Stasera, alle ore 23.50, su Rai Uno va in onda in prima visione assoluta Paradiso, il documentario diretto da Stefano Consiglio che racconta cosa pensano le persone della loro vita, che cosa le rende felici, che cosa le spaventa, se credono in Dio, se sperano in una vita migliore qui in terra, se immaginano che ci sarà una vita dopo questa che stiamo vivendo.
L’8 dicembre 2015 si è aperto il Giubileo della Misericordia e Consiglio ha cominciato le riprese del film a Piazza San Pietro. Tre settimane prima, l’inferno aveva fatto irruzione ancora una volta sulla scena della realtà del mondo: l’attentato terroristico a Parigi, manifestatosi con tutto il suo potenziale di dolore, paura, incredulità. Su piazza San Pietro aleggiava dunque la minaccia di nuovi possibili e ulteriori attentati. Paradiso parla necessariamente anche di questo. Così come parla di un Papa, Francesco, che sta suscitando grande entusiasmo anche tra i non credenti.
In qualche modo Paradiso ha preso spunto da quanto scriveva Italo Calvino ne Le Città Invisibili: “…cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”. La cosa bella del cinema documentario, del cinema della realtà come viene giustamente chiamato, è che “obbliga” il regista ad aprire gli occhi, a guardare con attenzione: un gesto tanto semplice quanto spesso negletto, almeno nel senso profondo del significato.
“Vale a dire prendere coscienza e lasciarsi sorprendere dalla realtà che si ha di fronte” spiega Stefano Consiglio. Per il regista è stata una sorpresa ed un’emozione trovarsi di fronte a una suora che ha consacrato la sua vita agli altri e che in gioventù voleva fare la modella ispirandosi a Naomi Campbell. Oppure conoscere un militare dell’esercito degli Stati Uniti d’America che presiedendo la Corte Marziale non voleva, e non poteva, rinunciare a quel sentimento di misericordia di fronte all’essere umano che doveva giudicare; a un giovane che non pensa a un Paradiso futuro, ma a “un mondo Paradiso”, qui e ora.
E poi ecco una anziana donna del Gabon che quando parla sembra di ascoltare un Gospel, o ancora una coppia di giovani arabe mussulmane che, stagliate contro la sagoma della cupola di San Pietro, evocano un Dio unico per tutte le religioni: cristiana, mussulmana o ebraica. Ed infine le lacrime di una bellissima ragazza russa, arrivata a Roma da sola per festeggiare la notte di Natale in Piazza San Pietro, travolta dall’emozione perché finalmente qualcuno le ha chiesto di parlare della sua vita più intima e vera invece che di lavoro e successo.