Kurt Cobain, leggendario cantante, musicista e autore dei brani dei Nirvana, “gruppo simbolo della Generazione X”, il 5 aprile del 1994, 25 anni fa., si suicidava con un colpo di fucile alla testa. Ancora oggi rimane oggetto di venerazione e ammirazione per gli amanti della musica di tutto il mondo: un’icona immortale. Noi lo vogliamo ricordare con Cobain: Montage Of Heck, il documentario scritto, diretto e prodotto da Brett Morgen che fu presentato in anteprima mondiale in occasione della 65° edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino.
Cobain: Montage Of Heck avvicina il pubblico alla vita, all’arte e all’anima di Kurt, creando un contatto indimenticabile con una figura capace di ispirare una generazione. Primo documentario pienamente autorizzato, il film raccoglie ed elabora lo smisurato archivio di Cobain, passando fra arte, musica (tanto le sue canzoni più famose che incisioni mai ascoltate prima), testi, riprese realizzate in casa, tutto combinato con animazioni e significative interviste di familiari e amici. Dai primi anni ad Aberdeen (Washington), seguendo il suo percorso musicale, lo sguardo del pubblico viene a contatto con la potente e intensa vita di un artista capace di gestire e modellare la propria immagine, anche se consapevole delle pericolose trappole della notorietà.
I coetanei di Kurt conosceranno aspetti della sua vita che non hanno mai saputo. Quanti hanno scoperto più recentemente l’uomo e la sua musica, capiranno cosa lo rende un’icona immortale. Proprio come il leggendario cantante dei Nirvana, il film di Morgen è un lavoro autentico, intimo e risoluto, che entrerà nelle teste degli spettatori per rimanerci a lungo anche dopo la fine dei titoli di coda.
Brett Morgen, regista nominato per il Premio Oscar e autore di documentari del calibro di Crossfire Hurricane (per il 50° anniversario dei Rolling Stones) e di The Kid Stays In The Picture, mostra al pubblico il ritratto indelebile di una vita condotta in pericoloso bilico fra follia e genio. Racconto profondo quanto sincero di un artista divenuto icona, il film riflette l’argento vivo che lo stesso Cobain aveva addosso.
Lo sguardo dello spettatore riesce a poggiarsi sull’anima di un artista sfuggente e conflittuale, usando le sue stesse parole e immagini, in un film che è il primo progetto a essere realizzato con la piena collaborazione della sua famiglia. Morgen è riuscito in un complesso intreccio che raccoglie testimonianze di persone come la madre e la sorella di Cobain, la sua vedova, Courtney Love, la precedente fidanzata Tracy Marander, il compagno di gruppo Krist Novoselic e altri ancora, alternandole con le stesse parole del musicista, per un imponente tributo a un controverso e contraddittorio talento, ancora riverito da milioni di fans in tutto il mondo a venti anni dalla sua tragica morte.
Avuto accesso agli archivi personali e di famiglia di Cobain, il regista Morgen toglie il velo a materiale in grado di documentare gli alti e bassi emotivi vissuti dal musicista e celebra il suo spirito creativo mai disponibile ai compromessi, includendo il motivo ispiratore del titolo del film, con un “collage sonoro” risalente al 1988, che ha intitolato Montage of Heck. Inciso da Cobain su un registratore a quattro tracce, il brano è una libera composizione di canzoni, registrazioni manipolate di trasmissioni radiofoniche, provini e suoni disparati creati dallo stesso artista. Utilizzando produzioni, fotografie, giornali e album di famiglia come ispirazione, gli autori hanno realizzato animazioni originali per illustrare alcuni dei passaggi più importanti della vita di Cobain. Il film è arricchito da una dozzina di canzoni ed esibizioni dei Nirvana, oltre che da alcuni brani originali di Cobain mai diffusi prima.
