Scritto da Rafael Jackson e diretto da Courtney Hunt, è da oggi al cinema Una Doppia Verità, un legal drama interpretato da Keanu Reeves, Renée Zellweger, Gugu Mbatha-Raw e Jim Belushi.
Il film amplifica la tensione tra un atto di violenza quasi inimmaginabile e il caso giudiziario di alto profilo che ne deriva. L’imputato è Mike Lassiter (Gabriel Basso), un adolescente che viene trovato vicino al cadavere del padre Boone (Jim Belushi) accoltellato a morte. Mike confessa l’omicidio e viene arrestato, poi si chiude nel silenzio. Il suo avvocato Robert Ramsey (Keanu Reeves) è un amico della vittima, incaricato di convincere la giuria dell’innocenza del suo cliente nonostante il ragazzo si rifiuti di parlare e di fornire spiegazioni. Loretta (Renée Zellweger), moglie della vittima e madre del presunto colpevole, assiste a tale inimmaginabile tragedia incapace di elaborarla.
Mentre i testimoni vengono chiamati a deporre, l’avvocato Ramsey tollera a fatica la presenza di una nuova collega, Janelle (Gugu Mbatha-Raw), che si fa in quattro per tenere il passo con i complicati procedimenti giudiziari. Nuove prove iniziano a indebolire la difesa già traballante di Ramsey. Chi era veramente Boone Lassiter? Quanti nemici si era fatto nella sua vita professionale e personale? Sono tutti aspetti che iniziano ad indicare che la confessione e il silenzio di Mike siano esattamente ciò che sembrano. Mentre Ramsey e Janelle scoprono i segreti che la famiglia Lassiter preferirebbe tener nascosti, la storia prende una piega verso una conclusione in cui la verità e la legge potrebbero non coincidere.
“Ciò che ha suscitato il mio interesse in Una Doppia Verità – spiega Courtney Hunt – è stata la possibilità di considerare il punto di vista di un avvocato difensore in un caso in cui l’imputato si rifiuta di parlare e, così facendo, lo costringe a indagare ancor più profondamente nella mente del suo cliente poiché non solo rappresenta la sua voce in aula, ma anche l’unica a parlare in sua difesa”. Ogni assassino uccide per un motivo: “un soldato non è colpevole di omicidio quando uccide il nemico in guerra, ma chi può dire effettivamente che una famiglia non possa diventare un campo di battaglia con il nemico che vive sotto lo stesso tetto?”.
La Hunt ha ambientato il film a New Orleans per la sua reputazione in ambito procedurale della fase preliminare dei processi penali in cui dovrebbero essere resi noti gli elementi probatori e per la tipica frase di cui si sente parlare spesso: trial by ambush (letteralmente “processo da imboscata”, un processo in cui le parti non sono messe a conoscenza, in fase preliminare, di tutte le prove e di tutti i testimoni dell’altra parte in causa).
La complessità delle diverse verità e la serie delle rivelazioni inaspettate sono stati i punti di forza della sceneggiatura che hanno conquistato immediatamente la regista Courtney Hunt. Citando film come il leggendario Rashomon di Akira Kurosawa, così come altri film a tema giudiziario, la Hunt dice: “credo ci sia una sola verità oggettiva nella storia, ma ne otteniamo cinque versioni diverse”. La regista è stata inoltre attratta dalla come i personaggi vengono rivelati, dato che quello che i testimoni dicono alla sbarra spesso non corrisponde a ciò che è realmente accaduto: “è così interessante trovare persone che di norma sono oneste ma che, per qualche motivo, si trovano a dover mentire sul banco dei testimoni. Non c’è nient’altro che la verità che chiede di essere svelata, si cerca di trovarla senza mai arrivarci realmente. Questo è ciò di cui parla il film, la ricerca della verità”.
Il produttore Anthony Bregman sottolinea che il film è molto più dell’ostinata ricerca della verità – è anche un indagare il modo in cui definiamo la giustizia, sia dal punto di vista legale che morale: “la giustizia in questo film è come una jambalaya, una sorta di stufato composto da diverse ragioni, motivazioni e realtà. Scopriamo che ciò che è giustizia in una situazione non lo è in un’altra. Il film indaga proprio fino a che punto il sistema legale può riuscire a garantire la giustizia, e ciò che dovremmo fare oltre a questo”.
Courtney Hunt ha una laurea in legge ed è sposata con un avvocato. Ma oltre a quella competenza tecnica, ha abbastanza esperienza per comprendere le sfumature dei casi giudiziari, perseguibile solo attraverso l’osservazione diretta. “La forza della storia non è solamente in aula, ma la circonda – conclude la regista – voglio che il pubblico segua il punto di vista dell’avvocato nel momento in cui il processo esce dal suo controllo. Mi piace l’idea di un avvocato che deve far fronte ad un intoppo, che sta perdendo il suo caso e deve lottare per fare il suo lavoro al meglio. Hai la vita di qualcuno altro nelle tue mani, e devi far di tutto per trovare la verità”.