Marion Mitchell Morrison cominciò a chiamarsi John Wayne nel 1930, in una delle sue prime prove cinematografiche (Il Grande Sentiero), su suggerimento del regista Raoul Walsh. Da quel momento in poi, per i successivi quarant’anni circa, il mondo del cinema, e non solo, ebbe una delle sue icone più splendenti. Un monumento e un simbolo del cinema western che ci lasciava l’11 giugno 1979, 40 anni fa.
Nato in Iowa, Wayne, che ereditò il nome di battesimo dal nonno, un veterano della guerra di secessione statunitense, prima di dedicarsi alla recitazione, collezionò successi universitari giocando a football americano, frequentando contemporaneamente Hollywood ed entrando a contatto con lo Star System. Lo stesso Star System che, di lì a pochi anni, l’avrebbe portato a diventare una celebrità. Prima ingaggiato come attore in film muti, il (Grande) Duca (così era soprannominato per via della compagnia del suo cane chiamato Piccolo Duca), John Wayne vide la strada spianata grazie alla collaborazione con il regista John Ford, suo amico già da anni, quando gli diede il ruolo da protagonista in Ombre Rosse (1939).
La pellicola segnò un’epoca e la nascita del western classico. Un genere nel quale, ben presto, complici l’imponenza fisica e la fedeltà agli ideali americani, il Duca diventò l’interprete per antonomasia. Un western, all’insegna dell’uomo bianco senza macchia e senza paura (quasi un retaggio delle concezioni roosveltiane del new deal) dove i cowboys erano i buoni, mentre gli Indiani (d’America) i cattivi, che naturalmente avevano la peggio.
In questo senso, Wayne (che durante il maccartismo fu presidente di una società il cui scopo era di dare la caccia ai comunisti) impersonava l’eroe impavido (e dall’animo pulito). Un eroe che però John Ford, attraverso la sua maestria e il suo sguardo distaccato della società statunitense, riuscì a rendere più torbido. Basti pensare a Sentieri Selvaggi (1956), quando il Duca ha pietà per la nipote rapita dai Comanche e ormai divenuta una di loro, oppure a L’Uomo che Uccise Liberty Valance (1962), dove Wayne uccide il fuorilegge Valance, dando vita alla carriera politica, basata sulla menzogna (ecco la denuncia di Ford verso la società Usa, fondata su violenza e inganno), del suo rivale in amore, che tutti credono essere stato l’eroe capace di liberare la città dal bandito.
Il vecchio John comunque non si limitò al western (genere che gli fece guadagnare un Oscar, seppur tardivo, con Il Grinta nel 1970). Tra le sue interpretazioni si annoverano film drammatici (Un Uomo Tranquillo, 1952, dove veste i panni di un pugile irlandese che torna alla quotidianità dopo aver ucciso il rivale sul ring), bellici (uno su tutti Berretti Verdi, 1968, che gli costò l’accusa di militarismo, essendo apertamente schierato in favore dell’intervento statunitense in Vietnam), commedia (come Il Pilota Razzo e la Bella Siberiana, del 1950) e polizieschi (la saga del tenente Parker).
Ma è proprio al western che il Duca consacrò la sua vita e sua carriera, terminata pochi anni dopo Il Pistolero (1976). Nel film Wayne interpreta un anziano pistolero che decide di regolare i conti col passato prima di morire. La scena in cui lui si fa visitare dal medico (che ha le sembianze di James Stewart, altra icona di Hollywood), che gli diagnostica un cancro, fa inumidire gli occhi, se si pensa che all’epoca del film il Duca era già gravemente malato di tumore (allo stomaco). Come il pistolero, anche John Wayne era al tramonto della sua esistenza, che terminò nel 1979.
Tommaso Montagna