Ho pensato a lungo a cosa scrivere oggi per il suo 80° compleanno. Ma tradurre e condensare in un testo scritto le indescrivibili e innumerevoli emozioni che mi ha regalato è praticamente impossibile. Jack Nicholson è semplicemente il mio mito. Interprete istrionico, eclettico e dalla personalità dirompente, sempre capace di trasformare un sorriso in un malefico ghigno, Jack è considerato una delle star più complete e memorabili del panorama hollywodiano ed è l’attore che detiene il record di candidature al Premio Oscar, ben 15, tra cui 3 vinti. E forse è più giusto così, parlare della sua carriera straordinaria.
Una rivelazione shock
John Joseph “Jack” Nicholson nasce a Neptune City, nel New Jersey, da Donald Furcillo, uno showman di origini italiane, e da June Nicholson, una studentessa. Suo padre, un alcolista, abbandonò June quando questa era diciassettenne. Per anni la madre di Jack fece al figlio di essere sua sorella. Jack Nicholson lo scoprì nel 1974, da un giornalista del Time (mentre quella che lui credeva essere sua madre, era in realtà sua nonna). Ma prima di questa rivelazione, la sua carriera cinematografica era già brillante. Il suo cammino verso la settima arte iniziò infatti a diciassette anni, quando decise di trasferirsi a Los Angeles, la patria del cinema. È lì che cominciò a partecipare ai corsi di arte drammatica di Jeff Corey, tenuti da Martin Landau.
Gli esordi con Corman e i Western
In quei primi anni incontrò e strinse amicizia con Dennis Hopper, Harry Dean Stanton e soprattutto il regista Roger Corman che gli permise di esordire sul grande schermo nel 1958 con un ruolo da protagonista in The Cry Baby Killer. Nei succuessivi anni con Corman, Jack Nicholson girò diversi film dark-gotici, tra cui il celebre La Piccola Bottega Degli Orrori (1960), I Maghi Del Terrore (1963) e La Vergine di Cera (1963). Dopo aver partecipato a Una Nave Tutta Matta di Joshua Logan (1964), Nicholson entrò nelle grazie di Monte Hellman che lo lanciò nel cinema western: Flight to Fury e Back Door to Hell nel 1964, Le Colline Blu e La Sparatoria nel 1966. Il genere gli è congeniale, tanto che lo stesso Nicholson accettò di girare, ormai famoso, Missouri di Arthur Penn (1976, suo antagonista è Marlon Brando), e di girare e interpretare, come regista e attore, Verso il Sud (1978, una western-comedy).
Gli anni della ribellione e Easy Rider
Jack Nicholson è stato anche uno dei volti simbolo del cinema sessantottino. Diversi i titoli di questo filone che lo hanno visto protagonista: da Angeli dell’Inferno Sulle Ruote (1967, di Richard Rush) a Psych Out – Il Velo Sul Ventre (1968, di Richard Rush) e soprattutto il cult Easy Rider di Dennis Hopper (1969), film che gli diede la fama e il successo che stava aspettando. Una pellicola-manifesto che gli fece svoltare la carriera grazie alla sua interpretazione di George Hanson, un avvocato alcolizzato in cerca di nuove emozioni, resa celebre da uno strampalato discorso sui Venusiani. Ottenne una candidatura all’Oscar come Miglior Attore Non Protagonista e “oscurò” il protagonista, Peter Fonda.
Dai Pezzi Facili al Cuculo, i magnifici anni ‘70
Gli anni Settanta rappresentano il momento più intenso della vita e soprattutto della professione di Jack Nicholson. Già partire dal magnifico Cinque Pezzi Facili di Bob Rafelson (1970), con cui ottenne la prima candidatura all’Oscar da Protagonista. Altra prova superba arrivò l’anno successivo con il piccante e acceso Conoscenza Carnale del maestro Mike Nichols. Sempre nel 1971, debuttò come regista con Yellow 33, ambientato nel mondo della pallacanestro, sua grande passione. Dopo un nuovo film con Rafelson, Il Re dei Giardini di Marvin (1972), arrivò L’Ultima Corvè di Hal Ashby (1973) e il celeberrimo Chinatown di Roman Polanski (1974), dove Nicholson interpretò l’investigatore privato protagonista (nuova nomination all’Oscar). Il 1975 è un anno d’oro. Nicholson, oltre a partecipare al Tommy di Ken Russel, recitò anche nella commedia Due Uomini e Una Dote di Mike Nichols, nel Professione Reporter del nostro Michelangelo Antonioni e soprattutto in Qualcuno Volò Sul Nido Del Cuculo, capolavoro di Milos Forman che gli fece vincere il suo primo Oscar come Protagonista.
