Mentre in Brasile la fase finale dei mondiali sta entrando sempre più nel vivo, arriverà domani nelle sale italiane, Rio 2096 – Una Storia d’Amore e Furia, il film d’animazione di Luiz Bolognesi distribuito da GA&A che ha trionfato allo scorso Festival di Annecy 2013. Un autentico kolossal, insieme visionario e romantico, una sorta di “biografia” fantastica di Rio de Janeiro tra passato e futuro.
Protagonista del film è Abeguar, un indio prescelto dagli dei per compiere una missione che travalica i secoli, la vita e la morte: salvare il mondo dal male, in ogni sua forma. Ad ogni morte apparente, il guerriero si trasforma, assumendo le sembianze di un uccello, e vola per anni. Il suo viaggio è guidato dal suo legame con Janaína, la donna che ama e amerà in ogni epoca e tempo. L’uomo, sempre uguale nell’animo, ma sempre differente nell’aspetto, è guidato e sostenuto dalla forza della donna che ama, combattiva e tenace, forse più di lui.
Seguendo la sua storia d’amore, che supera la vita e la morte, si ripercorre la storia del Brasile in quattro momenti storici fondanti del Paese: la scomparsa degli indios per mano dei portoghesi nel 1500, la schiavitù del 1800, la dittatura negli anni ’70 del ’900 e la futuristica Rio de Janeiro distrutta dalla guerra per l’acqua e dal capitalismo in un non troppo lontano 2096.
Riportiamo di seguito l’intervista rilasciata dal regista Luiz Bolognesi alla produzione del film.
Come è nata la sceneggiatura di Rio 2096, Una Storia di Amore e Furia?
La sceneggiatura racchiude in sé due elementi che mi appassionano molto: la storia del Brasile e i fumetti. Come sceneggiatore, so che il mondo dell’animazione offre infinite possibilità dal punto di vista della narrazione. Se avessi optato per un film in live action non sarebbe stato possibile scrivere la scena nella quale i Tupis e i Tupinambás si affrontano in guerra nel XVI secolo, né avrei potuto descrivere la scena di una Rio de Janeiro del futuro dove un’astronave sorvola la città. Sicuramente questo è il fattore principale per cui ho deciso di sviluppare una sceneggiatura per un film d’animazione.
Il protagonista è immortale e ogni qualvolta viene ferito si trasforma in un uccello. Questa è una vera leggenda della tribù dei Tupinambás?
La storia è inventata, ma basata su una serie di leggende provenienti dagli indiani Tupi-Guarani, tra cui i Tupinambás. Ho fatto molte ricerche sui loro miti e ho basato il mio film su di essi. Uomini che si trasformano in uccelli e altri animali sono una costante nella mitologia indiana. Per inciso, credono che quando ci addormentiamo il nostro spirito vada nel bosco e passi la notte nel corpo di un animale. Tutt’ora parlano di questo come se fosse una realtà e non solo un mito. Ho cercato ispirazione in queste storie, ma le ho cambiate leggermente, è una miscela di molte cose.
Anche quella di Anhangá è una leggenda?
Anhangá è l’antagonista del nostro personaggio principale. Ci sono moltissime storie su questo spirito della foresta che è una sorta di dio indiano, il signore della morte. Dicono che viva in una laguna con serpenti e rospi e di notte si aggira alla ricerca di persone con anime deboli per sedurli e condurli alla morte. Anhangá è molto presente nella nostra storia, a Rio, per esempio, abbiamo anche il Rock Anhangá. A San Paolo abbiamo l’autostrada Anhanguera e una università con lo stesso nome. Questa figura mitologica è così forte che è presente ancora oggi nella nostra quotidianità.
Come definiresti il protagonista?
Come un personaggio unico, con una singolarità sia poetica che mitica nel cinema brasiliano. Raccontiamo la storia del Brasile sulla base della mitologia Tupinambá e, allo stesso tempo, umanizziamo il protagonista attraverso valori più contemporanei per creare empatia con gli spettatori. L’immortalità non è una sua scelta e può essere vista quasi come una punizione. Egli si spinge fino a rinunciarvi perché il peso di essa è quasi insopportabile. Al nostro eroe è stato imposto un destino glorioso senza che lui fosse pronto per affrontarlo. È un uomo molto leale e appassionato, sempre in lotta per i valori semplici, come la ricerca della felicità accanto alla sua amata. Ma è costantemente ostacolato da eventi violenti della storia del Brasile che gli richiedono di tornare sul suo percorso originale. È un personaggio destinato a combattere con insistenza nel corso del tempo, anche senza sapere se alla fine ne uscirà vittorioso o meno.
E Janaína?
Janaína è la sintesi della donna brasiliana, la sintesi della femminilità, incarnata come un’eroina. Diversamente dal personaggio di Selton Mello (doppiatore nel film originale), lei non è consapevole della sua immortalità. Lei non ha questa dimensione epica, e quando muore, muore davvero, ma nonostante tutto lei continua ad essere una combattente. Janaína sprona l’eroe a continuare la sua battaglia quando lui è pronto a rinunciare, proprio come fanno le donne brasiliane.
“Volevo raccontare il Brasile in modo da incuriosire i giovani e avvicinarli alla storia del nostro paese, piena di amore e furia!”
Luiz Bolognesi