Meritati riconoscimenti per Whiplash, la pellicola scritta e diretta da Damien Chazelle che, anche in corsa per il Miglior Film, si è portata a casa tre Premi Oscar: Miglior Montaggio, Miglior Sonoro e Miglior Attore Non Protagonista per la memorabile interpretazione di Jonathan Kimble Simmons.
Andrew Neiman (Miles Teller) è un giovane e ambizioso batterista jazz, ostinato nel suo tentativo di diventare il migliore all’intero dell’esclusivo conservatorio che frequentava nella East Coast. Tormentato dalla fallimentare carriera di scrittore di suo padre, Andrew lavora giorno e notte per diventare uno dei più grandi. Terence Fletcher (J.K. Simmons), un istruttore di musica conosciuto sia per il suo grande talento nell’insegnare sia per i suoi terribili metodi di apprendimento, dirige l’ensemble Top Jazz della scuola.
Una sera Fletcher sente suonare Andrew e decide di inserirlo nella band, cambiando per sempre la vita del giovane aspirante batterista. La passione che mette Andrew nel cercare di raggiungere la perfezione presto si trasformerà in ossessione, e il suo spietato maestro lo spingerà sempre più sull’orlo, arrivando a minare sia la sua abilità che la sua sanità mentale.
“Ci sono un sacco di film sulla gioia che porta la musica. Ma, da giovane batterista con uno stile da conservatorio che entra in una Orchestra Jazz a Scuola l’emozione che ho sentito maggiormente è stata diversa: paura. La paura di sbagliare un tocco. La paura di sbagliare il ritmo. E ancor più schiacciante, la paura del mio direttore d’orchestra”. Parole di Damien Chazelle, che con Whiplash, ha voluto fare un film sulla musica che sembrava “un film di guerra, oppure un film di gangster, in cui gli strumenti diventano armi, dove le parole si fanno violente come le pistole, e dove l’azione non avviene su un campo di battaglia, ma in una sala prove della scuola, o durante un concerto”.
La leggenda del jazz che ha da sempre incuriosito di più il regista è quella del giovane Charlie Parker: “quando aveva 16 o 17 anni – spiega – nessuno dei suoi coetanei avrebbe detto sarebbe diventato il grande musicista della sua generazione. Per quelli più vecchi di lui, era solo un ragazzo volonteroso ma dal talento mediocre. Ma con la pratica e la forza di volontà tutto diventa possibile”.
Dopo un fallimento al Reno Club con tanto di umiliazione ricevuta dal pubblico, il diciannovenne Charlie decise di mettersi sotto. Studiò come un pazzo per un anno e quando tornò al Reno Club sorprese il mondo. Anche Chazelle da liceale ha passato “ore e ore ogni giorno rinchiuso in uno scantinato insonorizzato, suonando la batteria fino a farmi sanguinare le mani, sognando una trasformazione. A spronarmi fu il direttore della mia scuola, il più grande eroe locale che era riuscito a trasformare in modo folgorante una nascente banda jazz di una scuola pubblica del New Jersey nel miglior ensamble del Paese secondo il Down Beat Magazine: una band che arrivò a suonare a due inaugurazioni presidenziali e che aprì il JVC Jazz Festival di New York”.
La musica è al centro di tutto per il regista: “per anni, la batteria è diventata la mia vita, e per la prima volta la musica entrò nella mia mente non tanto come forma di intrattenimento, divertimento o libera espressione, ma sotto forma di paura. Guardando indietro, mi chiedo come sia potuto succedere”. Anche se il suo viaggio come batterista è culminato con onori nazionali e riconoscimenti, Chazelle riesce “ancora vividamente ricordare gli incubi, la nausea, i pasti saltati e i giorni di ansia che non mi permettevano di trattare la musica per quello che deve essere più di tutto: gioia e libertà”.
A salvarlo fu il suo maestro, che in quei giorni difficili diventò la persona più importante per lui. Il loro rapporto, che rivediamo nel rapporto Insegnante-Allievo tra Fletcher e Andrew, è stato decisivo: “è stato questo rapporto così fortemente vissuto e carico di tensione che ho voluto esplorare in Whiplash”.
E il suo film sembra suggerirci queste domande: fino a che punto un insegnante deve spingersi per trasformare il suo allievo in una stella? Charlie Parker ha davvero avuto bisogno di essere deriso sul palco per diventare “Bird”? Come si fa a creare un grande uomo?
Il giovane regista ha infine concluso: “per rendere le emozioni che ho provato nei miei anni da batterista, ho voluto inquadrare tutte le performance musicali del film in gare di vita o di morte, con la stessa tensione di un inseguimento in auto, o di una rapina in banca. Ho voluto mostrare tutti i dettagli che ricordo, il lavoro sporco e il sudore quando si suona. I tappi per le orecchie, le bacchette spezzate, le vesciche e le mani tagliate, il conteggio incessante del metronomo, la fatica. Allo stesso tempo, ho voluto catturare i momenti fugaci di bellezza che la musica permette, e che il film cattura in modo commovente”.
“Quando si ascolta un assolo di Charlie Parker, si entra in uno stato di beatitudine. È servita tutta quella sua sofferenza per arrivare ai grandi risultati che ascoltiamo? Non ne ho idea, ma per me è una domanda che vale non solo per la musica ma per tutte le forme d’arte e che tocca un concetto semplice e fondamentale: arrivare alla grandezza a tutti i costi”
Damien Chazelle