In queste settimane, distribuito da Emera Film, nelle nostre sale cinematografiche sarebbe dovuto uscire un film molto bello, avvincente ed estremamente attuale (legato al tema della ricerca sanitaria e girato a Pavia, in gran parte all’interno dell’Istituto Nazionale Neurologico Fondazione I.R.C.C.S. Casimiro Mondino e, tra le altre location, c’è anche l’I.R.C.C.S. Fondazione Policlinico San Matteo): Stem Cell (ne abbiamo parlato QUI). Tratto dall’omonimo romanzo scritto dal Dottor Paolo Gaetani, questo medical thriller ha fatto incetta di premi in tutto il mondo e, proprio adesso, mentre scrivo, è arrivata comunicazione dell’ultimo riconoscimento ricevuto: Best Producer al Canadian Cinematography Awards di Toronto.
Intervista a Giuseppe Di Giorgio
Davanti (protagonista nei panni del commissario Aliprandi) e dietro la macchina da presa di questo film c’è Giuseppe Di Giorgio. Classe ’79, nato in Sicilia (a Cerda) ma pavese d’adozione, da anni è impegnato tra teatro, tv e cinema. Ed è proprio nella settima arte che Di Giorgio riesce ad esprimere al meglio se stesso, sia come attore che come regista. Dopo Stem Cell, ora Di Giorgio sta lavorando al suo prossimo film, Libera. Di Sognare, Di Amare, Di Essere, tratto dall’omonimo romanzo di Gabriella Morgillo, e co-prodotto con l’Associazione Il Serpente Aureo. Abbiamo avuto il piacere di fare con lui una nuova chiacchierata.
Giuseppe, in questi giorni sarebbe dovuto uscire nelle sale Stem Cell. Poi ci siamo ritrovati nuovamente travolti dalla pandemia. Cinema e teatri chiusi, ancor prima delle ultime restrizioni. Partirei da qui. Qual è la tua riflessione?
Penso, come molti altri artisti, che la “chiusura dei luoghi dell’arte” non sia la soluzione al problema della pandemia. Stiamo parlando di luoghi sicuri, attrezzati in tutto per evitare di contagiarsi, basti pensare che è stato riscontrato un solo positivo in quattro mesi di spettacoli, segno che la prevenzione messa in atto dalle strutture, che ha avuto costi enormi, ha funzionato. Detto questo non posso che essere d’accordo con la chiusura generalizzata, anche se va contro i miei interessi, perché il problema non è durante lo spettacolo a teatro, la proiezione del film al cinema o l’esibizione canora bensì sta nel prima e nel dopo perché si creano automaticamente degli assembramenti dovuti all’aperitivo pre spettacolo, alla pizza post proiezione, alla sigaretta e la chiacchierata tra amici e conoscenti post esibizione. Queste sono le situazioni che mettono a rischio la salute di tutti, quindi ritengo giusto chiudere, anche se, visto l’andamento internazionale della pandemia, forse si sarebbe potuto fare di più per gestire meglio la seconda ondata e poter così offrire maggiore tutela a tutti gli esercenti e lavoratori. Concludo facendo memoria del fatto che le pandemie ci sono sempre state, sono arrivate improvvisamente e sono andate via dopo aver fatto il loro decorso. Basti pensare al Virus della “Spagnola” che tra il 1918 e il 1920 fece circa 50 milioni di morti. Allora non c’erano cure specifiche, non si sapeva quasi nulla del virus e facendo un confronto con oggi, a distanza di quasi 100 anni, le cose non sono cambiate molto, il virus continua ad uccidere, ma fortunatamente i morti sono in quantità inferiore. Dobbiamo quindi ritenerci fortunati, possiamo affrontare il problema ed essere seguiti anche a distanza grazie alle comunicazioni televisive. Il mio consiglio resta quello di rispettare le regole, evitare di aggredire e accusare le istituzioni che ci tutelano ed infine pregare molto, perché ritengo che solo DIO sa quando finirà tutto questo.
In attesa di vederlo finalmente nelle sale o in digitale, Stem Cell ha conquistato una valanga di premi in Festival di cinema di tutto il mondo. So che non vedevi l’ora di farlo vedere al pubblico, ma questi apprezzamenti e premi credo che già ti ripaghino di tutta la fatica e gli sforzi profusi. E’ così? Secondo te, a mente più fredda, qual è l’aspetto vincente del film?
Il film farà il suo iter cinematografico, pensiamo che sia fondamentale dare supporto alla categoria. Io, Alessandra Montini e Maurzio Sala abbiamo ricevuto diverse proposte per la distribuzione sulle varie piattaforme streaming ma abbiamo rifiutato, pensiamo che debba avvenire in un secondo momento. Dobbiamo aspettare invece che le cose migliorino per permetterci di apprezzare assieme al pubblico il film sul maxi schermo. Nelle due anteprime fatte, Febbraio e Agosto 2020, abbiamo ricevuto grandi consensi e questo ci ha dato molta autostima. Abbiamo anche vinto tanti premi, siamo felici, per noi è fondamentale, riteniamo che sia la giusta ricompensa per il grande lavoro svolto. Secondo me la squadra che è stata costruita è stata il perno principale di tutto, le difficoltà affrontate assieme ci hanno permesso di metterci in discussione e trovare la soluzione migliore. Il tema delle staminali è molto delicato e la realtà che ci ha circondato, come scenografia e ambientazione, è stata di grande aiuto. Il punto vincente secondo me sta nelle contrapposizione tra gli interessi medici e scientifici e quelli umani.
Il tuo nuovo progetto, sempre da te diretto e prodotto, sarà Libera. Di Sognare, Di Amare, Di Essere, tratto dall’omonimo romanzo di Gabriella Morgillo. Che storia è? Com’è scattata la scintilla con questo testo?
