Premiato per la Miglior Regia all’ultimo Festival del Cinema di Cannes, dopo la presentazione in anteprima – nella sezione Alice nella Città – alla 14. Festa del Cinema di Roma, giovedì 31 ottobre esce nelle nostre sale L’Età Giovane, il nuovo film scritto e diretto da Jean-Pierre e Luc Dardenne e ambientato nel Belgio dei nostri giorni. Protagonista è un adolescente di 13 anni, combattuto tra gli ideali di purezza professati dal suo imam e i richiami della vita.
Il film
Ahmed (Idir Ben Addi), 13enne belga musulmano intenzionato ad abbracciare il radicalismo della sua religione e uccidere la propria insegnante (Olivier Bonnaud).Cresciuto nel Belgio moderno, il ragazzo subisce l’influsso del suo imam, Youssouf (Othmane Moumen), che professa ideali di purezza e di castigo contro coloro che non rispettano le regole, come la docente in questione, definita apostata. L’uomo percepisce l’energia di Ahmed e lo plasma a tal punto che il ragazzo è determinato a compiere l’omicidio in nome di quelle convinzione religiose che gli sono state inculcate. Ahmed diventa imperscrutabile, nessuno sembra riuscire a comunicare con lui, né a madre né i suoi coetanei e né tanto meno la sua professoressa. Ormai chiuso in se stesso e nei suoi pensieri, il giovane integralista si ritroverà di fronte a una dura scelta: macchiare le sue giovani mani (e la fedina penale) di sangue o mantenere la sua purezza adolescenziale?
Jean-Pierre e Luc Dardenne raccontano…
“Mentre ultimavamo la scrittura di questa sceneggiatura ci siamo resi conto che per certi aspetti avevamo raccontato la storia dei tentativi infruttuosi compiuti da una serie di personaggi di dissuadere il giovane fanatico Ahmed, il nostro protagonista, dal portare a termine il suo piano assassino. Quali che siano i personaggi – Inès la sua professoressa, sua madre, suo fratello, sua sorella, il suo educatore, il giudice, la psicologa del centro di detenzione, il suo avvocato, i proprietari della fattoria dove viene collocato, la figlia di costoro, Louise – nessuno riesce a scalfire e ad entrare in comunicazione con il nocciolo duro e misterioso di questo ragazzo pronto ad uccidere la sua professoressa in nome dei suoi convincimenti religiosi. Quando abbiamo iniziato a scrivere, non immaginavamo che avremmo progressivamente creato un personaggio così chiuso in se stesso e imperscrutabile, capace di sfuggirci fino a tal punto, di lasciarci privi della possibilità di costruire una struttura drammatica per recuperarlo, per farlo uscire dalla sua follia omicida. Persino Youssouf, l’imam della moschea integralista, il seduttore che ha captato l’energia degli ideali adolescenziali per canalizzarla e metterla al servizio della purezza e dell’odio nei confronti dell’impurità, persino lui, il precettore, rimane sorpreso dalla determinazione del suo discepolo”.
“Eppure, potrebbe essere diversamente? Potrebbe esserci un esito differente quando il fanatizzato è così giovane, poco più di un bambino, e allorché, per di più, il suo carismatico mentore lo incoraggia a venerare un cugino martire, un morto? Come arrestare l’impetuosa corsa verso l’omicidio di questo giovane fanatico, impermeabile alla bontà e alla gentilezza dei suoi educatori, all’amore di sua madre, all’amicizia e ai giochi romantici della giovane Louise? Come riuscire a immortalarlo in un istante in cui, senza ricorrere all’angelicità e alla inverosimiglianza di un lieto fine, potrebbe aprirsi alla vita e convertirsi all’impurezza fino a quel momento abborrita? Quale potrebbe essere la scena, quali potrebbero essere le inquadrature che permetterebbero di filmare questa metamorfosi e di sconvolgere lo sguardo dello spettatore immerso nella notte di Ahmed, vicinissimo a ciò che lo possiede e dal quale potrebbe finalmente liberarsi?”.