Pier Paolo Pasolini, la sua personalità, la sua lungimiranza e la sua letteratura, ritornano protagoniste sul palcoscenico del Teatro India dal 21 al 26 marzo con lo spettacolo Ma di Linda Dalisi e la regia di Antonio Latella, un lavoro ispirato alla figura della madre nell’opera del poeta “corsaro”.
Antonio Latella torna così ad occuparsi di Pasolini e lo fa indirettamente, inscenando una sorta di processo-interrogatorio all’immaginata madre, nell’interpretazione di Candida Nieri, che appare al pubblico seduta lateralmente, con i piedi incagliati in due gigantesche scarpe nere che ne fiaccano i movimenti e la rendono goffa e ingombrante. Il viso è rivolto a una grata di lampade sottratte a interni piccolo-borghesi che per l’occasione si fanno fari minacciosi da commissariato di polizia.
Sola in scena, griderà tutto il suo dolore e le inadeguatezze di famiglia in un microfono, mettendo a nudo l’intimità di una morte violenta e “mica male insabbiata”. Lei, che donò l’uso della parola al figlio e che ora, a quarant’anni dalla sua morte per l’uso libero della parola stessa, vorrebbe disperatamente sottrarglielo. Lei, “madre sorda di un figlio lottatore”, diviene paradigma universale di tutte le madri costrette a seppellire i figli vittime della violenza del mondo (da Plaza de Mayo alle vittime di mafia a Federico Aldrovandi), metaforica Madonna come nel Vangelo Secondo Matteo e Madre-Scrittura, “dove il pozzo inesauribile è il pensiero e l’arma nella battaglia della vita è la parola”.
Partendo dalla prima sillaba della parola Mamma, Latella ci guida in un percorso all’interno dell’opera di uno dei massimi poeti del ‘900, seguendo un filo conduttore che ha al suo centro quella forza generatrice, procreatrice di parole come di uomini, di pensiero come di gesti artistici.
«In tutte le sue vittorie e sconfitte accanto all’uomo Pasolini, c’è sempre la madre – racconta Antonio Latella – Nel suo cinema la madre diventa uno dei perni attorno a cui tutto ruota. Sguardi e sorrisi spezzati delle madri scelte come icone assolute di un’Italia che sa che tutto sarà irrecuperabile. Quegli sguardi potenti e violentati da un dolore ancestrale. Tutta la sua letteratura e il suo teatro sono pervasi dalla presenza di quella madre che lo ha accompagnato nella fuga dalla banalità coatta del vivere quotidiano. Sarà proprio la madre del Poeta la Maria straziata dal dolore sotto la croce di Gesù, nel film Il Vangelo secondo Matteo. Ma ogni volta la MA diventa altro. Per una madre che piange un figlio, un Gesù dei poveri, un operaio, un pittore, un poeta, un re Edipo, per una città che accoglie i reietti, per un paese che scaccia gli intellettuali, per una nazione troppo cattolica per non essere ipocritamente di destra fino in fondo, tutto è madre e si fa madre. Attraverso le parole, le immagini, il nostro tentativo è quello di tracciare una possibile unica madre, con quel MA necessario a mettere un dubbio: madre sì, ma….».
La drammaturgia di Linda Dalisi è un intenso e duplice studio sulla Parola e sugli intrecci psicologici e affettivi tra la figura materna e il suo prodotto, un figlio che della parola ha fatto arma di difesa e di scandagliamento di verità in un mondo di ipocrisie. «Con Pasolini – spiega la Dalisi – parto alla ricerca di una lingua, perciò dopo il suono labiale del “ma” la ricerca prosegue nella parola…che diventa Parola con la P maiuscola, quella in cui anche il segno grafico significa e dichiara che siamo in presenza di qualcosa di superiore, una forza generatrice, ovvero la Poesia. Madre Poesia. E da quella Parola arrivo all’immagine e poi al senso. Osservo a lungo e accuratamente le immagini che ritraggono la madre del Poeta e ne resto incantata. Quella Parola è scritta in quegli occhi che hanno pianto o in quel sorriso che non ha mai smesso di accompagnare il figlio. Quella Madre che le parole le conservava in un cassetto, mentre il Figlio ne faceva arma di battaglia. Che madre può essere la madre di un Profeta?».