E’ la storia di una giovane ragazza universitaria che vivendo un momento di stallo nella sua vita si ritroverà a dover affrontare varie problematiche. Solo facendo esperienza delle proprie emozioni acquisirà una vera consapevolezza di sé, al di là di maschere e convenzioni che la routine quotidiana e gli obiettivi prefissati le impongono di indossare. Attraverso una vacanza, che farà con dei suoi coetanei, metterà a nudo la sua anima superando i propri limiti e i pregiudizi. L’autrice mi aveva proposto diversi anni fa questo progetto, lessi il suo libro e lo trovai interessante. Inizialmente essendo io impegnato in un altro progetto lei si affidò ad un altro produttore con il quale purtroppo non riuscì a realizzare il film. Quindi, qualche mese fa, mi ha ricontattato per realizzare il progetto. Con lo sceneggiatore Roberto Attolini stiamo revisionando la sceneggiatura dell’autrice Morgillo per riadattarla cinematograficamente. Il film verrà girato la prossima estate.
Girerai parte del film a Pavia, tua città d’adozione, e in Abruzzo, al confine con le Marche. Dopo Stem Cell, una storia oscura girata anche molto in interni, avevi bisogno e voglia di freschezza e di mare?
No, semplicemente ho colto l’occasione per cimentarmi in questa nuova avventura che come genere non ha niente a che vedere con i miei precedenti progetti realizzati. Per un regista è fondamentale riuscire a comunicare arte a prescindere dalla storie da raccontare. L’unica freschezza di cui ho sempre bisogno, che è il filo conduttore di tutti i miei progetti artistici, è rappresentata dall’importanza di offrire uno spazio a nuovi talenti, dare risalto alle loro capacità attorali col supporto della mia esperienza come regista e actor coach. Così facendo posso aiutarli ad avere la giusta visibilità nel panorama cinematografico e contemporaneamente ciò mi consente di realizzare un prodotto fresco e libero da stereotipi recitativi.
La storia, che inquadra una generazione giovane, in età universitaria, ti ha riportato indietro nel tempo? Com’era il Giuseppe vent’enne? Ti sei rivisto in uno dei personaggi della storia?
Oggi è tutto completamente diverso. Basti pensare che siamo nell’era digitale. I miei vent’anni non sono paragonabili neanche emotivamente. Giuseppe era impulsivo, iperattivo, pieno di sogni, di voglia di fare ma anche alla ricerca di un supporto, qualsiasi esso fosse, con un unico grande obiettivo: realizzarsi. Questa generazione, a fronte di ampie opportunità di scelta e della velocità del digitale, si arena molto di più rispetto ai progetti di vita a lungo termine perché è la generazione del “qui” “ed “ora”.
A proposito, so che stai scegliendo gli attori e le attrici del cast. Che generazione di nuovi attori hai visto ai casting? Cosa ti deve colpire di più nella fase di selezione? Cosa cerchi?
Ho trovato una generazione desiderosa di fare e di costruire. Li ho trovati molto preparati e svegli anche se a tratti un po’ troppo accademici. Ritengo che lo studio sia fondamentale, ma il cinema ha bisogno anche di molta naturalezza. Bisogna essere principalmente se stessi per interpretare un ruolo immedesimandosi a pieno nel personaggio. Per scegliere un attore faccio molte valutazioni, su tutte la sua disponibilità al dialogo e la sua propensione all’apprendimento. Cerco persone entusiaste di fare questo mestiere che si appassionino al progetto e lavorino con me in squadra.
Il tuo percorso come attore, tra teatro, piccolo e grande schermo, che uomo ti ha fatto diventare? Quanto la professione è andata di pari passo con la tua vita? Cosa stai invece “scoprendo” come regista?
Essere un giovane attore con grandi prospettive mi ha dato lo slancio e l’entusiasmo per iniziare a correre ed inseguire il sogno. La maturità artistica mi ha insegnato che il vero traguardo è quello che non si raggiunge mai perché ogni volta che realizzo un progetto se ne presenta subito un altro più grande. Fare il regista mi ha reso una persona ancor più responsabile, perché si tengono le redine dell’intero progetto e si risponde del risultato di ogni singola parte del cast nonché del risultato finale del film.
Al cinema, soprattutto negli ultimi anni, ti abbiamo visto in ruoli soprattutto drammatici. Mi piacerebbe vederti in una commedia. Che ne pensi? Quanto è importante per un attore saper essere poliedrico? Ti piace sperimentare personaggi e caratteri completamente opposti?
Pensa che nasco come comico, caratterista e imitatore. Sin da ragazzo mi piaceva far ridere gli amici e stare al centro dell’attenzione. Ho avuto esperienze in commedie come Harry ti presento Sally e Labbra Serrate. Ho iniziato a sperimentarmi come attore drammatico interpretando L’uomo dal fiore in Bocca e A Livella. Da lì ho scoperto che non era semplicemente far ridere che mi dava energia ma far sperimentare al pubblico emozioni forti. Per un attore essere poliedrico può non essere fondamentale, per un regista essere stato un attore poliedrico è molto importante per gestire i vari personaggi sul set.
Giuseppe, tutto è ancora molto incerto, il cinema, le storie, i film, servono, sono un nutrimento che ci tiene in vita. Dobbiamo sempre, citando il titolo del tuo prossimo film, essere liberi “di sognare”. È così? Quanto l’arte ci può (e ci deve) aiutare in questa battaglia?
Forse l’unica parte veramente “libera” della nostra vita è il sogno e come è fondamentale biologicamente per sopravvivere alla quotidianità lo è anche metaforicamente per affrontare la vita.
Intervista di Giacomo Aricò