Oggi il cinema festeggia Leonardo Pieraccioni: lo sceneggiatore, regista e attore di Firenze compie infatti cinquant’anni. Nato come comico (insieme a Carlo Conti e Giorgio Panariello formò I Fratelli d’Italia alla fine degli anni Ottanta), dopo le sue prime esperienze in teatro ed in televisione Pieraccioni fu scelto da Alessandro Benvenuti per recitare in Zitti e Mosca, nel 1991: è questo l’esordio cinematografico di uno dei principali recordman dei botteghini italiani, che nel 1996 arrivò ad incassare ben 75 Miliardi di vecchie lire per il suo film più grande: Il Ciclone. Solamente un anno prima, Pieraccioni debuttò al cinema come regista con I Laureati, il Suo Primo Vero Film da lui anche scritto e interpretato. Era il 1995, esattamente vent’anni fa. Ed è proprio con il ricordo di questa commedia che vogliamo festeggiarlo.
Girato nella periferia di Firenze, la storia vede protagonisti quattro amici ormai trentenni e fuori corso che cercano di portarsi a casa una Laurea. Vivono insieme in un appartamento, si aiutano, litigano, giocano, si vogliono bene. L’inizio del film ce li mostra in quella che è anche la conclusione: scappano da un ristorante senza pagare. Così vediamo in successione: Leonardo (Leonardo Pieraccioni) che ha lasciato la moglie dopo pochi mesi di matrimonio; Bruno (Gian Marco Tognazzi), iscritto all’università solo per compiacere il ricco suocero; Rocco (Rocco Papaleo), che si mantiene facendo il metronotte e Pino (Massimo Ceccherini) che studia Psicologia e rincorre un improbabile successo nel cabaret.
A parte una vergognoso fallimento di Bruno (cerca di “comprarsi” un 18 dal Professore il giorno dell’esame), in realtà l’Università nel film non si vede mai. Il plurale del film più celebre di Mike Nichols con Dustin Hoffman, presenta quattro uomini che si credono ancora ragazzi, ancora immaturi. Lungi dal dedicarsi agli studi (in un anno sono riusciti a dare solo tre esami in quattro…), li vediamo sfottersi e rincuorarsi in una successione di situazioni che alternano euforia a malinconia. Intanto il tempo passa inesorabile e loro, anche se il conto non lo vogliono pagare, potranno scappare da un locale ma non dalla vita: alla fine arriverà il momento di crescere davvero.
Già in questo suo primo film, che fu un grande successo di pubblico (e antipasto del boom de Il Ciclone), possiamo vedere il piglio e la freschezza di Pieraccioni, un autore capace di far sorridere e di far ridere, di tingere la trama con momenti di riflessione. Anche grazie alla sua voce narrante, che mai nasconde l’accento toscano, lo spettatore si affida divertito a lui. Il pubblico ascolta cosa pensa Leonardo, i suoi desideri (sogna davvero di aprire un agriturismo?), soprattutto quando nella vicenda irrompe Letizia (Maria Grazia Cucinotta), la bellissima sorella di Rocco. Così il suo personaggio, che vedremo anche nei suoi lavori successivi, è simpatico, imbranato e amante del gentil sesso.
La Cucinotta, reduce dall’esperienza l’anno precedente ne Il Postino, mette in mostra tutta la sua bellezza mediterranea dando il via ad uno dei leitmotiv della cinematografia pieraccioniana: le belle donne. Quelle per cui il suo personaggio perde sempre la testa (e con Laura Torrisi in Una Moglie Bellissima, nel 2007 la perse davvero anche fuori dal set…). In questo caso la storia tra Leonardo e Letizia non decollerà. Lei aspetta il figlio da uno con cui non ha (e non vuole) più avere niente a che fare, è molto impegnata sui set di fotoromanzi e per questo Leonardo non vede alcuna prospettiva di coppia.
