I 65esimi David di Donatello hanno visto trionfare come Miglior Film Il Traditore, la pellicola diretta dal maestro Marco Bellocchio (Miglior Regia) che racconta la storia di Tommaso Buscetta, interpretato da un superbo Pierfrancesco Favino (Miglior Attore Protagonista).
Il film cala lo spettatore nella crudele e spietata realtà del mondo della criminalità organizzata siciliana (MAFIA o “COSA NOSTRA”, che è la definizione preferita dai malavitosi che, per principio affermano che la MAFIA non esiste). È più giusto dire che più che calare lo spettatore in quella realtà, è invece quest’ultima che viene “sbattuta in faccia” in modo rude e reale allo spettatore che così può cercare di comprenderne le regole che affondano lontane nel tempo ed osservano canoni di onore, fedeltà, silenzio e segretezza propria di quella unità costitutiva della società che è la FAMIGLIA. L’appartenenza totale ad essa formalizzata con la cosiddetta affiliazione è per sempre e comporta il più rigoroso rispetto delle regole con la consapevolezza che la trasgressione di essa ha come inevitabile conseguenza, oltre al disonore e la definizione di INFAME, la sanzione della MORTE recata da taluno della famiglia stessa in modo esemplare e crudele in modo che essa serva da monito per tutti e per rafforzare i vincoli di solidarietà tra tutti gli altri.
Il film, giustamente, ha lasciato fuoricampo la storia e i motivi della nascita della Mafia che risalgono ai tempi della dominazione borbonica e della successiva, non meno rigida amministrazione dominante piemontese incapace di integrare l’isola e la sua gente con lo Stato Unitario perpetrando pregiudizi e differenze socio-economiche e culturali che originarono il fiero Indipendentismo isolano e la contrapposizione conflittuale con lo Stato.
È singolare come nel film venga ben rappresentata anche la presenza equivoca della religione e della morale cattolica come valori propri anche dei mafiosi. Nel tempo però degli ambiti locali rurali e del terreno più blando delle estorsioni ed, al massimo, dello sfruttamento della prostituzione al Dio Cattolico si è sostituita un’altra ben più forte divinità di successo mondiale: IL DIO DENARO. E così COSA NOSTRA si è convertita alla missione affaristica, con i metodi violenti propri, e quindi all’accaparramento dei fondi pubblici, al ricco mondo degli appalti miliardari per approdare infine nel terreno più lucroso di tutti: il traffico della droga. Il denaro, che già scorreva abbondantemente, diventò di livelli astronomici sconvolgendo anche le vecchie regole del gioco.
Tommaso Buscetta, noto anche come Killer Spietato per l’accorta società in prima persona, vide un proprio figlio degradarsi ed andare alla rovina per colpa della droga. Un traffico che lui, per sua etica, riteneva immorale ed estraneo all’antico spirito di COSA NOSTRA, ma che non solo non fu in grado di impedire, ma che lo vide, anzi protagonista sia in Italia che in America, donde le sostanze giungevano, tanto da essere ribattezzato il BOSS dei DUE MONDI. Diventato egli una figura un po’ scomoda all’interno dell’organizzazione e disprezzato perché gli piacevano troppo le donne ed aveva lasciato la moglie siciliana per una compagna più giovane e più bella dell’altro continente, seppe del brutale omicidio dei suoi due figli maschi e del fratello mentre era all’estero e tradito proprio dal suo sodale che avrebbe dovuto proteggere i suoi congiunti durante la sua assenza.
La vendetta divenne allora il primo scopo della sua vita (e noi la vedremo così compiersi così assistendo al brutale assassinio dei suoi figli). Arrestato poi all’estero ed estradato in Italia, inizia un singolare ed intenso rapporto con il Giudice Falcone che, passo passo, lo porta a decidere di collaborare con la Giustizia completando, in tal modo, la sua vendetta contro il nuovo gruppo egemone di COSA NOSTRA che con il sangue e la violenza aveva preso il pieno comando dell’organizzazione. Le sue rivelazioni portano al famoso MAXI PROCESSO ALLA MAFIA ed in quelle aule bunker, nelle gabbie degli imputati, si vede di tutto da parte di quegli uomini che si credevano onnipotenti, ma che si sgretolano dinnanzi alla luce della loro storia di potenza, ricchezza ed impunità con comportamenti grotteschi ed indegni perdono la loro dignità, ma non mancano di lanciare ancora, da dietro le sbarre, minacce di morte contro tutti, che tragicamente si avvereranno in Capaci (Falcone) ed in Via D’Amelio (Borsellino).
Buscetta ne è devastato: con Falcone c’erano stati rispetto, stima e riconoscenza per quello scambio prezioso per entrambi. Particolarmente drammatici ed emblematici i confronti diretti, durante il processo, tra Buscetta ed un paio di imputati eccellenti che gli fanno capire che lui è ormai già un morto che solo provvisoriamente ancora respira e cammina. Lo Stato, come nei patti, lo protegge e gli permette di raggiungere in Sud America la sua bella compagna tanto amata ed a lui fedele. COSA NOSTRA gli manda un giorno un segnale, in persona di una cantante melodico in un ristorante, per rendergli chiaro che i suoi giorni stanno finendo e che sarà colpito ??? ed ucciso dove e quando loro vorranno. Questo però non avviene ed il vecchio Boss, ormai malato, spirerà serenamente su una sedia a sdraio sul terrazzo della sua casa, mentre contempla le stelle in cielo con una coperta a ripararlo dal fresco della notte portatagli dalla sua donna, lì vicino a lui.
In un ultimo lampo di coscienza un ricordo lo abbaglia: lui giovane che si avvicina ed uccide con due colpi di pistola un giovane nell’androne di accesso a ciò che sembrava una grande casa di campagna. Un omicidio che sicuramente gli era stato ordinato di eseguire e che lui, senza esitazione, ha compiuto. Un tardivo e ultimo rimpianto e pentimento, oppure un segnale del regista che vorrebbe dirci: attenzione non abbiate troppa simpatia e considerazione per quest’uomo. In fondo è stato anche lui un pluriomicida spietato e senza cuore e quel giovane innocente freddato come un cane in quel contesto agreste è l’emblema che per il traditore non ci può essere comprensione, rispetto e perdono!!
Folco Twice