei suoi allievi alla scuola di teatro di Malmö. La genesi dell’azione drammatica deriva da un affresco anonimo della fine del 1300, dipinto sul muro di una chiesa di campagna nel sud dello Småland, che raffigura un cavaliere, il suo scudiero, un fabbro, una strega al rogo e altre figure della Svezia medievale. Ma la matrice era più remota: risaliva all’infanzia e alla fascinazione esercitata sul giovane Ingmar dalle immagini che aveva visto nelle chiese dove accompagnava il padre pastore: “Come tutti quelli che sono stati in chiesa, in qualsiasi epoca, mi sono messo a osservare i dipinti al di sopra dell’altare, il trittico, il crocifisso, le finestre dipinte e gli affreschi. C’erano Gesù e i ladroni feriti e insanguinati. Maria appoggiata a Giovanni – ecco tuo figlio, ecco tua madre. Maria Maddalena, la peccatrice, chi se l’era scopata l’ultima volta? Il cavaliere gioca a scacchi con la Morte. La Morte sega l’albero della vita, un poveretto terrorizzato è seduto su in cima e si torce le mani. La Morte conduce la danza verso la Terra Oscura, tiene la falce come una bandiera, tutti quanti ballano formando una lunga fila e dietro a tutti viene il giullare. I diavoli badano a che proceda la cottura, i peccatori precipitano a capofitto nelle fiamme. Adamo ed Eva hanno scoperto la propria nudità. L’occhio di Dio sbircia da dietro l’albero proibito. Alcune chiese sono come acquari, non c’è uno spazio libero, dappertutto un rigoglio di uomini, santi, profeti, angeli, diavoli e demoni. Questa e l’altra vita coprono muri e volte”.
Il 24 settembre Bergman diresse una versione radiofonica di Pittura su Legno, coinvolgendo attori come Björnstrand, Eva Dahlbeck e Bengt Ekerot, quindi allestì lo spettacolo al teatro di Malmö il 18 marzo del 1955, ancora con Björnstrand, affiancato da Gunnel Lindblom e da altri. Nel settembre dello stesso anno fu Ekerot a dirigerne una seconda rappresentazione al Teatro Reale di Stoccolma. Intanto Bergman aveva già pensato di ricavarne un film, con il titolo Il Settimo Sigillo, ispirato anche ai Carmina Burana di Carl Orff.
La scelta del titolo
Il titolo Il Settimo Sigillo si riferisce ai sigilli che – secondo l’Apocalisse di Giovanni, il libro della Rivelazione, ventisettesimo e ultimo del Nuovo Testamento – chiudevano i papiri arrotolati nelle mani di Dio e quindi ne custodivano i segreti che possono essere scoperti soltanto infrangendoli. L’ultimo sigillo, il settimo, può essere aperto esclusivamente dall’Agnello, cioè Cristo. Il film si apre proprio con la citazione dei versi dell’Apocalisse di Giovanni. Come osserva Siclier: “Il Libro dell’Apocalisse di San Giovanni è una serie di visioni. Lo stesso Bergman ci spiega che in un certo senso ha avuto la visione del suo film “contemplando i motivi trattati nei dipinti delle chiese medioevali”. Se la sua visione non è di origine celeste, risale comunque a una sorgente misteriosa, quella della sua infanzia. E la reinvenzione cinematografica di questa visione possiede la stessa costruzione del Libro dell’Apocalisse. È un susseguirsi di immagini poetiche e ispirate, che possiedono un senso allegorico“.
Il personaggio della Morte
A differenza di Pittura su Legno, dove la Morte non interviene, nel film invece diviene un personaggio dal forte impatto. Bergman racconta di averne ideato la fisionomia con il contributo dell’attore che la interpreta: “Bengt Ekerot e io eravamo d’accordo sul fatto che la Morte dovesse portare una maschera da clown, quella del clown bianco, o, meglio, una combinazione tra la maschera da clown e il teschio” […] Ekerot era un genio come attore e come regista. Morì molto giovane […] avevamo la stessa età. Avevamo lavorato insieme per anni e avevamo lo stesso rapporto con la morte. Eravamo entrambi spaventati e affascinati. Decidemmo di raffigurare la morte come un clown. Sai, il clown bianco. Non perché sia bello, ma il clown bianco, per noi, da bambini, quando andavamo al circo, il clown bianco ci ha sempre terrorizzato“.
Il Settimo Sigillo per Bergman
“Il Settimo sigillo è uno dei pochi film che mi stiano veramente a cuore, ma non so perché. Non si tratta, infatti, di un’opera priva di pecche. Viene fatta funzionare grazie ad alcune pazzie, e si intravede che è stata realizzata in fretta. Non credo però che sia un film nevrotico; è vitale ed energico. Inoltre, elabora il suo tema con desiderio e passione. A quel tempo ero ancora duramente legato alla problematica religiosa. Qui sono compresenti due opinioni in proposito. Ognuna di esse parla la propria lingua. Perciò regna una relativa tregua tra la devozione infantile e l’aspro razionalismo. Non ci sono complicazioni nevrotiche tra il Cavaliere e il suo Scudiero. E così è con la Santità dell’Uomo. Jof e Mia rappresentano per me qualcosa di urgente: tolta la teologia, rimane il Sacro. C’è, inoltre, una scherzosa cordialità nell’immagine della famiglia. Il bambino giungerà al miracolo: l’ottava palla del giocoliere rimarrà sospesa in aria in un momento frenetico… per una frazione di secondo“.
La paura della Morte
“La mia paura della morte era profondamente collegata alle mie idee religiose. Poi, ebbi una piccola operazione chirurgica. Per sbaglio, mi fu praticata un’anestesia troppo forte, così sparii dal mondo dei sensi. Dove se ne erano andate le ore? Non durarono nemmeno una frazione di secondo. Improvvisamente mi resi conto che la morte e così. Che da essere si passi al non–essere è una cosa difficile da pensare. Per una persona costantemente terrorizzata dall’idea della morte, è estremamente liberatoria. Nello stesso tempo dà un po’ fastidio: si pensa che potrebbe essere piacevole avere nuove esperienze, una volta che l’anima abbia ottenuto la licenza di riposarsi, separandosi dal corpo. Ma non credo che sia così. Prima si è, e poi non si è. Questo è del tutto soddisfacente. Quello che in precedenza era tanto spaventoso e misterioso, l’ultraterreno, non esiste. Tutto è su questa terra. Tutto è dentro di noi, accade dentro di noi e noi fluiamo gli uni negli altri e fuori degli altri: va bene così“.
“Il Settimo Sigillo attraversò il mondo come un incendio”.
Ingmar Bergman