Dopo essere stato presentato, lo scorso 21 maggio, nella sezione Un Certain Regard della 72ª edizione del Festival di Cannes, giovedì 7 novembre arriva nei nostri cinema La Famosa Invasione Degli Orsi in Sicilia, il film d’animazione di Lorenzo Mattotti tratto dall’omonimo romanzo di Dino Buzzati. La pellicola è interpretata dalle voci di: Toni Servillo, Antonio Albanese, Linda Caridi, Maurizio Lombardi, Corrado Invernizzi, Alberto Boubakar Malanchino, Beppe Chierici, Roberto Ciufoli, Nicola Rignanese, Mino Caprio, Corrado Guzzanti nel ruolo di Salnitro e con la partecipazione straordinaria di Andrea Camilleri.
Il film
Nel tentativo di ritrovare il figlio da tempo perduto e di sopravvivere ai rigori di un terribile inverno, Leonzio, il Grande Re degli orsi, decide di condurre il suo popolo dalle montagne fino alla pianura, dove vivono gli uomini. Grazie al suo esercito e all’aiuto di un mago, riuscirà a sconfiggere il malvagio Granduca e a trovare finalmente il figlio Tonio. Ben presto, però, Re Leonzio si renderà conto che gli orsi non sono fatti per vivere nella terra degli uomini.
Lorenzo Mattotti
Lasciamo spazio ad un estratto dell’intervista rilasciata dal regista Lorenzo Mattotti.
Che effetto ha avuto il libro di Buzzati su di lei? L’ha colpita subito? O il desiderio di realizzare un adattamento è venuto in seguito?
Buzzati mi ha influenzato in tutto il mio lavoro. Ha scritto molti libri e realizzato anche dipinti. È la sua atmosfera ad avermi influenzato molto, il modo di raccontare, come se si trattasse di leggende, di storie antiche. Buzzati risulta sempre pieno di magia, di mistero e a volte di un’atmosfera cupa. Altri romanzi scritti da Buzzati mi avevano molto colpito. Ma l’idea di adattare il racconto La famosa invasione degli orsi in Sicilia è venuta dopo, con Valérie Schermann, la produttrice del film.
Cosa le interessa nel lavoro di questo scrittore?
La sua capacità di raccontare, il suo tono. Il suo modo di lavorare con le metafore, le fiabe, la fantasia e il mistero. L’atmosfera di attesa, di tensione.
Cosa le piace di questo tipo di narrazione, dei racconti, delle metafore, delle fiabe, delle leggende? L’aiutano a immaginare?
Mi permettono di lavorare molto con il disegno, con il mistero. Mi aiutano a immaginare attraverso le possibilità che mi dà il disegno con la sua componente di mistero. Con la sua capacità di raccontare la realtà evocandola, come accade nelle fiabe. È qualcosa che ha a che fare con l’uso delle immagini, così come nella pittura. Buzzati mi ha evidentemente influenzato con le sue forme pittoriche, con i suoi paesaggi metafisici. Come quando ha realizzato una serie di ex-voto legati alla figura di una santa immaginaria, riprendendo una tradizione tipicamente italiana fatta di religione, epopea, racconto, mistero e leggenda. Tutto questo mi è sempre piaciuto, perché come nelle favole offre la possibilità di creare dei racconti universali, non strettamente collegati alla realtà quotidiana. Si può raccontare la realtà, ma solo se lo si fa in maniera metaforica si può dar vita a qualcosa che duri nel tempo e che più generazioni possano capire. Il realismo tout-court non mi ha mai interessato, nel mio lavoro sono sempre stato stimolato dal simbolismo.
Nei suoi disegni si percepisce la capacità di far sviluppare nel lettore l’immaginazione. Inventa, cerca, crea.
È questo che mi interessa. Non voglio dire tutto al lettore, spiegargli tutto, ma lasciargli la possibilità di evocare e arricchire il proprio immaginario, la propria visione personale. Sono cresciuto così. Tutti gli autori che mi hanno appassionato sono quelli che mi hanno lasciato sognare e immaginare a modo mio, che mi hanno arricchito attraverso l’immaginazione.
Il modo di disegnare di Buzzati è simile al suo?
Il suo modo di disegnare è più ingenuo, ma contiene delle bellissime idee grafiche, che ho poi utilizzato nel film. Ho immaginato degli orsi non pelosi, che marciavano in riga come soldati. Questo è tipico dell’immaginazione di Buzzati. Ho utilizzato anche molte silhouettes dei suoi personaggi. All’inizio lui presenta i personaggi con dei piccoli disegni, così come è stato fatto per il Vecchio Orso. Tutto questo mi ha fornito una base di partenza. Da qui ad arrivare alle immagini finali del film, il percorso è stato molto lungo.
Un altro aspetto affascinante del suo lavoro sono i colori e il modo in cui lavora con loro, li organizza, li mischia, in cui li sposa nei suoi libri e in questo film. Da dove viene questa sua sensibilità verso i colori? Si dice che le cose non vanno mai insieme e invece, alla fine, lo fanno.
Penso che i creativi abbiano molta paura dei colori. Non sono molte le persone che usano i colori con piacere, io ho sempre provato un gran gusto nel farlo. Ho chiesto allo scenografo di usare i colori in modo allegro, giocoso, di non avere paura e di usare anche i chiaroscuri. I colori sono luce. È sempre necessario definire le immagini attraverso la luce, ma non bisogna avere paura di un rosso, di un giallo. I colori sono energia, trasmettono energia positiva. Quello che non mi piace in alcuni film di animazione è che non sanno che colori usare, allora tutto è di un giallo marroncino. La notte è il grigio, il nero, il blu. E poi si aggiungono delle luci bianche. Io non volevo sfocature. Ha presente i fasci di luce che disegnano la nebbia, è un classico della Disney. Quando non si sa cosa fare si ci si mette un po’ di nebbia e poi si mescola tutto. Questo è proprio ciò che non volevo. L’immagine dev’essere chiara. Se le persone vedono una casetta, devono poterla vedere. A me piace avere una visione netta al cinema. Mi piace molto quando le cose vengono mostrate con chiarezza.
Cosa spera di suscitare nel pubblico?
Questo film nasce dalla voglia di creare storie che vengono da leggende, che nascono dalla fantasia e che, al tempo stesso, appartengono alla nostra tradizione. Mi auguro che La Famosa Invasione Degli Orsi in Sicilia possa appassionare il pubblico di tutte le età e far conoscere questa meravigliosa opera di Buzzati ai bambini di oggi.