“Anticonformista per natura, ribelle e insofferente a qualsiasi tipo di compromesso, tira dritto, fregandosene del “sistema” e del “politicamente corretto””. Non può esserci definizione miglior per descrivere il carattere umano ed artistico di Piefrancesco Campanella, da oltre trent’anni uno dei registi più personali e, soprattutto, liberi della storia del cinema italiano.
Dotato di una sua acuta “genialità” (fatta di intelligenza, estrosità, fantasia, imprevedibilità e, soprattutto, tanta caustica ironia) Campanella è un autore che è sempre stato avanti e che oggi è stato ulteriormente “riscoperto”: le sue principali opere cinematografiche – Strepitosamente…Flop, Cattive Inclinazioni, Bugie Rosse – sono state recentemente rieditate e rivalutate, dalla critica e dal pubblico. E non è un caso che la sua convinta visione del mondo e dell’arte gli abbiano permesso di dirigere con grande partecipazione emotiva I Love…Marco Ferreri, un bellissimo documentario – presentato nella sezione Classici della 74esima Mostra del Cinema di Venezia del 2017 – incentrato su Marco Ferreri, un altro regista-contro (che non poteva e non doveva essere dimenticato), che a sua volta, attraverso i suoi film, aveva visto lungo sulle brutte pieghe della nostra società. Per noi è stato un grande onore intervistare Pierfrancesco Campanella.
Un regista come lei, sempre controcorrente e “fuori dal coro”, come giudica la fase attuale che il cinema sta affrontando all’epoca della pandemia? Che orizzonti vede per tutto il sistema-cinema?
È inutile girarci intorno, siamo in una fase molto, molto difficile. Sono dell’avviso che l’uscita in sala rimanga, nonostante tutto, centrale nello sfruttamento di un film. La gente, causa Covid, si è disabituata a frequentare i cinematografi e non sarà facile farla tornare, anche a causa del perdurare di questa situazione di incertezza. Viene il rammarico se si pensa che, proprio nei mesi immediatamente precedenti all’esplosione della pandemia, le presenze degli spettatori erano aumentate considerevolmente. Le piattaforme non sono il rimedio che bilancia il mercato, anche perché ad essere premiati da questo sistema sono i prodotti più importanti con grossi nomi. I piccoli film vengono scaricati poco.
A proposito di “registi fuori dagli schemi”, ho ancora nella mente il suo bellissimo documentario dedicato alla figura – troppo in fretta dimenticata – di Marco Ferreri, un autore che aveva previsto, attraverso le sue opere, la degenerazione/appiattimento culturale di un paese che avrebbe poi conosciuto negli anni la tv commerciale, i reality show e i social network. Lei scrisse e diresse quel lavoro prima dell’arrivo del Covid. Oggi quanto e in che modo il virus ha ulteriormente peggiorato la società?
Se possibile siamo diventati tutti un po’ più cinici e cattivi. La paura di un futuro incerto ha fatto aumentare la frustrazione, la solitudine, la difficoltà a comunicare e a tessere rapporti umani veri. Marco Ferreri ci aveva davvero visto lungo!
Altre sue importanti opere d’autore – Strepitosamente…Flop, Cattive Inclinazioni, Bugie Rosse – hanno ritrovato recentemente la luce (rieditate in dvd e rese visionabili sia attraverso la piattaforma CG Digital) incontrando un nuovo grande successo. Secondo lei perché? Quante (nuove) vite può avere un film? Quanto incide la nostra nostalgia per tutto ciò che stato fatto sempre “Prima”?
Ho imparato a mie spese (si fa per dire!) che un film non muore mai e può sempre risorgere dalle sue ceneri. Nel mio caso si tratta di opere che in qualche modo, quando furono realizzate, erano forse un tantino “avanti” e da molti critici non furono capite. Mi ha fatto piacere leggere oggi da più parti che sono considerate “cult movie”, con tematiche ancora attuali. È pur vero che indubbiamente le cose del passato le vediamo con occhio più benevolo. E le pellicole cinematografiche non si sottraggono a questa regola.
E, in fatto di nostalgia, so che stava pensando di girare un docufilm sugli anni ’80, ci sono novità? Di che cosa si tratta?
Nostalgia canaglia! Scherzi a parte, era un lavoro che doveva intitolarsi “C’era una volta… Cinecittà”, un affresco di tic, mode e manie di quel periodo storico, visti attraverso gli spezzoni di alcuni film più rappresentativi intervallati da interviste a personaggi dell’epoca. Avevo firmato il contratto all’inizio del 2020 e avevo già cominciato a lavorarci su. L’avvento del Coronavirus ha bloccato tutto e per il momento il progetto è ancora bloccato.
Tra i suoi lavori più recenti ci sono tre cortometraggi, L’Amante Perfetta (A Perfect Lover), L’Idea Malvagia (The Evil Idea), Sacrificio Disumano (Inhuman sacrifice). Al di là del genere affrontato, cosa le piace di più del film-breve?
La possibilità di esprimersi in maniera concentrata, senza inutili orpelli. Il fatto di essere più libero artisticamente e, per esempio, di poter scegliere anche attori poco conosciuti, infischiandosene delle logiche di mercato.
A proposito di durata, oggi, sempre di più, stanno spopolando le serie-tv. Ha in mente di realizzarne una?
No. Personalmente, nel bene o nel male, faccio solo le cose in cui credo e che sento mie. Quando entri nella serialità televisiva è come se vai a timbrare il cartellino…
Un altro suo progetto, dal titolo provvisorio Trappola D’Amore, è ispirato a un argomento di stretta attualità come lo stalking sentimentale e racconta una storia autobiografica che lo riguarda. Può dirci qualcosa di più?
Il curriculum di un regista è fatto soprattutto di film… mai nati. Io ho i cassetti pieni di sceneggiature che stavano per materializzarsi in progetti concreti ma che, per un motivo o per l’altro, non si sono realizzati. Il film cui alludi è uno dei tanti miei “mai nati”. Non dispero, prima o poi di farcela. Pensa che uno dei tre protagonisti doveva essere Piera Degli Esposti, nel ruolo di una nonna terribile, molto sui generis. Un personaggio fortissimo che aveva entusiasmato Piera. Nel caso le riprese dovessero finalmente partire, sarei in imbarazzo nello scegliere la sua sostituta.
Ci sono altri progetti che ha in mente?
Nell’immediato un thriller-horror per i mercati esteri. Sto portando a termine il copione in questi giorni. È previsto l’impiego di molti attori stranieri, visto che verrà girato in presa diretta inglese. Il perché di questa scelta è presto detta e si ricollega con quanto detto all’inizio: finchè il mercato delle sale non si sarà normalizzato, meglio puntare su qualcosa di facilmente esportabile, ampliando il bacino di potenziali spettatori. Il film di genere, secondo me, è più adatto alla fruizione in streaming.
CAMERALOOK
D’impeto mi viene in mente la scena finale di “Psyco” con Anthony Perkins. Sarà che quando vidi quel film ero molto piccolo e ne rimasi particolarmente impressionato! Ti confesso che sono un fifone e tuttora, quando vedo un’opera di paura, non riesco a dormire per settimane. A pensarci bene, forse è per esorcizzare tutto questo che scrivo gialli!
Intervista di Giacomo Aricò