Dopo la vittoria del Platinum Remi Award alla 49a edizione del WorldFest di Houston e dopo l’anteprima italiana al Ferrara Film Festival dello scorso giugno, è dal 19 gennaio al cinema Il Mondo Magico, l’opera prima di Raffaele Schettino. Il film, il cui titolo rimanda a Il Mondo Magico. Prolegomeni a una Storia del Magismo di Ernesto de Martino, è liberamente ispirato a una storia vera e si svolge a cavallo degli anni Quaranta e Cinquanta tra antichi rituali, canti popolari, passioni e maledizioni.
Anni ’40. Gianni (Raffaele Schettino), chiamato alle armi nella campagna di Russia durante la seconda guerra mondiale, diserta e trova asilo in una famiglia a Piadena, in provincia di Cremona, dove si innamora della bella e misteriosa Teresa (Chiara Travisonni). Nella confusione che segue l’armistizio del 1943, e solo dopo aver promesso a Teresa di tornare per sposarla, Gianni decide di rientrare a Frigento, in Irpinia, sua città di origine. Qui ritrova Tina (Alessandra Tavarone), il suo primo amore. Teresa, non avendo più avuto notizie di Gianni, lo raggiunge a Frigento per scoprire la spiacevole sorpresa del tradimento. La rabbia della donna dalle conoscenze occulte si trasforma per ripicca in maledizione. Da quel momento, la vita di Gianni è condannata alla sciagura.
Gianni e Tina si sposano e nasce un figlio. Si trasferiscono a Buonacquisto, in Umbria, dove Gianni trova impiego come carabiniere e conosce alcuni minatori e operai dell’acciaieria ternana. In difficoltà tra tanti amici disperati che manifestano per i licenziamenti in fabbrica e il suo nuovo lavoro che gli impone di garantire l’ordine durante la mobilitazione, Gianni sembra ritrovare serenità grazie a Mariella (Mara Calcagni), donna passionale ed emancipata. Se ne innamora mentre cresce la sua adesione alla causa operaia e il distacco dalla moglie, donna pratica e poco idealista. Ma le sofferenze non sono finite. Schieratosi al fianco dei lavoratori, viene richiamato in caserma e un profondo stato di stress lo condurrà all’ictus.
Il film è liberamente ispirato a una storia vera. L’intento di Raffaele Schettino era quello di parlare del “mondo magico” nel senso “demartiniano” del termine, ovvero “della magia del mondo contadino che si tramanda attraverso i canti di tradizione orale e la ritualistica semplicità delle relazioni umane”. La magia deriva dall’osservazione della natura, di cui “l’uomo si fa specchio e ne fa parte: i canti e le musiche sono il sottile filo rosso che, nel film, ne testimoniano la memoria”.
È nel mondo contadino che troviamo “la consapevolezza di una comunità che, attraverso i propri rituali, ci aiuta a capire, nella semplicità del sapere comune, chi siamo”. Obiettivo del regista e interprete era quello di realizzare “un lungometraggio narrativo, una storia di rapporti umani che raccontasse una vicenda semplice”.
Pur mostrando le diversità tra Nord e Sud d’Italia, il film si tiene lontano “dal troppo abusato stereotipo della miseria contadina meridionale”, avvalendosi delle testimonianze storiche che ci riportano ad una ben più variegata società contadina del tempo. Fanno da sfondo alla storia e diventano la vera essenza del film i rituali del mondo agreste (la maledizione, la figura della “masca” e della “mammasanta” e le formule magiche), i canti e le musiche delle tradizioni orali d’Italia dalla Lombardia alla Campania, passando per l’Umbria.
Il mondo contadino del meridione, alla fine della seconda guerra mondiale, potendo contare anche sul supporto di consulenza storica del Museo etnografico di Aquilonia “Beniamino Tartaglia”, è narrato dai canti della Banda della Posta di Vinicio Capossela, che descrive le tradizioni e i costumi della bassa Irpinia (Frigento) e dell’alta Irpinia (Calitri, Cairano, Aquilonia).
La vita rurale umbra dell’immediato dopoguerra è ambientata tra i paesini della Valnerina (Buonacquisto, Piediluco, Arrone) e viene raccontata attraverso i cantori dello storico Gruppo della Valnerina. Qui avviene il passaggio dall’antico al moderno: la popolazione inizia lentamente a distaccarsi dalla terra per avvicinarsi alle fabbriche, ma si rincontra attraverso i canti atavici della Valnerina e le istanze condivise della classe lavoratrice, sia essa ancora contadina o della fabbrica. Parallelamente, abbiamo “la magia del rituale della maledizione, simbolo di un mondo arcaico, e la concretezza di un mondo moderno“.