“Non posso che essere estremamente riconoscente a Courtney Love e Frances Bean Cobain per avermi aperto gli archivi di Kurt, senza alcune restrizione,” spiega Morgen. “C’erano oltre 200 ore di musica e registrazioni mai pubblicate, un vasto insieme di progetti artistici, un incalcolabile patrimonio di filmini e oltre 4.000 pagine di diario, che nel complesso hanno concesso una nuova prospettiva su un artista profondo e prolifico che raramente ha potuto raccontarsi ai media”.
Nel 1991, i Nirvana, band di Seattle, pubblica il primo singolo di successo Smells Like Teen Spirit travolgendo l’universo musicale con un suono in grado di entrare nella storia di un decennio. Kurt Cobain, cantante, chitarrista e autore dei testi del “gruppo simbolo della Generazione X”, è diventato una delle voci più ascoltate del suo tempo, con canzoni che sono state un’incredibile combinazione di nichilismo ed estasi.
Negli otto anni che sono serviti alla sua realizzazione, Cobain: Montage Of Heck è riuscito a raccogliere i passaggi chiave della vita di una leggenda della musica, senza rinunciare a utilizzare tutto il patrimonio artistico a disposizione. Già dall’infanzia passata nell’ambiente depresso di Aberdeen, nello stato di Washington, Cobain appariva come chiaramente talentuoso, oltre che ipersensibile, iperattivo e perfezionista all’eccesso. Guidato da una creatività sconfinata, cominciò a scrivere, disegnare e comporre musica già da giovanissimo.
Idealizzato dalla madre e sminuito dal padre, Cobain è entrato in contatto con il punk rock come un qualunque adolescente irrequieto. “Un amico…mi registrò un paio di raccolte su cassetta”, raccontava in un’intervista. “Mi ha completamente sconvolto. Quella musica riusciva a esprimere perfettamente il mio pensiero civile e politico. Una rabbia che avevo vissuto come un’alienazione. Ed è in quel momento che ho capito che si trattava di quanto avevo sempre sognato di fare”.
Cobain ha abbandonato la scuola poco prima del diploma per iniziare a lavorare come bidello, nella speranza di trovare spazio per esprimere la propria energia artistica e i tumulti emotivi. “Era alla continua ricerca di qualcosa che non lo facesse sentire solo o diverso dagli altri”, ricorda la sorella, Kim Cobain.
In poco tempo, Cobain, il bassista Krist Novoselic e il batterista Dave Grohl hanno iniziato a guidare una stagione musicale che ha stravolto il rock, trovandosi a fare i conti con la propria tensione all’autodistruzione. Da tempo incline alla depressione, Cobain cominciò a sperimentare l’eroina fino a divenirne dipendente. A passo con il successo, sono cresciuti così la sua dipendenza dalle droghe e a comportamenti auto flagellanti.
Il controverso matrimonio di Cobain con la musicista Courtney Love fa seguito al suo passato: nato da un matrimonio disastrato e una famiglia sfasciata, il sogno di una vita era di creare una famiglia di cui ha sempre sentito la mancanza durante l’adolescenza. La coppia fece un tentativo di trovare una dimensione più tranquilla, soprattutto dopo la nascita della loro unica figlia, Frances Bean, ma la tragedia non ha mai smesso di seguirli.
Nel corso della propria vita, Cobain ha continuato a creare in maniera compulsiva, sviluppando progetti poetici e inquietanti, spesso manifestazioni dei suoi incubi e delle sue fantasie. Come raccontato dalla madre, era in continua rotta di collisione con il mondo. “Si capisce chiaramente dalla sua produzione artistica”, afferma Novoselic. “Molti di quei messaggi erano limpidi come l’acqua”.
Tormentato dalla dipendenza, da inspiegabili quanto atroci disturbi fisici e da una mente perennemente inquieta, Kurt non è stato in grado di sfuggire ai problemi che lo avevano ossessionato fin dall’infanzia e si è tolto la vita. Con un colpo di fucile, a Seattle. Era il 5 aprile del 1994: una leggenda moriva e nasceva alla stesso tempo.
