Solo dal 6 all’8 maggio, in occasione degli Internazionali d’Italia di Tennis, al cinema arriva John McEnroe – L’Impero Della Perfezione, il documentario del regista francese Julien Faraut, che ci fa immergere nel Roland Garros del 1984 con il numero uno del mondo John McEnroe. Un film che rivela i ‘problemi di convivenza’ tra un campione perfezionista e gli arbitri perfettibili, un pubblico desideroso di spettacolo e una troupe cinematografica che ha deciso di catturare ogni mossa dell’irascibile tennista.
Il cinema mente, lo sport no
Il documentario, presentato alla Berlinale e premiato come Miglior Film alla 54° Mostra internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro racconta il mitico campione di tennis John McEnroe, ex ragazzo prodigio successivamente noto alle cronache non solo per il talento ma anche per il caratteraccio e una vita privata movimentata, è già stato protagonista di film e documentari, ma mai in modo così avvincente come in questo documentario, che vanta materiali di repertorio ed elementi di psicologia e di teoria del cinema, accompagnati dalla voce di Mathieu Amalric, con la premessa godardiana “Il cinema mente, lo sport no”.
Julien Faraut racconta…
“Come diceva Godard, Il cinema può mentire, non lo sport. Su un campo da tennis, John McEnroe corre e soffre. Vince o perde. Quelle sono le uniche opzioni. Non c’è tempo per effetti speciali. I suoi risultati sono qualcosa di concreto e verificabile. Inoltre volevo anche decostruire l’immagine del giocatore/attore impulsivo – lo stereotipo di McEnroe che conosciamo dalla pubblicità. Usando filmati in 16mm dell’Institut National du Sport et de l’Education Physique (INSEP) giranti durante l’Open di Francia all’inizio degli anni ’80, ho cercato di mettere in risalto i momenti di verità che la competizione rappresenta. Ho tentato di mostrare McEnroe come uno sportivo professionista impegnato a realizzare l’unica cosa che veramente gli interessa sul campo da tennis: battere gli avversari. Allo stesso tempo, poiché siamo così condizionati dalle immagini delle trasmissioni televisive, il 16 mm ci trasporta rapidamente nel regno della finzione. La teatralità di McEnroe e i suoi segni molto evidenti di insoddisfazione di fronte alla folla, ci trasportano in una dimensione che è più da Actors Studio piuttosto che di sport di alto livello“.
Realtà e finzione
“In questi frammenti video c’è anche una straordinaria ambiguità e un ricco senso del luogo; anche questo è parte del soggetto del film e mi ha guidato nella scrittura e, in larga misura, determinato il montaggio. Sono stato immediatamente stordito da i due “livelli” che ho trovato. Queste immagini video ci danno informazioni su come è stato ripresto il torneo e sul torneo stesso. Ci presentano ciò che accade dietro le quinte e tuttavia hanno la sostanza di una sequenza da film. Sono un collegamento perenne tra realtà e finzione. Queste immagini distruggono anche i principi del cinema documentario che, in una certa misura, cercano di farti dimenticare che si sta guardando un prodotto filmico“.