Accolto da applausi e commozione alla 72. Mostra del Cinema di Venezia, solo oggi e domani sarà al cinema Heart Of A Dog, il viaggio cinematografico di Laurie Anderson nel continente dell’amore, della morte e del linguaggio. Incentrato su Lolabelle – l’adorato rat terrier dell’autrice morto nel 2011 – il film è un saggio personale che intreccia ricordi di infanzia, video diari, riflessioni filosofiche sul concetto buddista della vita dopo la morte, oltre a una serie di tributi sinceri e sentiti agli artisti, agli scrittori, ai musicisti e ai pensatori che l’hanno ispirata.
Inframmezzando una personalissima narrazione e originali composizioni di violino, animazione disegnata a mano, filmini di famiglia in 8 millimetri e opere d’arte, Heart Of A Dog avvolge gli spettatori con un linguaggio visivo ipnotico: un collage realizzato a partire dai materiali grezzi della vita e dell’arte della Anderson. Lou Reed -il compianto marito dell’artista, a cui il film è dedicato- interpreta la coda musicale del film, con il suo brano Turning Time Around.
“In quanto artista – spiega Laurie Anderson – ho realizzato musiche, dipinti, installazioni, sculture e opere teatrali. Ma più di ogni altra cosa, sono una cantastorie”. La scelta di fare Heart of a Dog è stata un modo per tradurre il suo lavoro in una forma nuova che non aveva mai utilizzato: “questa è stata la prima volta che ho cercato di collegare delle storie in un film dalla struttura narrativa flessibile usando le immagini e l’animazione per completare le frasi”. La questione al centro del film è: che cosa sono le storie? Come vengono realizzate e come vengono raccontate? Lungo tutto il percorso la Anderson è stata guidata “dallo spirito di David Foster Wallace e dalla sua affermazione “Ogni storia d’amore è una storia di fantasmi” è stata il mio mantra”.
Nel contesto di una carriera eclettica che comprende musica, teatro, disegno, elettronica, performance, Laurie Anderson negli ultimi anni ha ideato spettacoli che utilizzano in modo innovativo lo spazio. Rompendo con gli schemi convenzionali del formato documentario e del film saggio, il lungometraggio di Laurie Anderson, il primo dal suo concert movie del 1986 Home Of The Brave, è un distillato del suo inconfondibile stile e dei suoi principali temi, tra i quali l’utilizzo di elementi multimediali, una fascinazione per il linguaggio e un impegno artistico con la tecnologia.
Gran parte del film è stato girato con una serie di piccole videocamere digitali, tra cui un iPhone, una videocamera drone e una GoPro. La semplice sequenza di animazione utilizzata come surreale capitolo iniziale del film, nella quale Laurie Anderson sogna di partorire Lolabelle, è stata realizzata dall’artista stessa.
La Anderson realizza qui anche inquietanti collegamenti tra la cultura della sorveglianza permanente post 11 settembre a Lower Manhattan, dove l’artista vive e lavora, e l’ossessione del governo americano per la raccolta di informazioni digitalizzate, salvate in quello che è ormai sinistramente conosciuta come la Cloud. “Cosa se ne fanno delle nostre informazioni?“, si domanda Laurie Anderson. “La conversazione che hai avuto con il tuo capo due giorni fa è parcheggiata lassù sulla Cloud, ma a che scopo? L’idea mi affascinava al punto da chiedermi per quale motivo registriamo così tante cose. Volevo collegare il concetto di cielo con quello di paura, ma anche con quello di libertà“.
“Ciao, testolina ossuta. Ti amerò per sempre”.
Laurie Anderson