Spirata lo scorso luglio 2017, oggi sarebbe stato il 90° compleanno di Jeanne Moreau, tra le più grandi attrici di sempre del cinema francese, volto simbolo degli anni ’50 e ’60, icona di una donna elegante e combattiva. La ricordiamo celebrando un film che quest’anno compie 60 anni, ovvero Ascensore per il Patibolo, lo straordinario esordio alla regia del 1957 di Louis Malle. La pellicola – restaurata da Gaumont – è tratta da un romanzo di Noël Calef e rielabora in maniera strabiliante una trama noir con protagonista una straordinaria Jeanne Moreau. Magnifiche sono anche la fotografia in bianco e nero di Henri Decae e la colonna sonora jazz firmata dalla tromba di Miles Davis.
Florence (Jeanne Moreau) e Julien (Maurice Ronet) sono amanti che decidono di eliminare il marito di lei, Simon (Jean Wall), potente affarista con i vertici della politica. I due architettano un piano che sembra perfetto, disponendo ogni dettaglio in modo che la polizia lo consideri un suicidio, ma quando Julien tenta di lasciare l’edificio in cui ha appena compiuto il delitto, un black out elettrico l’intrappola nell’ascensore.
Su questa storia di tradimenti, omicidi progettati e commessi, di dettagli che complicano la vicenda e casualità che segnano il destino, Malle costruisce una melodia soffusa, aiutato dalla magistrale partitura jazz composta da Miles Davis, un mood che combacia perfettamente con le tinte cupe e minacciose del film. Jeanne Moreau non è mai stata così bella e magnetica: una dark lady dallo sguardo inquieto. Vederla passeggiare per le vie di Parigi, anonima figura dall’andatura sensuale, ma quasi alla deriva, sullo sfondo grigio e sfocato dell’inquadratura, tra i riverberi delle luci al neon, ci fa pensare che gli stati di grazia esistono.
Riportiamo ora di seguito quanto dichiarò Louis Malle sul film
Tra Bresson e Hitchcock – “Quando realizzai Ascensore per il Patibolo scelsi deliberatamente di partire da un libro che era un thriller, consapevole di fare qualcosa che sarebbe stato venduto all’industria cinematografica come un film di serie B. Naturalmente, ero molto ambizioso, e il fatto di lavorare con Roger Nimier, anziché con gli sceneggiatori che mi erano stati raccomandati, rivelava tutte le speranze che riponevo nel film. Adesso, quando rivedo il film, mi rendo conto che riuscii – poiché esisteva una trama, che però era solo una specie di ossatura – a introdurre certi temi che, senza dubbio a livello inconscio, erano per me così importanti da ricomparire in seguito nel mio lavoro. Ma volevo anche fare un buon thriller. Il buffo è che ero davvero diviso tra l’enorme ammirazione per Bresson e la tentazione di fare un film alla Hitchcock. Così, in Ascensore c’è qualcosa dell’uno e dell’altro”.
“In molte scene, specialmente all’interno dell’ascensore, cercai di emulare Bresson. […] Al tempo stesso imitavo Hitchcock nel tentativo di fare, forse con un po’ di ironia, un thriller che funzionasse bene. La suspense, i colpi di scena… chiaramente, dal punto di vista stilistico, a parte il fatto che era il mio primo lavoro e quindi pieno di goffaggini, ero più vicino a Bresson. Così mi trovavo in mezzo ai due. Oltretutto, volevo ritrarre la nuova generazione… attraverso i personaggi dei ragazzi (quei ragazzi di periferia che allora erano chiamati blousons noirs perché indossavano tutti giubbotti di pelle nera), e descrivere una nuova Parigi, andando oltre la Parigi di René Clair narrata tradizionalmente dai film francesi. E volli anche mostrare uno dei primi edifici moderni di Parigi. Inventai un motel… ce n’era solo uno in Francia e non era vicino a Parigi, e così dovemmo girare in Normandia”.
Dal romanzo al film – “Nel libro il personaggio interpretato da Jeanne Moreau non era importante, era solo la moglie dell’uomo che veniva assassinato nella scena iniziale. Il libro, come il film, racconta la storia di un uomo che compie un delitto perfetto e rimane stupidamente bloccato in un ascensore, di due ragazzi che rubano la sua macchina, vanno in un motel fuori Parigi, e commettono un omicidio… tutto sembra provare che quell’uomo sia l’autore del secondo delitto, e invece… era questa l’astuzia, il trucco del libro. Nella sceneggiatura allargammo la trama per introdurvi la storia d’amore. Non volevamo che il film ruotasse unicamente intorno a due delitti. Poiché era qualcun altro a commettere un omicidio con la sua macchina e la sua pistola, pensammo che il film sarebbe stato molto più interessante se subito dopo il delitto il protagonista avesse avuto un appuntamento con una donna. Lei lo cerca ovunque, ma non si incontrano mai. Francamente non pensavamo che fosse tanto azzardato”.