Rocco è il più ordinato e dei quattro, pulisce la casa, fa la spesa “come una serva”. È l’unico single del gruppo che non riesce a sbloccarsi con le donne (e quando sembra riuscirci con Tosca D’Aquino, la cosa finisce male). Bruno è il più scontroso e inaffidabile, menefreghista e bugiardo. Sposato, tradisce la moglie con la cognata e aspetta solo che il suocero passi ad altra vita per ereditarne l’azienda. Pino è invece il più bizzarro e stralunato: il personaggio adatto per Massimo Ceccherini. Quando finirà in tv come comico (presentato da Carlo Conti), sostenuto dalla fidanzata e da Leonardo che gli fa da manager, farà una figuraccia e bestemmierà in diretta (un fatto che accadde davvero a Ceccherini quando fu squalificato da L’Isola dei Famosi!).
Un personaggio a parte è invece lo strambo Professor Galliano (Alessandro Haber), uomo irrisoluto e tormenato ma guida paterna e punto di riferimento per Leonardo. Quando il personaggio di Haber tenterà il suicidio sparandosi al cuore, i quattro ragazzi capiscono che è arrivato il momento di diventare davvero uomini andando a caccia di prospettive concrete per il loro futuro.
I Laureati, che Pieraccioni scrisse insieme a Giovanni Veronesi, presenta delle tematiche che sarebbero tornate spesso nel cinema italiano. Il traumatico e definitivo passaggio all’età adulta (che Veronesi affrontò molto similarmente con la generazione pre-universitaria di Che ne Sarà di Noi); lo smarrimento esistenziale (visto nei protagonisti di Santamaradona di Marco Ponti); l’inguaribile voglia di restare “bambini” e di poter sbagliare ancora un po’ (L’Ultimo Bacio di Gabriele Muccino).
Quello che colpisce rivedendo questo film oggi è il totale cambiamento della società che fa da sfondo. L’Italia di vent’anni fa, che si preparava ai cellulari e a Internet, ma era ancora beatamente “lenta” e libera dalla comunicazione virtuale e frenetica di oggi. Il tavolo in sala era il luogo di ritrovo per i quattro amici, l’unico “device” capace di metterli uno davanti all’altro, senza schermi filtranti. Il clima che si respirava era certamente più leggero di quello attuale: era un’Italia più ricca e promettente, in cui i protagonisti potevano davvero avere il lusso di tergiversare e bighellonare senza particolari problemi economici (e tutto costava la metà di oggi: una pizza e una birra costavano 7 mila lire…).
La Laurea, vent’anni fa, era quel famoso “pezzo di carta” necessario e indispensabile che ti qualificava e ti permetteva di entrare nel mondo del lavoro. Oggi, purtroppo e troppo spesso, invece non basta nemmeno più (i dati sulla disoccupazione parlano da soli). La laurea, nel film, è quindi un pretesto per allungare ancora un po’ la ricreazione.
I trentenni di oggi si trovano invece in un’Italia ben diversa, meno semplice e più caotica. Ancora rintronati dalla totale digitalizzazione della vita, sempre più virtuale e gestita attraverso tablet e smartphone. Rimpiangono i giochi fatti da bambini, all’aria aperta, con le ginocchia sbucciate. Anche l’amicizia cambia insieme a questi nuovi di comunicare e di porsi. Tra amici veri non dovrebbero esistere maschere.
Tra le scene memorabili del film, oltre alla fuga dei nostri protagonisti per non pagare il conto, cito quella in cui Leonardo, Rocco (reduce dal funerale di sua nonna) e Pino si trovano in una pizzeria. Il clima è pesante, tutti hanno la testa bassa, un “imbuto cosmico”. Leonardo si avvicina allo stereo del locale e alza il volume sulla canzone di Gloria Gaynor, Can’t Take My Eyes Off You. Si mette a ballare goffamente e buffamente riuscendo non solo a smuovere i suoi amici, ma anche tutti gli altri ospiti del ristorante. Ballano tutti e anche le luci vanno a tempo con la musica. Una bellissima scena che Pieraccioni ha regalato al sentimento dell’amicizia e alla bellezza del cinema.
“Ma alle cene di compleanno chi deve pagare? Il festeggiato o gli invitati?”
I Laureati