È da oggi in sala Lasciami Per Sempre, film scritto e diretto da Simona Izzo e interpretato da un vastissimo cast: Barbora Bobulova, Max Gazzè, Valentina Cervi, Veruska Rossi, Vanni Bramati, Marco Cocci, Myriam Catania, Andrea Belisario, Niccolò Cancellieri, Camilla Calderoni, Sean Cubito, Maiga Balkissa, Addis Rossi il piccolo Pietro Nuccorini e con Maurizio Casagrande e la partecipazione di Mariano Riggillo.
La storia si sviluppa intorno a Viola (Barbora Bobulova), una giovane madre divorziata, che ha ritrovato la fiducia nell’amore tra le braccia di Nikos (Max Gazzè) e che decide di lasciarsi alle spalle il passato riunendo la “mandria parentale” composta da mariti, ex mariti, padri e patrigni, figli e figliastri, cognati e ex cognati, sorelle, cugini acquisiti e quant’altro, in occasione dei festeggiamenti per i vent’anni dell’irrequieto figlio, Lorenzo (Andrea Belisario).
Ma quello che doveva essere un momento di festa e di comunione si trasforma ben presto in una tragicomica resa dei conti. Se a questo si aggiunge: una bellissima e seducente ragazza dal carattere un po’ instabile, un vicino di casa superdotato intellettualmente, un figlio illegittimo che parla solo canadese e una ragazzina “figlia dei figli dei fiori” il risultato non può che essere esplosivo.
A dirigere l’intera orchestra di Lasciami Per Sempre è Simona Izzo che, con l’arguzia di sempre, ci racconta come la famiglia moderna, e di conseguenza la società, stiano attraversando non solo una crisi economica ma anche identitaria e sentimentale. La regista, che ha scritto il film insieme a Roberta Colombo e Matteo Bondioli, vuole fondamentalmente esprimere il concetto Né con te né senza di te, ovvero tutto e il contrario di tutto. Riferito non per forza di cose ad una singola persona, un marito, un ex moglie o un fidanzato, ma a tutti i componenti di questa extendend family.
Ancora una volta attraverso una commedia corale (dopo Maniaci Sentimentali, Camere da Letto, Io No, Tutte Le Donne Della Mia Vita), Simona Izzo ha messo al centro il tema dei sentimenti e della famiglia: “mentre scrivevamo questa storia, ballavano intorno a noi i termini che sancivano le unioni civili e che di lì a poco sarebbero diventate una realtà legislativa: coppie di fatto, stepchild adoption, utero in affitto, famiglia arcobaleno, mononucleare, multirazziale..”. Ma al di là dei nomi, per la Izzo “la famiglia resta un centro nevrotico con cui ognuno di noi è costretto a confrontarsi, un approdo sicuro dove potersi rifugiare, ma anche il luogo esasperante da cui voler scappare. Per questo il mio film è una commedia bipolare, proprio come il “mucchio selvaggio” che abbiamo cercato di raccontare”.
Famiglia deriva da Famulus, che vuol dire schiavo: schiavo dell’amore, ma anche della dipendenza che questo nucleo, per quanto dissestato, crea. Ed è così: in una famiglia, di qualsiasi tipo, natura o forma giuridica, sembra inevitabile farsi del male, ma è altrettanto impossibile sciogliersi da quel legame. La storia procede per conflitti: “per difendersi è necessario dare il peggio di sé, inteso come il meglio di sé, quanto meno in termini dialettici. In scena i nostri soffrono, si dannano ma da questa sofferenza, paradossalmente, nasce la commedia. Perché ridere delle disgrazie altrui significa esorcizzare le proprie”.
Insomma, il nucleo parentale come cappio, ma anche come cordone sanitario: “perché i sentimenti, sia positivi che negativi, sono strani, si mescolano, quando ne trovano l’occasione, e si amalgamano vorticosamente come in un frullatore. Quello che ne esce alla fine contiene le energie di tutti gli individui, ma spremuti insieme. E di solito il gusto finale, nonostante tutto, è buono”.
Il silenzio è il vero e insidioso veleno che minaccia tante famiglie che siano allargate o ristrette, tanto che quella del film, dopo il disastro dove tutti si sfidano (e qualcuno sferra anche un pugno), cercherà di ricomporsi e riflettere sulla propria condizione. “Forse perché il passato è in agguato, il presente incerto e il futuro sconosciuto – conclude Simona Izzo – l’unica certezza è che questo mosaico umano non si disferà. E’ calamitato dall’amore e dal rancore, ma soprattutto dallo spettro della solitudine molto più minacciosa e inerte del caos vitalistico nel quale vive”.
“Se amarsi per sempre è difficile, lasciarsi per sempre lo è ancora di più”.