Venerdì 4 giugno alle 21.30 presso il Cortile di Santa Cristina nella sezione Art & Music del 17° Biografilm Festival debutterà in anteprima assoluta La Macchia di Inchiostro, l’opera prima di Ciro Valerio Gatto, un ritratto inedito di uno dei più grandi intellettuali italiani del Novecento Roberto Roversi, raccontato attraverso la messa in scena dell’omonima opera inedita e con le testimonianze di Stefano Benni, Alessandro Bergonzoni, Gaetano Curreri, Antonio Bagnoli e di studiosi, ricercatori universitari e collaboratori. Tra gli scrittori italiani del secondo Novecento, Roberto Roversi è stato uno dei pochi a fare della sua stessa vita il manifesto delle sue scelte politiche e culturali, mantenendosi nell’ombra per poter operare in totale autonomia dall’industria culturale.
Roberto Roversi è stato uno dei maggiori intellettuali dei nostri tempi, schivo, mai scorbutico, fu partigiano, scrittore, poeta, uomo di teatro e figura essenziale nella storia della canzone d’autore italiana. Per tutta la vita lontano dai riflettori per operare in totale autonomia dai meccanismi dell’industria culturale. L’allestimento di una giovane compagnia teatrale del suo testo inedito ‘La Macchia D’Inchiostro’ diventa l’occasione per riscoprire un autore controcorrente e molto attuale, che pur essendo tra le voci più autorevoli del Novecento, amico dei maggiori intellettuali dell’epoca – tra i tanti Pasolini e Leonetti con cui fondò la rivista Officina negli anni 1955-58 – è oggi praticamente sconosciuto al grande pubblico.
Le riprese dello spettacolo La Macchia di Inchiostro, dalle prove fino alla messa in scena, si alternano alle testimonianze di amici, studiosi e collaboratori, offrendo un ritratto accurato e intimo dell’autore bolognese. A proposito della decisone di Roversi, all’inizio degli anni Sessanta, di non pubblicare più con grandi sigle editoriali, ma di autoprodursi e diffondere ad uno ad uno i suoi lavori attraverso la sua libreria antiquaria Palmaverde, Antonio Bagnoli, direttore della casa editrice Pendragon, evidenzia come “tutti i suoi incontri e tutti i suoi scritti del periodo a cavallo del ’68 rimarcavano esattamente questo: Attenzione alla comunicazione. Dovete essere proprietari di quello che voi dite. Non fatevi travisare, non fatevi prendere in un meccanismo che inevitabilmente è destinato a schiacciarvi”.
Tra i tanti che frequentarono la libreria Palmaverde di Bologna, spazio allestito come rifugio della conoscenza dove giovani poeti e letterati incontravano Roversi, diventando messaggeri di una sua visione del pensiero, ci fu anche lo scrittore Stefano Benni che rievoca nel documentario una delle più celebri frasi dell’intellettuale bolognese: “Se un libro non è rosicchiato dal tarlo è un brutto segno”.
Significativa anche la testimonianza di Gaetano Curreri degli Stadio che ricorda la prima collaborazione di Roversi con Lucio Dalla per l’album Il giorno aveva cinque teste del 1973: “Lucio diceva che se lui non avesse incontrato Roversi avrebbe fatto l’idraulico, chiaramente esagerando. Roversi era stato una figura, che nella capacità di Lucio di essere pop, di arrivare alla gente immediatamente, lo aveva innalzato di almeno due gradini… ”, e ancora: “Roversi è un grande poeta che si è contaminato con la musica pop, perchè credeva molto nel valore della musica popolare“. Le collaborazioni musicali di Roversi, infatti, non si fermarono a Dalla, con il quale produsse altri due album – Anidride Solforosa del 1975 e Automobili del 1976 – ma proseguirono con gli stessi Stadio, Paola Turci, Mina, Claudio Lolli e Fabrizio Moro.
Oltre alle testimonianze, il documentario procede nell’esplorazione della vita e delle opere di Roversi anche attraverso la trasposizione visiva di alcuni suoi componimenti poetici tramite un montaggio suggestivo di materiale d’archivio dell’epoca e l’utilizzo di sequenze di animazione grafica e in 3D che rendono ancora più coinvolgente la narrazione.