Presentato in anteprima al Torino Film Festival e al Trento Film Festival, giovedì 17 febbraio nelle nostre sale uscirà Io Sono Vera, l’opera prima di Beniamino Catena, un’indagine dell’animo umano che si snoda tra fantasy, fantascienza, dramma e il genere romantic. Protagonista il cast formato da: Marta Gastini, Davide Iacopini, Anita Caprioli, Paolo Pierobon, Manuela Martelli, Caterina Bussa e Marcelo Alonso.
Il film
Italia, costa ligure di Ponente. Sullo spettacolare promontorio di Punta Crena, a picco sul mare, una bambina di 11 anni tiene un’urna in mano. Si chiama Vera Melis (Caterina Bussa) ed è profondamente addolorata: il cane con cui è cresciuta è morto. Al suo fianco c’è Claudio (Davide Iacopini), l’amico di famiglia che le aveva regalato il cucciolo. Mentre il vento porta via le ceneri, Vera sparisce senza lasciare traccia. Nello stesso momento, in Cile, a San Pedro de Atacama, Elias (Marcelo Alonso), un uomo clinicamente morto per infarto, torna in vita. Dopo l’esperienza di premorte, tutte le notti sogna una bambina a lui sconosciuta. Si riavvicina alla figlia Clara (Manuela Martelli), che aveva abbandonato quando era piccola, e le dona tutto ciò che possiede, quindi, come un eremita, vaga per il deserto in cerca di risposte. Una sciamana gli rivela che la presenza che popola i suoi sogni è un’anima sospesa, il suo nome è “Vera”. Elías, dopo aver scoperto la storia di Vera Melis, arriva in Italia, raggiunge il promontorio di Punta Crena e si lancia nel vuoto dallo stesso punto dove, due anni prima, lei era scomparsa. Sulla spiaggia sottostante, una giovane donna si risveglia. Non ricorda nulla ma afferma di chiamarsi Vera (Marta Gastini).
Il test del DNA conferma che quella donna è proprio la ragazzina scomparsa due anni prima. Malgrado nessuno riesca a dare una spiegazione al suo strano caso, la madre la accetta e la riporta a casa mentre il padre la rifiuta. Claudio, indagato e scagionato per assenza di prove, vive come un rietto soffocato dai sensi di colpa. Vera lo cerca e dopo lo smarrimento iniziale l’uomo decide di darle fiducia. Nei giorni Vera si riappropria di alcuni suoi ricordi e riesce a far breccia nel cuore del padre. Infatti ha sviluppato una sensibilità e una capacità che le permettono di entrare in contatto profondo con la natura e quindi di raggiungere il cuore degli altri. Vera incomincia ad avere delle visioni di un uomo a lei sconosciuto, Elias. Ma questo contatto misteriosamente incomincia a sottrarle energia vitale. Quando viene ritrovato il corpo senza vita di Elias, Vera capisce che il suo tempo è terminato. Prima di morire lascia a Claudio un’enigmatica traccia. Ora spetterà a lui prendere in mano la sua vita e portare a termine il coraggioso disegno che Vera ha iniziato.
Beniamino Catena racconta…
“Questo è un film che ha molte anime e molti volti. La storia qui raccontata ha connotati meticci perché il fantasy si fonde con la fantascienza abbracciando il dramma e il genere romantic. Tuttavia lo stile cinematografico è iperrealistico, lucido, talvolta documentario. Da questo contrasto nasce quell’idiosincrasia feconda che è il realismo magico, un linguaggio che potenzia il messaggio del nostro film. Perché il film racconta qualcosa al limite del reale esplorando ciò che non è visibile ma ugualmente tangibile e forte come la paura, l’amore, il dolore, il senso dell’infinito. Perché noi vediamo e sentiamo con gli occhi di Vera, una ragazzina speciale che per affrontare il primo lutto della sua vita, la morte dell’amato cane, si confronta con l’ignoto desiderando di scoprire cosa c’è oltre la barriera del visibile e del corporeo. Attraverso quella ragazzina, che sta per affrontare il passaggio dall’infanzia all’adolescenza ancora avvolta in un mondo magico ed empatico con la natura, lo spettatore è chiamato a vivere un’esperienza più mistica che misterica”.
“Vera desidera così intensamente che riesce a vivere il suo desiderio di infinito e di fusione con il creato compiendo quindi un “viaggio” nello spazio intergalattico per poi ritornare nel nostro pianeta, la Terra. Questo viaggio avviene solo a patto di una disgregazione corporea, a livello subatomico, come se la ragazzina si fosse dissolta nella natura, anche quella più remota, oscura, siderale. Nel film lo spazio e i paesaggi sono ritratti come dei personaggi per svelare i loro più intimi dettagli ed esprimere i loro stati d’animo. Non solo come corollario dei nostri protagonisti ma come esseri dotati di anima. L’Italia e il Cile quindi sono fotografati nella loro specificità di luce e colori. Da una parte la Liguria con il suo mare blu profondo, la roccia e la montagna che delinea la costa. Dall’altro il deserto di Atacama con i suoi cieli infiniti e la sua spettacolare terra ocra e salina in cui la linea di confine tra Terra e spazio infinito diventa il principio astratto del rapporto tra l’umano e il divino. Il film esplora il rapporto tra vita e morte, paura e accettazione, solitudine e unione con il Tutto“.
“Vera non solo è un personaggio, con la sua parabola narrativa, è anche il paradosso che porta gli altri protagonisti, in primis Elias e Claudio, a confrontarsi con la paura sia di vivere che di morire. Capiranno che i loro conflitti potranno essere risolti solo a patto di essere se stessi sino in fondo. Sconfiggeranno la loro solitudine scoprendo che sono realmente connessi gli uni agli altri. Lo capiranno attraverso l’esperienza del proprio corpo e del corpo di Vera, non solo a livello teorico o mistico. Avranno la prova che siamo tutti esseri di luce e che nella luce ritorneremo. Ma questo percorso esistenziale è narrato attraverso le azioni quotidiane e le interazioni tra i personaggi, con le loro difficoltà, le loro frustrazioni e le loro fragilità. I nostri personaggi si salvano capendo che la via per la felicità e la pienezza la si percorre solo scegliendo di amare“.