“Ricordo che esitammo molto, mentre lavoravamo alla sceneggiatura, prima di decidere se a un certo punto farli incontrare. Decidemmo di no, ma alla fine c’è quella scena, una delle migliori del film, in cui lei viene arrestata. Il fotografo sta sviluppando le foto, e lei si vede insieme a lui, tra le sue braccia, negli ingrandimenti ancora in acqua, e in questo modo vengono riuniti. Ma non sono mai insieme. Ci sembrava molto romantico”.
Jeanne Moreau – “Anche se Jeanne aveva fatto non pochi film prima, il pubblico la scopre con questo, perché lei, qui, appare con la sua vera personalità, il suo temperamento, il suo viso sconvolgente, così mutevole; a quell’epoca molti degli operatori dicevano che era un’attrice straordinaria, ma difficile da inquadrare, da fotografare, da filmare. Allora le mettevano chili di trucco, tanto che ciò che appariva sullo schermo era più una maschera che il vero viso di Jeanne. Se c’è un’idea nel film di cui posso vantarmi, è quella di aver senza dubbio compreso ciò, e, d’accordo con lei, averla fotografata così com’è, il che non era così scontato all’epoca”.
“Paradossalmente, sono stati i distributori a darci l’idea di far recitare Jeanne Moreau, essendo il film, all’origine, nella tradizione della serie B francese. A quell’epoca Jeanne recitava a teatro La Gatta Sul Tetto Che Scotta, di Tennessee Williams, e perciò eravamo andati, io e il mio sceneggiatore Roger Nimier, a vederla. Abbiamo cenato con lei, e, come è evidente, ci ha abbagliati, sulla scena, per tutta la serata. Di seguito, abbiamo deciso di cambiare la sceneggiatura, di sviluppare il suo personaggio, di fare del film una lunga passeggiata di Jeanne Moreau nelle strade di Parigi. Ho sempre ammirato la sua eleganza, il suo modo di mettersi a disposizione dell’arte. Jeanne Moreau, la sua intelligenza, la sua sensibilità, i suoi suggerimenti, le sue osservazioni, mi sono sempre state preziose”.
Il jazz di Miles Davis – “La musica è sempre presente in Ascensore, ma nel complesso non dura molto, neanche diciotto minuti, che è poco. Ciò che Miles Davis riuscì a fare fu eccezionale, il film si trasformò. Ricordo benissimo com’era senza la musica, ma quando attaccammo il missaggio finale e aggiungemmo la musica, sembrò subito decollare. Non era la solita musica da film che enfatizza o intensifica l’emozione implicita nelle immagini o nel resto della colonna sonora. Era un contrappunto, era qualcosa di elegiaco… di distaccato, in qualche modo. Creava un’atmosfera. Ricordo la prima scena; la tromba di Davis le dava un tono che aggiungeva un’altra dimensione alle prime immagini. Sono convinto che senza la musica di Davis il film non avrebbe avuto quel successo di critica e di pubblico”.
“Non mostrai una Parigi del futuro, ma in fin dei conti una città moderna, un mondo già disumanizzato. Non ero consapevole, con Ascensore per il Patibolo, di fare qualcosa di personale; lo consideravo piuttosto un esercizio”.
Louis Malle
EXTRA – Pillole sul film e su Jeanne Moreau
“Ascensore per il Patibolo contiene, seppure in forma embrionale, la maggior parte delle tematiche e delle preoccupazioni che saranno trattate in modo più approfondito in seguito: un disprezzo venato di attrazione per l’ipocrisia della classe borghese, il jazz, il suicidio, il mondo degli adulti visto da una gioventù permeata di una pericolosa innocenza, uno sfondo politico sul quale si evolvono i protagonisti e che si riflette nel loro comportamento, individui prigionieri del loro destino, il potere distruttivo della passione carnale, l’arte di cogliere una determinata società nell’esatto momento in cui sta cambiando, il bisogno di disorientare e sconcertare, il rifiuto di dare direttamente un giudizio morale. Uno dei pochi elementi che mancano in quel film è l’anticlericalismo”. (Philip French)
“La nouvelle vague portava in primo piano l’autenticità, la giovinezza e la modernità, ed esigeva dai suoi attori le medesime qualità. Moreau era espressione di questo anti-divismo, apparentemente meno sexy ma non meno seducente. A partire da Ascenseur, Moreau fu anche al centro di una transizione nella rappresentazione dell’erotismo femminile – dal corpo al volto – che avrebbe segnato il cinema di Bergman, Antonioni e Godard. Dal gigantesco primo piano che apre Ascenseur, il volto della Moreau esprime interiorità e sentimento. Il trucco discreto e le borse sotto gli occhi sono proclami di autenticità; la piega amara della bocca carnosa e sensuale parla di una sessualità ammaccata e tragica. La bocca di Moreau, vicina alla cornetta del telefono, attira l’attenzione sulla sua voce, un misto di stanchezza e sensualità, solennità e scherzo. Moreau veniva percepita come la donna moderna”. (Ginette Vincendeau)