“È un’etichetta stupida e superficiale quella di decretare il successo di un gruppo, senza che i suoi membri lo vogliano veramente. Siamo pronti a distruggere la nostra carriera in ogni momento”
Kurt Cobain
EXTRA – Kurt Cobain, da Gus Van Sant a Marcel Feige
Bello e dannato, un angelo caduto dal cielo che diventa un mito per sempre. Con il suo genio, con la sua sregolatezza. Kurt Cobain nasce ad Aberdeen il 20 febbraio 1967 e fin da piccolo si vede che è un bambino portato per la musica e per l’arte. A sette anni però la sua vita cambia quando i suoi genitori divorziano: da quel momento da estroverso e felice diventa cupo e triste, in conflitto con l’intero genere umano. Nel corso degli anni però, seppur attraverso diversi conflitti familiari, il suo talento viene alla luce. E la luce per Kurt Cobain era la musica. Il rock, il punk, il grunge: diventa il frontman dei Nirvana, il suo successo è planetario e rivoluzionario. E poi, il matrimonio esaltante con Courtney Love e la dipendenza dall’eroina. La nausea per lo show business, una fama che lo schiaccia e gli spegne ogni emozione. Solo, incompreso, arrabbiato perché non compreso da nessuno. Il sollievo non è più la musica ma la droga. Fino al tragico epilogo, con un colpo di fucile alla testa.
Tutto questo è contenuto ne Il Romanzo di Kurt Cobain, il libro di Marcel Feige in libreria in questi giorni (edito da Sonzogno) che ci fa entrare nella sua vita insieme tragica e tenera, e ti fa amare Kurt come un «fratello impossibile». Insieme ai Nirvana, la sua band, Kurt Cobain è stato uno dei musicisti più influenti degli ultimi decenni. Artista geniale e inquieto, sognatore in preda ai suoi stessi incubi, ci ha lasciati alla fatidica età di 27 anni – la stessa a cui sono morti Jim Morrison, Janis Joplin, Amy Winehouse. Chi era davvero? E cosa ha lasciato ai milioni di fan in tutto il mondo che continuano ad ascoltare le sue canzoni, ad andare in pellegrinaggio nei posti in cui ha vissuto, a trarre ispirazione dai suoi testi? Marcel Feige scrive, senza voyeurismo né luoghi comuni, di un musicista outsider e ribelle e della sua ricerca interiore durata 27 anni, scandita da quei brani che hanno cambiato per sempre la storia della musica rock. Con il commento dei testi più belli e poetici dei Nirvana, la cronologia e l’elenco di tutti i loro album.
In mezzo ai tanti libri e documentari su di lui, vogliamo ricordare Last Days, il film girato dieci anni fa da Gus Van Sant e presentato in Concorso al 58° Festival di Cannes del 2005. La pellicola è incentrata sui suoi ultimi assurdi, allucinati e interminabili giorni di vita a Seattle, appena prima di quel gesto estremo che lo avrebbe liberato da tutto quel marcio che provava nell’anima. Ad interpretarlo, un bravo ed ispirato Michael Pitt.
Nei suoi occhi stralunati, quelli di Blake (il nome di Kurt Cobain non fu concesso per il film), vediamo una sofferenza cosciente. Parla da solo, blatera qualcosa, delirante. Animalesco, bestiale, lo vediamo trascinarsi tra una stanza e l’altra sempre sotto effetto della droga. Delirante, disperato, smarrito anche quando passeggia in mezzo al verde, fuori di casa. Il venticello pesante e l’umidità delle piante fuori, il sudicio e la puzza in casa. Solo disordine, solo silenzio. È rimasto questo della sua giovane vita.
Van Sant ha utilizzato pochissimi dialoghi, girando lunghi piani sequenza. Sembra un documentario naturalistico su una bizzarra creatura che a stenti, goffamente, girovaga in un assordante vuoto. In un nulla lontano da tutti e da tutto. Mentre tutto e tutti fuori lo aspettavano, ancora.
Prima di quello sparo che riportò quell’angelo lassù, in quel cielo da cui era caduto più di una volta.