Accolto trionfalmente all’ultimo Festival di Cannes, arriva al cinema La Mia Vita da Zucchina, il film d’animazione realizzato interamente in stop-motion, diretto da Claude Barras e scritto da Céline Sciamma. Un’opera di grande poesia e originalità, premiata ad Annecy come miglior lungometraggio d’animazione dell’anno e considerata tra le possibili sorprese agli Oscar 2017.
Protagonista è un bambino di 9 anni soprannominato Zucchina, che dopo la scomparsa della madre viene mandato a vivere in una casa famiglia: grazie all’amicizia di un gruppo di coetanei, tra cui spicca la dolce Camille, riuscirà a superare ogni difficoltà, abbracciando infine una nuova vita.
L’idea del film è tratta da Autobiografia di una Zucchina di Gilles Paris, un racconto di formazione tenero e poetico che ha attirato fin da subito Claude Barras: “la vicenda e il modo in cui è raccontata mi hanno riportato alla mia infanzia e ricordato le mie prime emozioni da spettatore, grazie a film come I 400 Colpi o Bambi e a serie animate come Remi, Belle e Sébastien o Heidi”. Con La Mia Vita da Zucchina, il regista ha voluto condividere con il pubblico di oggi “quelle emozioni, meravigliose e formative, ma soprattutto rendere omaggio a quei bambini, trascurati e maltrattati, che fanno del loro meglio per andare avanti e convivere con le loro ferite”.
Zucchina, l’eroe del film , ha attraversato molte difficoltà e, dopo aver perso la madre, crede di essere solo al mondo. Ma non ha tenuto conto delle persone che incontrerà nella casa famiglia e di quello che gli riserva il futuro: un gruppo di amici su cui fare affidamento, la possibilità di innamorarsi e magari un giorno essere felice. Egli ha ancora molte cose da imparare dalla vita: “è questo il messaggio – continua Barras – al tempo stesso semplice e profondo, che mi sembrava vitale da trasmettere ai nostri bambini”.
Divertente e commovente, questa pellicola è saldamente ancorata al presente: “racconta la forza di un gruppo di amici nel superare le difficoltà della vita, grazie all’empatia, alla solidarietà, alla condivisione e alla tolleranza. Nel cinema di ieri e oggi gli orfanotrofi sono spesso descritti come luoghi opprimenti, mentre il mondo al di fuori è sinonimo di libertà. Nel mio film accade il contrario: i problemi vengono dal mondo esterno e la casa famiglia è un posto di riconciliazione e ricostruzione. Questo è ciò che rende questa storia insieme classica e moderna”.
Fondamentale nel film è l’estetica dei personaggi protagonisti: “combinando delle voci realistiche e naturali con dei personaggi dall’estetica altamente stilizzata, ho tentato di conservare nel film lo stile di scrittura di Gilles Paris. Ma la chiave per entrare in questo universo restano gli occhi dei personaggi. I loro occhi enormi, spalancati sul mondo, danno un contributo essenziale all’empatia e alle emozioni”.