Shining e il secondo Oscar
Non fu premiata con l’Oscar, ma l’interpretazione di Jack Nicholson in Shining è forse quella più riconosciuta dal pubblico a livello mondiale. Nei panni del folle scrittore Jack Torrence, abbiamo visto un Jack Nicholson in stato di grazia. Anche grazie alla direzione del regista del film, niente meno che Stanley Kubrick. Un capolavoro assoluto che, a detta di molti, ingabbiò per sempre Nicholson, sempre riconducibile a quel personaggio che perde le staffe, che diverte e terrorizza allo stesso tempo. Dopo aver girato Il Postino Suona Sempre Due Volte di Rafelson (1981), dopo aver preso parte a Reds, capolavoro di Warren Beatty (1981) e dopo il minore Frontiera di Tony Richardson (1982), ecco il secondo Oscar, questa volta da Non Protagonista, per lo struggente Voglia di Tenerezza di James L. Brooks (1983).
Dai Prizzi al Joker
Dopo un anno di pausa, nel 1985 Jack Nicholson torna più carico che mai sul set per L’Onore Dei Prizzi di John Huston, padre di Anjelica, sua storica compagna, e collega in questo film divertente sulla mafia. Del 1986 è invece la sua nuova collaborazione con Mike Nichols in Heartburn – Affari di Cuore, al fianco di Meryl Streep con la quale gira anche l’anno successivo l’intenso Ironweed di Hector Babenco. Il finale degli anni Ottanta vede Jack Nicholson ricoprire due volte il ruolo del cattivo ne Le Streghe di Eastwick di George Miller (1987, nei panni del Diavolo) e nel Batman di Tim Burton (1989), dove regalò un’indimenticabile interpretazione del Joker.
Pochi alti, molti bassi
Nel 1990 Nicholson girò e interpretò senza successo Il Grande Inganno, il sequel di Chinatown. Seguirono altri film poco fortunati, alcuni anche mediocri, dove fu diretto nuovamente da: Bob Rafelson (La Gatta e la Volpe nel 1992 e Blood & Wine nel 1996), Mike Nichols (Wolf – La Belva è Fuori, 1994) e Tim Burton (Mars Attacks!, 1996). Più di spessore sono le sue prove nel Codice d’Onore di Rob Reiner (1992), nel Hoffa – Santo o Mafioso? dell’amico Danny DeVito (1992) e nei 3 Giorni per la Verità di Sean Penn (1995). Un anno dopo girò anche Conflitti Del Cuore di Robert Harling, il sequel di Voglia di Tenerezza.
Qualcosa è Cambiato, il terzo Oscar
La rinascita e una nuova svolta arrivò con Qualcosa è Cambiato di James L. Brooks (1997), film meraviglioso in cui Jack Nicholson mise tutto se stesso. Inarrivabile e immenso, per questa prova vinse il suo terzo Oscar, il suo secondo come Protagonista. Dopo un po’ di riposo, nel 2001 rieccolo a grandi livelli ne La Promessa di Sean Penn e soprattutto in A Proposito di Schmidt di Alexander Payne (2002, nuova nomination Academy). Nel 2003 seguirono poi due commedie fortunate, Terapia d’Urto di Peter Segal e Tutto Può Succedere di Nancy Meyers.
The Departed e l’attesa…
In questo ultimo decennio Jack Nicholson ha preso parte solo a tre film. Il primo di questi è lo straordinario The Departed di Martin Scorsese (2006) che vinse l’Oscar come Miglior Film e Miglior Regia. Jack regala una performance sontuosa nei panni del boss Frank Costello. L’anno successivo ritrova Rob Reiner per Non è Mai Troppo Tardi, commedia malinconica girata insieme a Morgan Freeman, e James L. Brooks che lo dirige ancora nella commedia leggera Come lo Sai (2010). A oggi, il suo ultimo film.
Negli ultimi anni si è parlato molto del suo addio alle scene. Illazioni, voci, alcune offensive: “Jack Nicholson non si ricorda più le battute”. Vecchiaia o il vizio del bere, queste le motivazioni. Eppure proprio quest’anno, poco tempo fa, pare che il suo grande ritorno ci sarà, per il remake americano di Vi Presento Toni Erdmann. Noi ce lo auguriamo, e non vediamo l’ora. Ma ogni tua scelta, Jack, sarà libera: per me sei e sarai sempre il mio mito.
Giacomo Aricò