Presentato in anteprima mondiale al settantaquattresimo Festival del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti, arriva nelle sale italiane L’Albero Del Vicino – Under the Tree, film candidato agli Oscar come Miglior Film Straniero per l’Islanda di Hafsteinn Gunnar Sigurðsson. Una dark comedy molto apprezzata e applaudita dalla critica internazionale che grazie a Satine Film sarà distribuita nel nostro paese a partire dal 28 giugno.
Agnes (Lára Jóhanna Jónsdóttir) e Atli (Steinbór Hróar Steinbórsson) sono una giovane coppia in un momento difficile della loro relazione. Una notte, Agnes scopre il compagno mentre sta guardando sul suo computer un ambiguo video porno di cui sembra essere proprio lui il protagonista. Sconvolta, Agnes butta Atli immediatamente fuori di casa e fa di tutto per impedirgli di vedere la figlia Asa (Sigriãur Sigurpálsdóttir Scheving). Atli non si rassegna e, mentre cerca di recuperare maldestramente la situazione con Agnes, si trasferisce temporaneamente a casa dei genitori. Ma anche lì, le tensioni non mancano.
Inga (Edda Björgvinsdóttir) e Baldvin (Sigurõur Sigurjónsson) sono coinvolti in una guerra fredda con i vicini di casa, indispettiti dall’ombra che il loro maestoso albero produce nell’adiacente giardino e che impedisce alla vezzosa Eybjorg (Selma Björnsdóttir) di prendere il sole. Inga, già provata per la scomparsa del figlio maggiore e prevenuta nei confronti del mondo, non sopporta la nuova giovane moglie del vicino Konrad (Porsteinn Bachmann), per la quale quest’ultimo ha lasciato la precedente moglie. Mentre Atli lotta per veder riconoscere i suoi diritti di padre, lo scontro nel vicinato si fa sempre più intenso: l’auto di Baldvin viene danneggiata, la gatta di Inga e il cane di Eybjorg scompaiono misteriosamente, si installano delle telecamere di sicurezza e Konrad viene intravisto con in mano una voluminosa sega elettrica.
Vi presentiamo qui sotto un estratto dell’intervista rilasciata da Hafsteinn Gunnar Sigurðsson.
Com’è nata l’idea di realizzare questo film? Si ispira a fatti realmente accaduti?
Con il co-sceneggiatore Huldar Brei abbiamo iniziato a parlare di questo progetto circa dieci anni fa. Eravamo entrambi affascinati dall’idea di fare un film sulle dispute fra vicini di casa. Ciò che trovavo inizialmente interessante era il fatto che questi conflitti potessero essere al tempo stesso assurdamente ridicoli, perchè scaturiti da questioni di poca importanza ma che finivano però per assumere, in breve tempo, proporzioni inimmaginabili. A volte sono liti che possono diventare addirittura feroci, violente e si vedono persone normali, rispettabili, perdere completamente sia la dignità, sia l’autocontrollo. In Islanda, in modo particolare, dispute tra vicini per questioni che hanno a che fare con gli alberi sono molto popolari e, in effetti, la storia de L’Albero Del Vicino in un certo qual modo si è ispirata a un incidente realmente accaduto, anche se la sceneggiatura poi si è sviluppata in modo del tutto originale e immaginario. Ciò che è importante sapere è che questi alberi non sono così tanto comuni in Islanda, così se ti capita di avere un bell’albero in giardino, non hai nessuna voglia di perderlo. Ma, al tempo stesso, se un albero del tuo vicino getta ombra nel tuo giardino, impedendoti di vedere il sole, diventi molto determinato nel volerlo eliminare. Soprattutto perché, come si sa, in Islanda non abbiamo molto sole. È il tipico dilemma che è difficile poter risolvere in modo diplomatico.
C’è qualcosa nella quotidianità dei conflitti che ti ha particolarmente attratto per arrivare a raccontare questa storia?
Nei miei film mi sono sempre ispirato alla banalità delle cose di tutti i giorni, sono sempre state un’attrazione per me e un’ importante risorsa cinematografica. Principalmente perché la maggior parte della nostra vita è costituita dalla quotidianità: è ciò che conosciamo meglio e che meglio di ogni cosa crea connessioni tra le esistenze umane. Mi è sembrata una bella sfida realizzare un film drammatico, un po’ thriller, su un soggetto così innocente come quello di un bellissimo albero. Girare un film di guerra dove il campo di battaglia è la propria casa.
Come sei riuscito a fare in modo che i personaggi risultassero così convincenti, sia individualmente, sia nel loro insieme?
Quando si costruiscono i personaggi credo sia importante lavorare sulle qualità che si riscontrano in altre persone, incluso me stesso. Quando inizia il lavoro con gli attori, per me accadono cose importanti. È proprio quello il momento in cui i personaggi che animano il film per me diventano reali. Gli attori apportano molto al progetto e, a volte, cercano come riferimento persone che conoscono. Con questo non voglio dire che gli attori imitino persone reali o qualcosa del genere. E se lo fanno, beh… non me lo dicono! E comunque nel nostro film non ci sarebbe un’influenza diretta. Quello che abbiamo fatto è stato usare il lavoro degli attori per trovare un terreno comune da cui partire mentre mettevamo a punto la nostra visione del film nella sceneggiatura.
C’è stato qualche film che ti ha particolarmente inspirato per la realizzazione del film?
Ci sono sempre film e registi che influenzano il tuo processo creativo ma il segreto è nasconderli, così non diventano ovvi. Spero di essere riuscito a farlo anche con L’Albero Del Vicino. C’erano alcuni film di cui ho discusso con il direttore della fotografia, Monika Lenczewska, che includevano opere di Michael Haneke, Joachim Trier, Ruber Ostlund, David Lynch Lynne Ramsey, Derek Cianfance, solo per citarne alcuni. Come puoi vedere dalla lista, filmakers molto diversi.
Il film è una sorta di ammonizione verso i nostri tempi, su cosa può accadere quando la coesitenza e il compromesso iniziano a fallire?
Di questi tempi ci sono cose terribili nell’aria e credo che abbiamo raggiunto il punto in cui è veramente minacciata la nostra stessa esistenza sul pianeta. Basta guardare all’argomento più importante che ci coinvolge tutti: il cambiamento climatico. E proprio su questo, l’intero mondo dovrebbe unirsi e cercare di modificare le proprie abitudini di vita ma sembra che non ci riesca proprio. Abbiamo tutti gli stessi obiettivi e davvero dovremmo raggiungere dei compromessi in un modo o in un altro ed essere altruisti l’uno verso l’altro. Se non lo facciamo mettiamo a rischio seriamente il futuro dei nostri figli. E tuttavia continuiamo a non farlo. È una brutta situazione, questo terribile e individualistico modo di pensare e vivere, incoraggiato dalla nostra società capitalistica. Quello che ho cercato di fare durante lo sviluppo di questa sceneggiatura è stato “aprire” la linea narrativa in modo da esporla a diverse interpretazioni. Alla fine si trasforma in una sorta di favola dove si esprime la metafora più grande, quella della convivenza tra esseri umani. In tal senso questa storia può anche essere letta come una lotta fra due nazioni in conflitto, oppure tra gruppi etnici o religiosi – queste questioni credo possano avere molti punti in comune con quelle che scaturiscono tra vicini di casa.